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Falsi d’autore – Icilio Federico Joni e la cultura del falso tra Otto e Novecento
Si tratta della prima grande rassegna tesa ad illustrare una fase molto importante della cultura figurativa senese e, più in generale, il fenomeno della falsificazione d’arte antica che attraversò l’Europa tra diciannovesimo e ventesimo secolo.
Comunicato stampa
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Il Santa Maria della Scala, in collaborazione con il Comune di Siena, la Fondazione Monte dei Paschi e con il sostegno della Banca Monte dei Paschi, main sponsor dell’iniziativa, presenta dal 18 giugno al 3 ottobre 2004 la mostra Falsi d’autore. Icilio Federico Joni e la cultura del falso tra Otto e Novecento.
Si tratta della prima grande rassegna tesa ad illustrare una fase molto importante della cultura figurativa senese e, più in generale, il fenomeno della falsificazione d’arte antica che attraversò l’Europa tra diciannovesimo e ventesimo secolo.
La mostra curata da Gianni Mazzoni dell’Università di Siena, che da anni studia il fenomeno della falsificazione d’arte, è un’occasione rara di verifica e di confronto tra un centinaio di opere provenienti da numerosi musei italiani e stranieri, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, il Courtald Institut of art di Londra, la Nazional Gallery of Art di Dublino, chiese e conventi del territorio senese, l’Accademia di San Luca, e collezioni private e pubbliche come la collezione Chigi Saracini e quella della Banca Monte dei Paschi.
Il percorso è scandito in sette sezioni: Gusto antiquario e mercato internazionale tra Otto e Novecento; Esercizi di stile, copie su commissione, copie fraudolente, copie spacciate come falsi, restauri; Percorso di Icilio Federico Joni (Siena, 1866-1946); Percorso di Umberto Giunti (1886-1970): da «Falsario in calcinaccio» a Botticelli ed oltre; Collaboratori ed epigoni; La bottega del falsario: disegni preparatori, fotografie d’archivio, strumenti di lavoro, punzoni, frammenti di tavole “malcotte”; Documenti, fotografie-ritratto, scritti e documentazioni sulla vita dei vari falsari.
La riscoperta dei pittori primitivi italiani del Tre-Quattrocento e il conseguente sviluppo di un cospicuo mercato antiquario internazionale sono all’origine del fenomeno della produzione di “quadri antichi”. Fra i centri italiani che tra diciannovesimo e ventesimo secolo si dedicarono alla realizzazione di oggetti d’arte “antica”, Siena ebbe indubbiamente un ruolo di assoluta importanza. Le falsificazioni, destinate a una larga clientela di facoltosi collezionisti stranieri, soprattutto americani, ebbero talvolta esiti qualitativi tali da farle considerare oggi autentiche opere d’arte.
Il caposcuola, il dominatore della “scuola dei falsari” fu un “gettatello”, un figlio dell’ospedale di Santa Maria della Scala (che divenne notissimo per le sue Madonne, riproduzioni di quelle dell’antica “scuola” senese) Icilio Federico Joni. Questi, addirittura, in vecchiaia, raccolse e pubblicò la propria autobiografia, Le memorie di un pittore di quadri antichi (1932) che ebbe una immediata traduzione in inglese e che contribuì ad accrescere i sospetti che dietro ogni tavola proveniente da Siena e circolante in quegli anni sul mercato antiquario si nascondesse in realtà il lavoro dell’ormai celebre Joni. Il suo nome divenne il ricettacolo attributivo di ogni antica tavola a tempera su fondo oro sospetta e finì per diventare sinonimo di falso. Così, spesso indebitamente, finirono per essergli attribuiti decine di dubbi “fondi oro” apocrifi.
Intorno a Federico Joni si formarono e gravitarono numerosi restauratori e “pittori di quadri antichi”: da Igino Gottardi a Gino Nelli, da Arturo Rinaldi detto “Pinturicchio” a Bruno Marzi a Umberto Giunti. La fase giovanile del lavoro di Umberto Giunti consiste in una serie di falsi frammenti di affresco in stile quattrocentesco, sparsi nei musei di mezzo mondo (dalla Polonia all’Irlanda, dalla Germania all’Inghilterra, dalla Francia agli Stati Uniti). Federico Zeri la riconobbe come produzione di un solo autore e la raccolse sotto la sigla dell’anonimo “Falsario in calcinaccio”. Il lavoro di Umberto Giunti proseguì poi con una serie di tavole di stile botticelliano, la più celebre delle quali fu acquistata da Lord Lee nel 1930 come opera di Sandro Botticelli e figura oggi, finalmente riconosciuta per quello che è, nelle collezioni del Courtauld Institute of Art di Londra.
