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07
novembre 2014
Oltre Artissima
Progetti e iniziative
Torino, come altre città del mondo che hanno una fiera di tutto rispetto, ne ospita altre. Le abbiamo sentite per capire che significa essere “collaterali” in tempi di vacche magre
di Greta Scarpa
The Others. Risponde Andrea Casiraghi, figlio di Roberto Casiraghi, ideatore di The Others.
Questa fiera collaterale è di indubbia qualità, mette insieme il mercato e l’intrattenimento culturale, quest’anno con l’aggiunta di tre nuovi programmi : Others Stage, Others Sound, Others Screen. Ci chiediamo se effettivamente, in questo momento di crisi la fiera collaterale funzioni.
‹‹Ho piacere di comunicare che quest’anno abbiamo avuto circa una ventina di richieste di partecipazione in più. Abbiamo dovuto chiedere un piano espositivo in aggiunta che purtroppo, però, non ci è stato concesso. Con dispiacere abbiamo dovuto dire di no a qualcuno, fare stringere altri, ma alla fine siamo riusciti ad avere 65 espositori. Il numero è lo stesso del primo anno. Abbiamo quindi avuto un calo per poi tornare al livello con questa edizione. Funziona anche per via del costo. Chiediamo circa 600 euro per 15/18 mq e il biglietto per i visitatori a 5 euro agevola l’affluenza››.
Porterete a casa un buon risultato, insomma?
‹‹Ci stiamo lavorando! Il budget è di 110mila euro . Da quest’anno abbiamo il contributo di San Paolo e della Fondazione CRT. Tra contributi, programma, allestimento e fee riusciamo ad andare in pari. Certo, se ci avessero concesso il piano in più sarebbe stato un bel colpo e avremmo aumentato il guadagno››.
A cosa mirate come fiera?
‹‹Insieme alle domande di partecipazione chiediamo aderenza al tema che ci siamo dati, quest’anno è “wild side” e devo dire che vediamo ottima aderenza, progetti validi. Inoltre cerchiamo di prestare molta attenzione all’aspetto di curatela, vogliamo anche che il primo impatto per il visitatore sia pulito, puntuale. Ci auguriamo che la fiera possa andare sempre più verso un’attenzione alla presenza dei curatori, che per lo meno per i galleristi e artisti partecipanti risulta essere una figura che da prestigio, un plus sicuramente. Cercheremo di convincere anche i collezionisti››.
Flashback. Rispondono Stefania Poddighi/Ginevra Pucci
Vi inserite in un contesto contemporaneo con proposte che arrivano fino all’arte antica. Quali sono le aspettative e come hanno reagito le gallerie straniere che non vi conoscevano?
‹‹La nostra principale aspettativa è che si arrivi a guardare l’arte indipendentemente dal periodo storico di realizzazione, una tendenza che si sta affermando progressivamente anche a livello internazionale. FLASHBACK ha inoltre l’ambizione di formare un nuovo pubblico: più giovane, eclettico e trasversale, ma soprattutto colto. La scelta di Torino per portare avanti questo progetto non è casuale: nonostante le difficoltà che il mercato italiano sta vivendo, Torino resta un unicum anche grazie a una radicata attività di ricerca in ambito culturale, che le consente di dare forza a tutte le manifestazioni che qui vengono realizzate. Le gallerie internazionali comprendono questo valore aggiunto e sono rimaste colpite dal carattere di novità e dalla qualità della proposta di FLASHBACK, anche grazie ai commenti positivi dei “colleghi” che hanno partecipato lo scorso anno››.
Quali sono i punti di forza?
‹‹In queste prime due edizioni FLASHBACK è stata in grado di ospitare le migliori gallerie italiane di settore, a cui quest’anno si aggiungono anche alcune prestigiose presenze internazionali: il tutto proponendo un modello di percezione e offerta diverso, che fin dallo scorso anno ha conquistato pubblico, espositori e collezionisti. Quando gli espositori si entusiasmano al progetto e quando i collezionisti abituati a frequentare solo le fiere di arte contemporanea visitano FLASHBACK e ne restano affascinati, sappiamo di essere sulla buona strada››.
Qual è il vostro obiettivo?
