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Sergio Bonino – Panopticon
Sergio Bonino rovescia questo paradigma e ci propone, ormai da dieci anni, sculture dalle forme simili a maquette architettoniche, progettate al computer, ma realizzate in legno, lavorato a mano, col virtuosismo di un ebanista settecentesco, e poi dipinte a lacca, a monocromo, in questo caso di color verde scuro.
Comunicato stampa
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Edifici come sculture. Sculture come edifici.
Dalla sede del Guggenheim Museum a Bilbao, progettata da Frank O. Gehry, al Museo dell¹Olocausto a Berlino di Daniel Libeskind, sempre più spesso gli architetti d¹oggi progettano edifici che hanno l¹aspetto di gigantesche sculture.
Sergio Bonino rovescia questo paradigma e ci propone, ormai da dieci anni, sculture dalle forme simili a maquette architettoniche, progettate al computer, ma realizzate in legno, lavorato a mano, col virtuosismo di un ebanista settecentesco, e poi dipinte a lacca, a monocromo, in questo caso di color verde scuro.
Opere sempre al limite dell¹astrazione, post-minimaliste, che sembrano, però, evocare i ³Non Luoghi² teorizzati dal sociologo francese Marc Augè. Perché questi parallelepipedi, cilindri e cubi, collegati tra loro da elementi di vetro, fanno venire in mente i grandi centri commerciali o direzionali, gli aeroporti, gli stabilimenti industriali, i Grand Hotel, che, con la globalizzazione, sono ormai presenti in ogni parte del mondo, tutti eguali, funzionali e bellissimi, ma di fatto anonimi e alienanti.
Tra queste opere, spicca una, diversa dalle altre, emblematica, che dà il titolo alla mostra. E¹ Panopticon, riproduzione dell¹utopico progetto di carcere ideato dal filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham (Londra 1748-1832). Una prigione dove tutti i detenuti potevano essere costantemente sorvegliati da un solo carceriere. Un modello architettonico che diventa anche paradigma ideologico di questa nostra società contemporanea dove siamo tutti costantemente controllati da telecamere a circuito chiuso e dalle tante, svariate procedure elettroniche da noi stessi costantemente utilizzate, quali i telefonini o le carte di credito, che consentono, a chi è consentito (ma non solo!) di tener la nostra vita privata sotto controllo, in modo quasi invisibile, ma subdolamente pervasivo.
Buildings like sculptures. Sculptures like buildings.
>From the Guggenheim Museum in Bilbao designed by Frank O. Gehry to Daniel Libeskind¹s Holocaust Museum in Berlin, the architects of today are increasingly designing buildings that look like gigantic sculptures
Sergio Bonino turns the proposition on its head. For a decade now, he has been offering us sculptures that look like computer-designed architectural maquettes, but are actually hand-made in wood with all the virtuosity of an 18th century cabinetmaker and then hand painted in monochrome lacquer: in this case dark green.
While these works hover on the borderline of post-minimalist abstraction, they also evoke the ³Non Places² hypothesised by the French sociologist, Marc Augè. Observe these parallelepipeds, cylinders and cubes interlinked by elements in glass and you are reminded of the huge shopping malls and office blocks, airports and factories and Grand Hotels that globalisation has strewn all over our world: all of them alike, all functional, even exquisitely beautiful but also anonymous and alienating.
The title work in this exhibition is different from the rest and emblematic. ³Panopticon², is a reproduction of the utopian prison imagined by the English philosopher and jurist Jeremy Bentham (London, 1748-1832). Bentham¹s idea was a prison in which all the inmates were under the constant surveillance of a single gaoler. Today that architectural model has become an ideological paradigm of our own contemporary society, where we are all under constant surveillance both by closed-circuit TV and by the myriad electronic procedures we use ourselves. All those mobile phones and credit cards that allow the authorised (but not only them) to scrutinise our private lives in a way that is almost invisible, but insidiously pervasive.
