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Ver sacrum – La rivista d’arte della Secessione viennese
VER SACRUM, la rivista austriaca uscita a Vienna fra il 1898 e il 1903 pubblicata in 120 fascicoli, fu la “palestra” e il “campo sperimentale” di quegli artisti e letterati che parteciparono alla Secessione viennese, il movimento artistico e culturale il cui più noto esponente fu il pittore Gustav Klimt.
Comunicato stampa
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Alla mostra si accompagna un volume omonimo che propone un’ampia antologia di testi letterari , nonché saggi di critica d’arte e profili di artisti scritti da autori di varia nazionalità, corredati da centinaia di raffinate illustrazioni che ripropongono lo splendore della rivista, spesso illuminata da stampe in pasta d’oro e d’argento.
Nell'articolo del 15 febbraio 1898 Ludwig Hevesi, noto giornalista, critico d'arte e scrittore della Vienna di fine secolo, salutava sul "Fremden-Blatt" il primo numero di "Ver Sacrum", la rivista fondata dal gruppo di artisti vicini a Gustav Klimt:
""Ver Sacrum": "...Uno sguardo al primo numero della nuova rivista d'arte - e prima ancora di sfogliarla - ci si accorge, che l'artista sa quello che vuole. Anche il formato e la copertina lasciano chiaramente intendere..."
Il loro credo artistico veniva esplicitato nel primo numero della rivista del 1° gennaio 1898: "Vogliamo un'arte che non si prostituisce agli stranieri, ma anche senza alcuna diffidenza e senza avversione nei loro confronti. L'arte di altri Paesi deve stimolarci a camminare sulle nostre gambe; dobbiamo riconoscere agli altri i loro meriti, se meriti ci sono, ma non dobbiamo assolutamente imitarli. Siamo intenzionati a portare l'arte straniera a Vienna, perché possano trovare stimolo e motivazione non solo artisti, studiosi e collezionisti, ma anche il grande pubblico particolarmente sensibile all'arte, educandolo ad appropriarsi del senso estetico che è presente allo stato di istinto in ogni uomo, indirizzandolo alla bellezza e alla libertà di pensare e sentire".
Un programma questo, che troverà la sua sintesi nell'iscrizione apposta sulla loro "casa", il palazzo della Secessione: "Ad ogni tempo la sua arte, ad ogni arte la sua libertà".
I componenti dell'"Associazione degli artisti figurativi dell'Austria. Secessione" si presentavano al pubblico con altissime velleità che potevano essere sintetizzate in tre parole: qualità, attualità e concezione raffinata dell'arte. Un'arte che necessariamente doveva essere internazionale e che bandiva ogni sorta di provincialismo.
Perché l'arte diventasse "Allgemeingut", patrimonio di tutti, senza distinzione tra "arte per ricchi e arte per poveri" i testi dovevano essere comprensibili e quindi non pretenziosi. Alfred Roller, che nei primi anni era responsabile della redazione, amava citare ad esempio il teorico amburghese Alfred Lichtwark; così nella lettera indirizzata a Max von Morold il 5 aprile 1898 : " Il modo con cui Lichtwark esprime le sue idee, lontano da ragionamenti filosofeggianti ma caratterizzato da pragmaticità e concretezza, la comprensibilità del testo, la sua efficacia e la sua plasticità, costituiscono l'ideale cui dovrebbe tendere ogni testo di Ver Sacrum. Inizialmente i contenuti non verteranno sul singolo o sul particolare, ma saranno più o meno di natura programmatica".
Roller era un tenace sostenitore del "Gesamtkunstwerk" - opera d'arte totale - che avrebbe distinto "Ver Sacrum" da tutte le altre riviste."Insisto con fermezza che ogni numero di "Ver Sacrum" sia un piccola mostra, e che l'intera raccolta una grande", scriveva a Gustav Klimt. Ogni numero doveva essere un'opera d'arte completa, compiuta in sé, che rappresentasse la concezione secessionista dell'Associazione.
