L’ossimoro che Carmela Corsitto ha imposto come titolo alla sua personale al Palazzo Marini di Rosignano Marittimo ha certamente il risultato, come tutti gli ossimori, di spiazzare ed incuriosire il lettore, ma anche di individuare con lucidità i temi non solo della personale poetica dell’autrice, bensì di tutta l’arte contemporanea. Questa, come sottolinea Edoardo Di Mauro nella sua ricca e sapiente presentazione, esce da un periodo di “interregno” tra il progetto moderno delle avanguardie e un nuovo clima culturale che è disposto a recuperare le esperienze passate, il mondo della memoria, il rapporto dialettico con la realtà, intende coniugare tutto ciò con una nuova prospettiva di internazionalità (o, come si dice, globalizzazione) parzialmente veicolata “dalla presenza sempre più invasiva delle nuove tecnologie e degli strumenti di comunicazione”. Carmela Corsitto, che proviene da un background informale, avverte profondamente queste necessità, che la conducono alla conquista dello spessore fisico e alla consistenza delle forme geometriche solide, in un iter espressivo che tradisce un sostanziale e felice substrato concettuale. Le forme geometriche sono cubi e parallelepipedi di plexiglass, solidi eppure trasparenti, capaci di contenere e proteggere, ma anche di svelare ed esporre; al loro interno oggetti di scarto reperiti “nell’immenso giacimento di scorie figli dell’opulenza contemporanea” (Di Mauro) e manipolati dall’artista in forme simboliche (generalmente quella del cucchiaio). Esterno e interno, testimonianze del mondo e loro presentazione, cura amorevole della memori e utilizzo di materiali “contemporanei” (tra essi la luce al neon, prezioso ausilio delle poetiche concettuali, come dice Di Mauro) sono i termini di una ricerca complessa e problematica che non rinuncia alla propria natura ma non si chiude al mondo, da seguire con particolare attenzione ed interesse.
Bruno Sullo