D’altra parte una mostra che voglia dar conto oggi in modo adeguato della complessa fenomenologia del falso d’arte a Siena tra XIX e XX secolo non può non tener conto della profondità delle radici culturali che sottostanno alla genesi e allo svolgersi d’una vicenda di tali proporzioni quantitative e qualitative. Non si trattò solamente di un semplice manipolo di truffatori alla ricerca di guadagni facili grazie alla compiacenza di danarosi ed ingenui turisti d’elite appassionati d’arte. Le ragioni che portarono alla riappropriazione delle tecniche degli antichi maestri e al rifacimento di “quadri antichi”, furono anche ragioni di recupero d’una solida e rassicurante tradizione, cioè motivi di recupero d’una sentita e partecipata identità, di fronte al massificante e standardizzante squallore meccanico dei tempi moderni (come era avvenuto per l’Arts & Crafts Movement inglese). L’attività dei falsari di pittura e di scultura va insomma letta anche nel segno d’una sintonia col recupero urbanistico della Siena gotica e rinascimentale (o neogotica e neorinascimentale) concepito nell’Ottocento da straordinari architetti quali Giulio Rossi e Giuseppe Partini – seguaci locali delle teorie di Viollet-le-Duc – realizzato in piena consapevolezza dalle loro sapienti maestranze.
Per il catalogo, edito da Protagon Editori, oltre a Gianni Mazzoni, hanno scritto Alessandra Mottola Molfino, Giorgio Bonsanti, Giuliano Catoni, Caroline Villers, Bruno Santi e David Rossi. Sempre a cura di Protagon Editori la ristampa dell’autobiografia di Icilio Federico Joni, Le memorie di un pittore di quadri antichi, la prima ad essere pubblicata con testo a fronte in inglese, integrato delle parti “purgate” nella prima edizione del 1932. Alitalia sarà il vettore ufficiale della mostra.
Si tratta della prima grande rassegna tesa ad illustrare una fase molto importante della cultura figurativa senese e, più in generale, il fenomeno della falsificazione d’arte antica che attraversò l’Europa tra diciannovesimo e ventesimo secolo.
La mostra curata da Gianni Mazzoni dell’Università di Siena, che da anni studia il fenomeno della falsificazione d’arte, è un’occasione rara di verifica e di confronto tra un centinaio di opere provenienti da numerosi musei italiani e stranieri, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, il Courtald Institut of art di Londra, la Nazional Gallery of Art di Dublino, chiese e conventi del territorio senese, l’Accademia di San Luca, e collezioni private e pubbliche come la collezione Chigi Saracini e quella della Banca Monte dei Paschi.
Il percorso è scandito in sette sezioni: Gusto antiquario e mercato internazionale tra Otto e Novecento; Esercizi di stile, copie su commissione, copie fraudolente, copie spacciate come falsi, restauri; Percorso di Icilio Federico Joni (Siena, 1866-1946); Percorso di Umberto Giunti (1886-1970): da «Falsario in calcinaccio» a Botticelli ed oltre; Collaboratori ed epigoni; La bottega del falsario: disegni preparatori, fotografie d’archivio, strumenti di lavoro, punzoni, frammenti di tavole “malcotte”; Documenti, fotografie-ritratto, scritti e documentazioni sulla vita dei vari falsari.
La riscoperta dei pittori primitivi italiani del Tre-Quattrocento e il conseguente sviluppo di un cospicuo mercato antiquario internazionale sono all’origine del fenomeno della produzione di “quadri antichi”. Fra i centri italiani che tra diciannovesimo e ventesimo secolo si dedicarono alla realizzazione di oggetti d’arte “antica”, Siena ebbe indubbiamente un ruolo di assoluta importanza. Le falsificazioni, destinate a una larga clientela di facoltosi collezionisti stranieri, soprattutto americani, ebbero talvolta esiti qualitativi tali da farle considerare oggi autentiche opere d’arte.