Accadde effettivamente che chi sfogliò per la prima volta la rivista si rese conto di trovarsi di fronte ad un'impostazione nuovissima: innanzitutto il formato, quadrato, quell'immagine geometrica che sarebbe diventata la caratteristica della grafica di Josef Hoffmann e il formato prediletto dei quadri di Gustav Klimt. Gli elementi, poi, non erano sé stanti, dal momento che l'impostazione artistica globale mirava ad un ideale superiore. Dal più piccolo decoro, ai colori, ai caratteri tipografici, alle illustrazioni, al testo, il tutto rifletteva l'idea collettiva, interpretata di volta in volta da un comitato di redazione formato da artisti e letterati sempre diversi. Una sorta di sperimentazione che ottenne risultati sorprendenti, perché il carattere, l'impaginazione, la mancanza intenzionale di interpunzione e la presenza di spazi bianchi segnarono la nuova "arte del libro" a livello internazionale. Non fu nemmeno un caso che letterati invitati a collaborare già nei primi numeri si dichiarassero entusiasti e si rivelassero anche importantissimi "mediatori" tra le arti di diversi Paesi: basti pensare al caso di Rainer Maria Rilke che durante il suo viaggio in Russia nel 1899 aveva contattato degli artisti perché esponessero le
loro opere nell'ambito delle esposizioni della Secessione, che si aprivano al pubblico viennese invitandolo ad apprezzare l'arte non solo nazionale.
La "missione" esaltata in tono nietzschiano di educare la grande massa di uomini sensibili all'arte, doveva però essere ridimensionata: nonostante Vienna fosse diventata secessionista , il pubblico "ringiovanito, desideroso di acquistare, fiducioso nel futuro" (Hevesi) e l'edificio della Secessione "arena per la libertà dell'arte", l'arte si caratterizzò sempre più come "Besitz der Auserwählten", possesso degli eletti, di coloro che facevano dell'estetica il loro credo, perché l'arte era sacra, il paradiso in cui confluivano tutte le arti dell'umanità, così come venne rappresentato nel "Fregio di Beethoven".
Con questa iniziativa la Biblioteca Nazionale Braidense partecipa alla VI Settimana della cultura ( 24 – 30 maggio 2004) promossa dal Ministero per i beni e le Attività culturali.
Nell'articolo del 15 febbraio 1898 Ludwig Hevesi, noto giornalista, critico d'arte e scrittore della Vienna di fine secolo, salutava sul "Fremden-Blatt" il primo numero di "Ver Sacrum", la rivista fondata dal gruppo di artisti vicini a Gustav Klimt:
""Ver Sacrum": "...Uno sguardo al primo numero della nuova rivista d'arte - e prima ancora di sfogliarla - ci si accorge, che l'artista sa quello che vuole. Anche il formato e la copertina lasciano chiaramente intendere..."
Il loro credo artistico veniva esplicitato nel primo numero della rivista del 1° gennaio 1898: "Vogliamo un'arte che non si prostituisce agli stranieri, ma anche senza alcuna diffidenza e senza avversione nei loro confronti. L'arte di altri Paesi deve stimolarci a camminare sulle nostre gambe; dobbiamo riconoscere agli altri i loro meriti, se meriti ci sono, ma non dobbiamo assolutamente imitarli. Siamo intenzionati a portare l'arte straniera a Vienna, perché possano trovare stimolo e motivazione non solo artisti, studiosi e collezionisti, ma anche il grande pubblico particolarmente sensibile all'arte, educandolo ad appropriarsi del senso estetico che è presente allo stato di istinto in ogni uomo, indirizzandolo alla bellezza e alla libertà di pensare e sentire".
Un programma questo, che troverà la sua sintesi nell'iscrizione apposta sulla loro "casa", il palazzo della Secessione: "Ad ogni tempo la sua arte, ad ogni arte la sua libertà".
I componenti dell'"Associazione degli artisti figurativi dell'Austria. Secessione" si presentavano al pubblico con altissime velleità che potevano essere sintetizzate in tre parole: qualità, attualità e concezione raffinata dell'arte. Un'arte che necessariamente doveva essere internazionale e che bandiva ogni sorta di provincialismo.
