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Giorgio Bianchet
E le sue tele o le sue carte sono la scena di un dramma “in progress”, di un combattimento che avviene tra io ed io, appunto nel momento della creazione: il disperato, ma anche masochistico, tentativo di tener fermo qualcosa nell’atto stesso della sua negazione.
Comunicato stampa
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“La chiarezza cancellata” performance realizzata in collaborazione con Alessandra Carraro ed improvvisazione al flauto traverso di Francesca Giacomini
Das Klarsein – La Chiarezza (cancellata)
Das Klarsein… Das atmende Klarsein… Il respiro della chiarezza…
Forse. Forse un verso di Rilke, forse dalle Elegie duinesi. Ripreso da Cacciari in un intervento del principio degli anni ‘80. Un articolo, un libro? Chissà. Poco importa. (1)
Importa invece che questo frammento sia stato estrapolato dal suo contesto originario, annotato da qualche parte, salvato alla deriva della memoria e consegnato a una sua vita autonoma. Non più citazione, né di Rilke né di Cacciari, ma sintagma fatto proprio e trasformato in un’ancora cui appigliare il proprio flusso di pensieri, prima che la corrente se li porti via.
Così procede Giorgio Bianchet: appunta, annota, trasceglie e accumula, maniacalmente, frammenti di realtà, stipandoli in una sorta di Wunderkammer della memoria, che molto assomiglia alla sua stanza-laboratorio, piena fino al soffitto e in ogni angolo di libri, ritagli di giornale, carte, fotografie…
Talvolta qualcuno di questi immateriali, mnemonici frammenti si deposita, in forma di scrittura, sulla carta o sulla tela: un segno a matita traccia un filo continuo di parole, appena leggibili, una poesia, o scarabocchi; oppure abbozza un volto, un oggetto, senza soluzione di continuità tra il segno-scrittura e il di-segno. Una rete di fili sottili per intrappolare l’attimo, per strappare alla rapina del tempo un’impressione, un’emozione, un qualche umile, volatile dono dell’esistenza.
Poi, però, interviene il bianco, la cancellazione del bianco o meglio dei bianchi: tempera, china, pigmento mescolato con uovo come nella tecnica antica. E questi strati di bianco sfumano, sciolgono, dilavano e infine coprono il tratto a matita, che resta come un fantasma di sé.
Il Bianco può essere anche tremendo.
E’ un bianco-vuoto, un bianco-silenzio, un bianco-annullamento, questo di Bianchet (nomen omen, dicevano gli antichi!).
E le sue tele o le sue carte sono la scena di un dramma “in progress”, di un combattimento che avviene tra io ed io, appunto nel momento della creazione: il disperato, ma anche masochistico, tentativo di tener fermo qualcosa nell’atto stesso della sua negazione. Come di qualcuno che, martoriato dall’acuzie della propria sensibilità, cerchi di negare se stesso per vivere.
Das Klarsein, la “Chiarezza” – ma anche la Trasparenza-nulla dell’acqua che, nella performance che si realizzerà all’apertura della mostra, prende concettualmente il posto del bianco, essendo l’elemento con cui vengono cancellati i segni tracciati, in bianco, sulla schiena di una ragazza – non ammette replica. Con la forza del suo duplice senso – “esser chiaro” significa anche “essere evidente”, “manifesto”, e ciò che solo può a rigore essere “manifesto” è la logica pura del nulla – con la sua forza dunque la “Chiarezza” dei lavori di Bianchet scialba e corrode – ma anche santifica in qualche modo con il fulgore della sua apollinea luce metafisica (2) - ogni tentativo di preservare la loro fragile essenza indifesa.
Chiara Tavella
(1) L’espressione das atmende Klarsein è tratta dalla VII delle Elegie duinesi di Rilke, v. 24. Nell’edizione consultata (R.M. Rilke, Elegie duinesi, Milano 1994, p. 78) viene tradotta con “il respiro della trasparenza”; in altre edizioni con “il respiro della chiarezza”. Nel passo Rilke si riferisce alla limpidezza e alla trasparenza dell’aria dopo un temporale estivo.
