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Tania Merenda / Paolo dell’Aquila / Salvatore Melillo
Un riaccostamento all’iconicità ed un reinserimento dell’elemento figurativo in pittura rappresentano la parte più interessante di un “realismo” che, non chiudendosi nell’esercizio della propria abilità artigianale o in compiacimenti estetici fini a se stessi, si svecchia del proprio fondamento mimetico.
Comunicato stampa
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Un riaccostamento all'iconicità ed un reinserimento dell'elemento figurativo in pittura rappresentano la parte più interessante di un "realismo" che, non chiudendosi nell'esercizio della propria abilità artigianale o in compiacimenti estetici fini a se stessi, si svecchia del proprio fondamento mimetico ed utilizza la figura umana per indagare le problematiche esistenziali dell'uomo contemporaneo.
Scrive Gertrude Stein: «Ogni artista è interessato a vivere dentro se stesso, perché vuole conoscersi»; da questa necessità partono i lavori di Tania Merenda la quale, attraverso l’uso di una densa materia pittorica e di colori che di volta in volta rappresentano lo stato d’animo dell’artista, riflette le proprie angosce, le proprie insicurezze, i propri amori e le proprie passioni su soggetti che diventano vere e proprie icone delle sue più forti emozioni. «Non si può prendere-osservava Flaubert-un qualsiasi soggetto. Il segreto del capolavoro è lì, nella concordanza del soggetto col temperamento dell’autore».
L’utilizzo del corpo come incontro/scontro delle forze vitali dell’esperienza quotidiana e come schermo sul quale le percezioni esterne proiettano e sostanziano sensazioni, alla base della pittura di Paolo dell’Aquila il quale, caricando i personaggi che abitano le sue tele di grande forza simbolica, dà vita ad una lettura quasi iconologica del proprio lavoro. Da considerarsi una sorta di dittico, i due lavori Tracce e Cosa mi resta di te?, rappresentano momenti e reazioni all’interno dell’esperienza amorosa: nell’uno le linee del rossetto lasciate da una ragazza su di una lastra di vetro evocano amori passati; nell’altro l’immagine allegorica della stessa ragazza che si libera, mediante un filo interdentale, degli ultimi ricordi, quelli più fastidiosi, quelli più difficili da rimuovere, legati ad un particolare amore. In entrambe le scene una luce fredda e bianca investe le figure che diventano, per l’autore e per chi con lui riesce in qualche modo a far proprie quelle immagini, momenti di riflessione e di rigenerazione spirituale attraverso un’autentica catarsi purificatrice.
Diverso uso del corpo viene invece fatto da Salvatore Melillo che, nei propri quadri, inventa una sorta di cosmogonia personale dove i suoi più cari amici assumono le sembianze di oggetti domestici. La necessità di mantenere un legame forte con la propria realtà, la quale rappresenta soprattutto il modo più immediato e sicuro per riconoscersi, guida il pennello di Salvatore in questa trasformazione dei suoi conoscenti in frigoriferi, attaccapanni, lavatrici, rubinetti, che divengono punti fermi sul percorso della propria autoconoscenza.
Luigi Giovinazzo
Scrive Gertrude Stein: «Ogni artista è interessato a vivere dentro se stesso, perché vuole conoscersi»; da questa necessità partono i lavori di Tania Merenda la quale, attraverso l’uso di una densa materia pittorica e di colori che di volta in volta rappresentano lo stato d’animo dell’artista, riflette le proprie angosce, le proprie insicurezze, i propri amori e le proprie passioni su soggetti che diventano vere e proprie icone delle sue più forti emozioni. «Non si può prendere-osservava Flaubert-un qualsiasi soggetto. Il segreto del capolavoro è lì, nella concordanza del soggetto col temperamento dell’autore».
L’utilizzo del corpo come incontro/scontro delle forze vitali dell’esperienza quotidiana e come schermo sul quale le percezioni esterne proiettano e sostanziano sensazioni, alla base della pittura di Paolo dell’Aquila il quale, caricando i personaggi che abitano le sue tele di grande forza simbolica, dà vita ad una lettura quasi iconologica del proprio lavoro. Da considerarsi una sorta di dittico, i due lavori Tracce e Cosa mi resta di te?, rappresentano momenti e reazioni all’interno dell’esperienza amorosa: nell’uno le linee del rossetto lasciate da una ragazza su di una lastra di vetro evocano amori passati; nell’altro l’immagine allegorica della stessa ragazza che si libera, mediante un filo interdentale, degli ultimi ricordi, quelli più fastidiosi, quelli più difficili da rimuovere, legati ad un particolare amore. In entrambe le scene una luce fredda e bianca investe le figure che diventano, per l’autore e per chi con lui riesce in qualche modo a far proprie quelle immagini, momenti di riflessione e di rigenerazione spirituale attraverso un’autentica catarsi purificatrice.
Diverso uso del corpo viene invece fatto da Salvatore Melillo che, nei propri quadri, inventa una sorta di cosmogonia personale dove i suoi più cari amici assumono le sembianze di oggetti domestici. La necessità di mantenere un legame forte con la propria realtà, la quale rappresenta soprattutto il modo più immediato e sicuro per riconoscersi, guida il pennello di Salvatore in questa trasformazione dei suoi conoscenti in frigoriferi, attaccapanni, lavatrici, rubinetti, che divengono punti fermi sul percorso della propria autoconoscenza.
Luigi Giovinazzo
11
giugno 2004
Tania Merenda / Paolo dell’Aquila / Salvatore Melillo
Dall'undici al 30 giugno 2004
arte contemporanea
Location
SPAZIO ARTE
Napoli, Via Salvator Rosa, 299c, (Napoli)
Napoli, Via Salvator Rosa, 299c, (Napoli)
Orario di apertura
10,00/13,00 e 16,30/19,30 – sab. 10,00/13,00 – dom. chiuso
Vernissage
11 Giugno 2004, ore 19,00
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