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Gianluca Miniaci – Venere del Terzo millennio
Musicista, attore, fotografo, narratore anche, in un certo senso, per aforismi o frammenti poetici o riflessioni estemporanee, l’artista sconfina continuamente da una forma all’altra, alimentandole a vicenda.
Comunicato stampa
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“C’è una lingua per parlare al proprio tempo ? C’è una forma, un modo che un’epoca, per quanto circoscritta possa essere intesa oggi questa parola, riconosce immediatamente come propria ? Forse sì, al di là della banalità della cronaca. Ed è questa lingua, attuale senza essere “di cronaca” che Gianluca Miniaci parla da tempo, con naturalezza.
prima di andare oltre nell’approccio ai quadri di Gianluca Miniaci, devo premettere che il suo lavoro non è limitato solo alla pittura ma ha la consistenza di un progetto di vita totale (fuori dal quale la stessa pittura assumerebbe un significato diverso), apertura a trecentosessanta gradi sull’esperienza creativa. Musicista, attore, fotografo, narratore anche, in un certo senso, per aforismi o frammenti poetici o riflessioni estemporanee, l’artista sconfina continuamente da una forma all’altra, alimentandole a vicenda e appassionandosi del confronto e dello scambio con sguardi, culture diverse e modi diversi di guardare, di intendere il pensiero.
C’è nel suo lavoro una speciale delicatezza, che non esclude però l’acutezza dell’analisi: l’artefice partecipa al gioco seduttivo dei suoi personaggi, combatte ad armi pari, è il primo a farsi tentare delle loro insinuazioni e, forse, a cadere nelle maglie della rete che la sua stessa immaginazione ha costruito. Non c’è arroganza, anzi semmai c’è della timidezza contrabbandata per sicurezza di se, come fanno gli adolescenti. Quello di Gianluca Miniaci, infatti, ha tutta l’aria di un romanzo di formazione concepito sub specie di pittura. Romanzo autobiografico ? non è dato saperlo e non è nemmeno molto importante. Certo invece è che il racconto riguarda una generazione intera, nervosa, insicura, anoressica, artificiosa, preoccupata della propria apparenza, ossessionata dalla propria piacevolezza, dal proprio essere attraente. Non a caso questi personaggi non sono nessuno e sono tutti: non hanno volto o meglio non hanno occhi, perché il loro volto è interrotto (incompiuto o meglio tagliato) quasi sempre all’altezza del naso. Una figura senza occhi non può guardare (è esattamente questa l’intenzione dell’artista, che compie l’operazione inversa rispetto a quella già antica di Giulio Paolini nel Ritratto di giovane che guarda Lorenzo Lotto ) ma è lì per essere guardata. Gianluca Miniaci non ha esitazioni, la posizione delle sue gradevoli creature è quella dell’oggetto, anzi, andando appena un po’ più a fondo, quella specifica dell’oggetto sessuale, dato il loro esplicito atteggiamento, invitante, ammiccante, seducente.”
prima di andare oltre nell’approccio ai quadri di Gianluca Miniaci, devo premettere che il suo lavoro non è limitato solo alla pittura ma ha la consistenza di un progetto di vita totale (fuori dal quale la stessa pittura assumerebbe un significato diverso), apertura a trecentosessanta gradi sull’esperienza creativa. Musicista, attore, fotografo, narratore anche, in un certo senso, per aforismi o frammenti poetici o riflessioni estemporanee, l’artista sconfina continuamente da una forma all’altra, alimentandole a vicenda e appassionandosi del confronto e dello scambio con sguardi, culture diverse e modi diversi di guardare, di intendere il pensiero.
C’è nel suo lavoro una speciale delicatezza, che non esclude però l’acutezza dell’analisi: l’artefice partecipa al gioco seduttivo dei suoi personaggi, combatte ad armi pari, è il primo a farsi tentare delle loro insinuazioni e, forse, a cadere nelle maglie della rete che la sua stessa immaginazione ha costruito. Non c’è arroganza, anzi semmai c’è della timidezza contrabbandata per sicurezza di se, come fanno gli adolescenti. Quello di Gianluca Miniaci, infatti, ha tutta l’aria di un romanzo di formazione concepito sub specie di pittura. Romanzo autobiografico ? non è dato saperlo e non è nemmeno molto importante. Certo invece è che il racconto riguarda una generazione intera, nervosa, insicura, anoressica, artificiosa, preoccupata della propria apparenza, ossessionata dalla propria piacevolezza, dal proprio essere attraente. Non a caso questi personaggi non sono nessuno e sono tutti: non hanno volto o meglio non hanno occhi, perché il loro volto è interrotto (incompiuto o meglio tagliato) quasi sempre all’altezza del naso. Una figura senza occhi non può guardare (è esattamente questa l’intenzione dell’artista, che compie l’operazione inversa rispetto a quella già antica di Giulio Paolini nel Ritratto di giovane che guarda Lorenzo Lotto ) ma è lì per essere guardata. Gianluca Miniaci non ha esitazioni, la posizione delle sue gradevoli creature è quella dell’oggetto, anzi, andando appena un po’ più a fondo, quella specifica dell’oggetto sessuale, dato il loro esplicito atteggiamento, invitante, ammiccante, seducente.”
29
maggio 2004
Gianluca Miniaci – Venere del Terzo millennio
Dal 29 maggio al 06 giugno 2004
arte contemporanea
Location
AMICI DELL’ARTE DI ALIGI SASSU
Besana In Brianza, Via Luigi Viarana, 12, (Milano)
Besana In Brianza, Via Luigi Viarana, 12, (Milano)
Orario di apertura
dalle 14.00 alle 18.00-Lun. chiuso
Vernissage
29 Maggio 2004, ore 17,30
Sito web
www.gianlucaminiaci.com