Il caposcuola, il dominatore della “scuola dei falsari” fu un “gettatello”, un figlio dell’ospedale di Santa Maria della Scala (che divenne notissimo per le sue Madonne, riproduzioni di quelle dell’antica “scuola” senese) Icilio Federico Joni. Questi, addirittura, in vecchiaia, raccolse e pubblicò la propria autobiografia, Le memorie di un pittore di quadri antichi (1932) che ebbe una immediata traduzione in inglese e che contribuì ad accrescere i sospetti che dietro ogni tavola proveniente da Siena e circolante in quegli anni sul mercato antiquario si nascondesse in realtà il lavoro dell’ormai celebre Joni. Il suo nome divenne il ricettacolo attributivo di ogni antica tavola a tempera su fondo oro sospetta e finì per diventare sinonimo di falso. Così, spesso indebitamente, finirono per essergli attribuiti decine di dubbi “fondi oro” apocrifi.
Intorno a Federico Joni si formarono e gravitarono numerosi restauratori e “pittori di quadri antichi”: da Igino Gottardi a Gino Nelli, da Arturo Rinaldi detto “Pinturicchio” a Bruno Marzi a Umberto Giunti. La fase giovanile del lavoro di Umberto Giunti consiste in una serie di falsi frammenti di affresco in stile quattrocentesco, sparsi nei musei di mezzo mondo (dalla Polonia all’Irlanda, dalla Germania all’Inghilterra, dalla Francia agli Stati Uniti). Federico Zeri la riconobbe come produzione di un solo autore e la raccolse sotto la sigla dell’anonimo “Falsario in calcinaccio”. Il lavoro di Umberto Giunti proseguì poi con una serie di tavole di stile botticelliano, la più celebre delle quali fu acquistata da Lord Lee nel 1930 come opera di Sandro Botticelli e figura oggi, finalmente riconosciuta per quello che è, nelle collezioni del Courtauld Institute of Art di Londra.
D’altra parte una mostra che voglia dar conto oggi in modo adeguato della complessa fenomenologia del falso d’arte a Siena tra XIX e XX secolo non può non tener conto della profondità delle radici culturali che sottostanno alla genesi e allo svolgersi d’una vicenda di tali proporzioni quantitative e qualitative. Non si trattò solamente di un semplice manipolo di truffatori alla ricerca di guadagni facili grazie alla compiacenza di danarosi ed ingenui turisti d’elite appassionati d’arte. Le ragioni che portarono alla riappropriazione delle tecniche degli antichi maestri e al rifacimento di “quadri antichi”, furono anche ragioni di recupero d’una solida e rassicurante tradizione, cioè motivi di recupero d’una sentita e partecipata identità, di fronte al massificante e standardizzante squallore meccanico dei tempi moderni (come era avvenuto per l’Arts & Crafts Movement inglese). L’attività dei falsari di pittura e di scultura va insomma letta anche nel segno d’una sintonia col recupero urbanistico della Siena gotica e rinascimentale (o neogotica e neorinascimentale) concepito nell’Ottocento da straordinari architetti quali Giulio Rossi e Giuseppe Partini – seguaci locali delle teorie di Viollet-le-Duc – realizzato in piena consapevolezza dalle loro sapienti maestranze.
Per il catalogo, edito da Protagon Editori, oltre a Gianni Mazzoni, hanno scritto Alessandra Mottola Molfino, Giorgio Bonsanti, Giuliano Catoni, Caroline Villers, Bruno Santi e David Rossi. Sempre a cura di Protagon Editori la ristampa dell’autobiografia di Icilio Federico Joni, Le memorie di un pittore di quadri antichi, la prima ad essere pubblicata con testo a fronte in inglese, integrato delle parti “purgate” nella prima edizione del 1932. Alitalia sarà il vettore ufficiale della mostra.
17
giugno 2004
Falsi d’autore – Icilio Federico Joni e la cultura del falso tra Otto e Novecento
Dal 17 giugno 2004 al 09 gennaio 2005
arte moderna e contemporanea
Location
SANTA MARIA DELLA SCALA
Siena, Piazza Del Duomo, 2, (Siena)
Siena, Piazza Del Duomo, 2, (Siena)
Biglietti
intero euro 7,00
gruppi di almeno 15 persone euro 5,00
studenti euro 3,00
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 11,00 alle 19,00
Vernissage
17 Giugno 2004, ore 18
Sito web
www.falsidautore.siena.it