Perché l'arte diventasse "Allgemeingut", patrimonio di tutti, senza distinzione tra "arte per ricchi e arte per poveri" i testi dovevano essere comprensibili e quindi non pretenziosi. Alfred Roller, che nei primi anni era responsabile della redazione, amava citare ad esempio il teorico amburghese Alfred Lichtwark; così nella lettera indirizzata a Max von Morold il 5 aprile 1898 : " Il modo con cui Lichtwark esprime le sue idee, lontano da ragionamenti filosofeggianti ma caratterizzato da pragmaticità e concretezza, la comprensibilità del testo, la sua efficacia e la sua plasticità, costituiscono l'ideale cui dovrebbe tendere ogni testo di Ver Sacrum. Inizialmente i contenuti non verteranno sul singolo o sul particolare, ma saranno più o meno di natura programmatica".
Roller era un tenace sostenitore del "Gesamtkunstwerk" - opera d'arte totale - che avrebbe distinto "Ver Sacrum" da tutte le altre riviste."Insisto con fermezza che ogni numero di "Ver Sacrum" sia un piccola mostra, e che l'intera raccolta una grande", scriveva a Gustav Klimt. Ogni numero doveva essere un'opera d'arte completa, compiuta in sé, che rappresentasse la concezione secessionista dell'Associazione.
Accadde effettivamente che chi sfogliò per la prima volta la rivista si rese conto di trovarsi di fronte ad un'impostazione nuovissima: innanzitutto il formato, quadrato, quell'immagine geometrica che sarebbe diventata la caratteristica della grafica di Josef Hoffmann e il formato prediletto dei quadri di Gustav Klimt. Gli elementi, poi, non erano sé stanti, dal momento che l'impostazione artistica globale mirava ad un ideale superiore. Dal più piccolo decoro, ai colori, ai caratteri tipografici, alle illustrazioni, al testo, il tutto rifletteva l'idea collettiva, interpretata di volta in volta da un comitato di redazione formato da artisti e letterati sempre diversi. Una sorta di sperimentazione che ottenne risultati sorprendenti, perché il carattere, l'impaginazione, la mancanza intenzionale di interpunzione e la presenza di spazi bianchi segnarono la nuova "arte del libro" a livello internazionale. Non fu nemmeno un caso che letterati invitati a collaborare già nei primi numeri si dichiarassero entusiasti e si rivelassero anche importantissimi "mediatori" tra le arti di diversi Paesi: basti pensare al caso di Rainer Maria Rilke che durante il suo viaggio in Russia nel 1899 aveva contattato degli artisti perché esponessero le
loro opere nell'ambito delle esposizioni della Secessione, che si aprivano al pubblico viennese invitandolo ad apprezzare l'arte non solo nazionale.
La "missione" esaltata in tono nietzschiano di educare la grande massa di uomini sensibili all'arte, doveva però essere ridimensionata: nonostante Vienna fosse diventata secessionista , il pubblico "ringiovanito, desideroso di acquistare, fiducioso nel futuro" (Hevesi) e l'edificio della Secessione "arena per la libertà dell'arte", l'arte si caratterizzò sempre più come "Besitz der Auserwählten", possesso degli eletti, di coloro che facevano dell'estetica il loro credo, perché l'arte era sacra, il paradiso in cui confluivano tutte le arti dell'umanità, così come venne rappresentato nel "Fregio di Beethoven".
Con questa iniziativa la Biblioteca Nazionale Braidense partecipa alla VI Settimana della cultura ( 24 – 30 maggio 2004) promossa dal Ministero per i beni e le Attività culturali.
12
maggio 2004
Ver sacrum – La rivista d’arte della Secessione viennese
Dal 12 maggio al 19 giugno 2004
arte moderna e contemporanea
Location
BIBLIOTECA NAZIONALE BRAIDENSE
Milano, Via Brera, 28, (Milano)
Milano, Via Brera, 28, (Milano)
Orario di apertura
lunedì – venerdì 9.30 – 18.00. sabato 9.30 – 13.00
Vernissage
12 Maggio 2004, ore 17.30