(2) Questo secondo aspetto del “bianco” di Bianchet è quello che l’artista sente di più, sottolineando non tanto l’interpretazione “negativa” del bianco da me proposta quanto un’accezione positiva di bianco come segno di purificazione, sulla linea di quelli che sono gli artisti da lui presi a riferimento: Angelika Kaufmann, Gastone Novelli, Cy Twombly soprattutto e, come parallelo musicale, John Cage e Demetrio Stratos.Non credo in realtà che le due interpretazioni siano così lontane come può sembrare, solo che al concetto di bianco- annullamento da me proposto non si dia tanto un valore esistenziale, quanto un significato che attiene alla dimensione ontologica.
Giorgio BIANCHET nato il 18 novembre 1954 a Pordenone dove vive in via Roggiuzzole 3 tel. 0434 363290
Personali: 1993 Ascoli Piceno, Centro d’arte L’Idioma, con Silvia Bistacchia; 1995 Sacile Caffè Le Clicò. In ascolto di Teresa Bandettini Landucci; 1996 San Foca (PN), Chiesa. Punto-cerchio ideale per pittura bianca; 1998 Pordenone, Galleria Grigoletti. La canzone della gratitudine; 1999 San Foca (PN), Casa Valvason Maniago. Der scham – con Giovanna Veronese2001 San Vito al Tagliamento (PN) – Ex Falegnameria Antico Spedale Battuti “Biancosofia della pittura”; 2003 Pordenone – INCHIOSTRO 2 storie (con Guerrino Dirindin)
Collettive: 1989 Pordenone, Palazzo Marchi. Sublime incoerenza; 1990 Udine, Facoltà di Lettere. Prima rassegna di arti figurative in Facoltà; 1994 Udine, Facoltà di Lettere. Seconda rassegna di arti figurative in Facoltà; 1994 Zoppola (PN), Luce e colore ; 1998 Pordenone – Fiera – Artelibro – libroarte; 1999/2000 Pordenone – Centro d’arte Grigoletti; 2001 Cefalù (PA) Libreria Misuraca – Spazioarte Libri d’artista
Pubblicazioni: 1992 Schede biografiche di artisti friulani - La Pittura in Italia Il Novecento - a cura di C. Pirovano, Milano, Electa; 1991 Arte italiana 1895-1952 dai Musei triveneti, a cura di L. Bortolatto, Leonardo-De Luca.Roma; 1989 A proposito degli affreschi di S. Osvaldo di Partistagno in Attimis Schegge del passato, Udine.
Das Klarsein – La Chiarezza (cancellata)
Das Klarsein… Das atmende Klarsein… Il respiro della chiarezza…
Forse. Forse un verso di Rilke, forse dalle Elegie duinesi. Ripreso da Cacciari in un intervento del principio degli anni ‘80. Un articolo, un libro? Chissà. Poco importa. (1)
Importa invece che questo frammento sia stato estrapolato dal suo contesto originario, annotato da qualche parte, salvato alla deriva della memoria e consegnato a una sua vita autonoma. Non più citazione, né di Rilke né di Cacciari, ma sintagma fatto proprio e trasformato in un’ancora cui appigliare il proprio flusso di pensieri, prima che la corrente se li porti via.
Così procede Giorgio Bianchet: appunta, annota, trasceglie e accumula, maniacalmente, frammenti di realtà, stipandoli in una sorta di Wunderkammer della memoria, che molto assomiglia alla sua stanza-laboratorio, piena fino al soffitto e in ogni angolo di libri, ritagli di giornale, carte, fotografie…
Talvolta qualcuno di questi immateriali, mnemonici frammenti si deposita, in forma di scrittura, sulla carta o sulla tela: un segno a matita traccia un filo continuo di parole, appena leggibili, una poesia, o scarabocchi; oppure abbozza un volto, un oggetto, senza soluzione di continuità tra il segno-scrittura e il di-segno. Una rete di fili sottili per intrappolare l’attimo, per strappare alla rapina del tempo un’impressione, un’emozione, un qualche umile, volatile dono dell’esistenza.
Poi, però, interviene il bianco, la cancellazione del bianco o meglio dei bianchi: tempera, china, pigmento mescolato con uovo come nella tecnica antica. E questi strati di bianco sfumano, sciolgono, dilavano e infine coprono il tratto a matita, che resta come un fantasma di sé.
Il Bianco può essere anche tremendo.
E’ un bianco-vuoto, un bianco-silenzio, un bianco-annullamento, questo di Bianchet (nomen omen, dicevano gli antichi!).