‹‹Offrire una panoramica completa dell’Arte, dove le molteplici espressioni artistiche che hanno caratterizzato la storia dell’arte di tutti i tempi trovino il loro giusto spazio. Questa seconda edizione già presenta un’evoluzione sotto questo punto di vista, rispetto al 2013, perché si apre ad esempio anche alla fotografia storica, alle armi, a periodi e stili ancora diversi. Per questo continuiamo e continueremo a investire sulla manifestazione e ad ampliare lo spettro di ricerca, sia nostra che dei galleristi che parteciperanno››.
Paratissima. Risponde Francesca Confara
In questo periodo di crisi come fa una fiera rivolta ai giovanissimi a sopravvivere?
‹‹Sono tempi duri per tutti. Noi non benediciamo di alcun aiuto pubblico. Sono gli artisti stessi, pagando il piccolo Fee di ingresso (50 euro) a sostenere la manifestazione, inoltre ci sono i partner come San Paolo con cui abbiamo instaurato un rapporto che è anche di collaborazione di progetti artistici all’interno della manifestazione, è tutto immerso in uno spirito creativo di compartecipazione››.
C’è stata una crescita costante della manifestazione?
‹‹Arrivati al decimo anno ti posso dire di si, il numero degli artisti, dei visitatori è aumentato ma anche la nostra crescita lo è. Continuiamo a migliorarci, lavoriamo con gli artisti facendo anche in parte talent scouting, infatti quello che per loro può essere un primo approccio si può trasformare in seguito in una chiamata da parte nostra per occasioni diverse ed esterne a Paratissima. Ogni anno 15 artisti realizzano una collettiva all’interno della manifestazione, viene nominato un vincitore che realizzerà una mostra personale l’anno seguente. Insomma un’occasione per esporre durante questi 5 giorni ma anche per essere notati dall’organizzazione e dagli altri. Quest’anno abbiamo inoltre inaugurato NICE (New Indipendent Curatorial Experience ), un corso per curatori appunto, il quale in tempi di crisi offre ai giovani che vogliono lavorare gli strumenti per farlo. Offriamo la formazione teorica e anche il supporto comunicativo. A Paratissima quindi sono presenti 7 mostre di NICE, in cui si nota un percorso di senso oltre che tematico››.
Quali pensate siano i punti da migliorare?
‹‹Ne abbiamo molti ovviamente! C’è sempre margine di miglioramento, mentre stiamo per inaugurare penso già all’anno prossimo. Per esempio l’attenzione va a come gestire il caos di una manifestazione che coinvolge moltissimi artisti e lavori, insegnare loro a valorizzarli, come ospitare gli artisti al meglio in questa formula democratica che adottiamo.
Photissima. Risponde Telemaco Rendine.
Photissima non è solo una fiera, ma anche un festival. Come portate avanti tutto?
‹‹Il fatto è che noi non portiamo avanti la fiera e il festival in maniera separata perché per l’esattezza siamo un “fair festival”. Non duriamo quattro giorni ma un mese. Abbiamo i nostri curatori e un comitato scientifico. I quattro giorni a disposizione per le fiere sono i nostri giorni di inaugurazione, praticamente un momento di festa, e non ci consideriamo affatto “collaterali”, come non ci consideriamo un prodotto puramente commerciale, anzi il nostro è in evento interamente curato e sinceramente la parola crisi non è presente nel nostro vocabolario››.
È in qualche modo più semplice vendere fotografia?
‹‹Questo non saprei dirlo, anche se, all’inaugurazione i galleristi hanno già venduto. Se c’è una differenza di vendibilità tra una foto e una scultura non mi sento di affermarlo. Certo la fotografia è anch’essa contemporanea quindi può succedere che piano piano il collezionista si diriga verso questo medium. In generale non è facile vendere oggi, che si tratti di un paio di calze o di un’opera. Bisogna essere bravi commerciali e noi cerchiamo di facilitare al massimo le gallerie che ospitiamo ma è chiaro che poi sta alla loro abilità di fare business››.
Arrivati alla terza edizione quali sono le previsioni?
‹‹Ovviamente anche l’anno prossimo saremo a Torino ma per il 2015 abbiamo due ulteriori eventi: Photissima sarà a Venezia da maggio a ottobre e avremo uno spot all’ Expo a fine maggio a Milano. Procediamo spediti, determinati e felici di quello che facciamo››.