Guido Curto
Dalla sede del Guggenheim Museum a Bilbao, progettata da Frank O. Gehry, al Museo dell¹Olocausto a Berlino di Daniel Libeskind, sempre più spesso gli architetti d¹oggi progettano edifici che hanno l¹aspetto di gigantesche sculture.
Sergio Bonino rovescia questo paradigma e ci propone, ormai da dieci anni, sculture dalle forme simili a maquette architettoniche, progettate al computer, ma realizzate in legno, lavorato a mano, col virtuosismo di un ebanista settecentesco, e poi dipinte a lacca, a monocromo, in questo caso di color verde scuro.
Opere sempre al limite dell¹astrazione, post-minimaliste, che sembrano, però, evocare i ³Non Luoghi² teorizzati dal sociologo francese Marc Augè. Perché questi parallelepipedi, cilindri e cubi, collegati tra loro da elementi di vetro, fanno venire in mente i grandi centri commerciali o direzionali, gli aeroporti, gli stabilimenti industriali, i Grand Hotel, che, con la globalizzazione, sono ormai presenti in ogni parte del mondo, tutti eguali, funzionali e bellissimi, ma di fatto anonimi e alienanti.
Tra queste opere, spicca una, diversa dalle altre, emblematica, che dà il titolo alla mostra. E¹ Panopticon, riproduzione dell¹utopico progetto di carcere ideato dal filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham (Londra 1748-1832). Una prigione dove tutti i detenuti potevano essere costantemente sorvegliati da un solo carceriere. Un modello architettonico che diventa anche paradigma ideologico di questa nostra società contemporanea dove siamo tutti costantemente controllati da telecamere a circuito chiuso e dalle tante, svariate procedure elettroniche da noi stessi costantemente utilizzate, quali i telefonini o le carte di credito, che consentono, a chi è consentito (ma non solo!) di tener la nostra vita privata sotto controllo, in modo quasi invisibile, ma subdolamente pervasivo.
Buildings like sculptures. Sculptures like buildings.
>From the Guggenheim Museum in Bilbao designed by Frank O. Gehry to Daniel Libeskind¹s Holocaust Museum in Berlin, the architects of today are increasingly designing buildings that look like gigantic sculptures
Sergio Bonino turns the proposition on its head. For a decade now, he has been offering us sculptures that look like computer-designed architectural maquettes, but are actually hand-made in wood with all the virtuosity of an 18th century cabinetmaker and then hand painted in monochrome lacquer: in this case dark green.
While these works hover on the borderline of post-minimalist abstraction, they also evoke the ³Non Places² hypothesised by the French sociologist, Marc Augè. Observe these parallelepipeds, cylinders and cubes interlinked by elements in glass and you are reminded of the huge shopping malls and office blocks, airports and factories and Grand Hotels that globalisation has strewn all over our world: all of them alike, all functional, even exquisitely beautiful but also anonymous and alienating.
The title work in this exhibition is different from the rest and emblematic. ³Panopticon², is a reproduction of the utopian prison imagined by the English philosopher and jurist Jeremy Bentham (London, 1748-1832). Bentham¹s idea was a prison in which all the inmates were under the constant surveillance of a single gaoler. Today that architectural model has become an ideological paradigm of our own contemporary society, where we are all under constant surveillance both by closed-circuit TV and by the myriad electronic procedures we use ourselves. All those mobile phones and credit cards that allow the authorised (but not only them) to scrutinise our private lives in a way that is almost invisible, but insidiously pervasive.
Guido Curto
22
aprile 2004
Sergio Bonino – Panopticon
Dal 22 aprile al 22 maggio 2004
arte contemporanea
Location
CARBONE.TO
Torino, Via Dei Mille, 38, (Torino)
Torino, Via Dei Mille, 38, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato, dalle 16 alle 19.30
Vernissage
22 Aprile 2004, ore 18.30