E le sue tele o le sue carte sono la scena di un dramma “in progress”, di un combattimento che avviene tra io ed io, appunto nel momento della creazione: il disperato, ma anche masochistico, tentativo di tener fermo qualcosa nell’atto stesso della sua negazione. Come di qualcuno che, martoriato dall’acuzie della propria sensibilità, cerchi di negare se stesso per vivere.
Das Klarsein, la “Chiarezza” – ma anche la Trasparenza-nulla dell’acqua che, nella performance che si realizzerà all’apertura della mostra, prende concettualmente il posto del bianco, essendo l’elemento con cui vengono cancellati i segni tracciati, in bianco, sulla schiena di una ragazza – non ammette replica. Con la forza del suo duplice senso – “esser chiaro” significa anche “essere evidente”, “manifesto”, e ciò che solo può a rigore essere “manifesto” è la logica pura del nulla – con la sua forza dunque la “Chiarezza” dei lavori di Bianchet scialba e corrode – ma anche santifica in qualche modo con il fulgore della sua apollinea luce metafisica (2) - ogni tentativo di preservare la loro fragile essenza indifesa.
Chiara Tavella
(1) L’espressione das atmende Klarsein è tratta dalla VII delle Elegie duinesi di Rilke, v. 24. Nell’edizione consultata (R.M. Rilke, Elegie duinesi, Milano 1994, p. 78) viene tradotta con “il respiro della trasparenza”; in altre edizioni con “il respiro della chiarezza”. Nel passo Rilke si riferisce alla limpidezza e alla trasparenza dell’aria dopo un temporale estivo.
(2) Questo secondo aspetto del “bianco” di Bianchet è quello che l’artista sente di più, sottolineando non tanto l’interpretazione “negativa” del bianco da me proposta quanto un’accezione positiva di bianco come segno di purificazione, sulla linea di quelli che sono gli artisti da lui presi a riferimento: Angelika Kaufmann, Gastone Novelli, Cy Twombly soprattutto e, come parallelo musicale, John Cage e Demetrio Stratos.Non credo in realtà che le due interpretazioni siano così lontane come può sembrare, solo che al concetto di bianco- annullamento da me proposto non si dia tanto un valore esistenziale, quanto un significato che attiene alla dimensione ontologica.
Giorgio BIANCHET nato il 18 novembre 1954 a Pordenone dove vive in via Roggiuzzole 3 tel. 0434 363290
Personali: 1993 Ascoli Piceno, Centro d’arte L’Idioma, con Silvia Bistacchia; 1995 Sacile Caffè Le Clicò. In ascolto di Teresa Bandettini Landucci; 1996 San Foca (PN), Chiesa. Punto-cerchio ideale per pittura bianca; 1998 Pordenone, Galleria Grigoletti. La canzone della gratitudine; 1999 San Foca (PN), Casa Valvason Maniago. Der scham – con Giovanna Veronese2001 San Vito al Tagliamento (PN) – Ex Falegnameria Antico Spedale Battuti “Biancosofia della pittura”; 2003 Pordenone – INCHIOSTRO 2 storie (con Guerrino Dirindin)
Collettive: 1989 Pordenone, Palazzo Marchi. Sublime incoerenza; 1990 Udine, Facoltà di Lettere. Prima rassegna di arti figurative in Facoltà; 1994 Udine, Facoltà di Lettere. Seconda rassegna di arti figurative in Facoltà; 1994 Zoppola (PN), Luce e colore ; 1998 Pordenone – Fiera – Artelibro – libroarte; 1999/2000 Pordenone – Centro d’arte Grigoletti; 2001 Cefalù (PA) Libreria Misuraca – Spazioarte Libri d’artista
Pubblicazioni: 1992 Schede biografiche di artisti friulani - La Pittura in Italia Il Novecento - a cura di C. Pirovano, Milano, Electa; 1991 Arte italiana 1895-1952 dai Musei triveneti, a cura di L. Bortolatto, Leonardo-De Luca.Roma; 1989 A proposito degli affreschi di S. Osvaldo di Partistagno in Attimis Schegge del passato, Udine.
05
giugno 2004
Giorgio Bianchet
Dal 05 al 18 giugno 2004
arte contemporanea
Location
LA ROGGIA
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Orario di apertura
dal martedì al sabato h 16 -19.30
Vernissage
5 Giugno 2004, ore 18,30