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Michele De Vita – Guardo dal buio la luce e nel silenzio ascolto i loro racconti
Ogni immagine che Michele De Vita ci offre in questa sua ultima raccolta, è un intimo accogliere il soggetto e farne emergere la presenza. Si può così cogliere il racconto sussurrato di oggetti semplici: pietra, steccato, viale deserto, chiosco, le rare persone viste anch’esse nella loro “mineralità”.
Comunicato stampa
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Il linguaggio è ridotto al minimo: il nero e il bianco, il buio e la luce. Ma in questa scelta minimale si concentra il massimo dell’espressività.
Nelle immagini si rintracciano le fila di un dialogo tra quanto appartiene alla terra con la vastità del cielo, così come tra il buio e la luce che reciprocamente vanno a definirsi. Un dialogo che presenta una continua tensione dinamica, un superamento del limite, che può anche sembrare drammatica, ma a ben guardare esprime la dialettica continua tra i due termini apparentemente inconciliabili di buio e luce, cose e cielo. In realtà ognuno dei due opposti prende vita dall’altro, ma ciò non è indolore, l’affermazione dell’uno non è ininfluente per l’altro.
Linee di forza ben equilibrate ed armoniche percorrono queste immagini, conferendo all’insieme un costrutto saldo, semplice e classico, e questo va in favore di una lettura delle opere che si appoggia sulla riflessione ed il contenuto, più che sull’emotività.
L’uso del chiaro-scuro è sapiente e sottolinea l’immobilità carica di energia, di sentire e di pensiero.
Queste opere testimoniano il raggiungimento di una maturazione espressiva che unisce l’abilità nel cogliere e fissare attimi significativi, alla capacità di creare immagini come racconti ed alla sensibilità, di far trasparire l’anima, l’essenza. L’autore riesce a far parlare le cose, emancipandole dal loro “esser viste” alla dignità dell’”essere”, facendosi occhio purificato dal sé, ed insieme accompagnandole ad esprimere tutto l’esprimibile, oltre la loro stessa capacità reale di espressione. Si fa coscienza mobile e l’atto di guardare diventa incarnare la consapevolezza stessa che la “cosa” avrebbe se potesse esserne dotata.
Nella sua forma matura sono compresenti tutti gli stadi della sua storia di artista e di uomo, inevitabilmente collegate, donandoci immagini dalla rara qualità di restare aperte, non troppo definite e definitorie rispetto alle situazioni rappresentate, immagini che stimolano l’apertura di varchi verso più piani di lettura: estetica, emozionale, narrativa e concettuale.
La bellezza di queste immagini non è mai facile, scontata. Non ci blandisce, non viene incontro accattivante concedendosi. Ci coglie come un’improvvisa lucidità. Non si fa guardare con animo lieve e distratto, ma chiede attenzione, e poi premia, appagando chi chiede all’arte non solo di essere gratificante, ma di congiungere a nuovi significati, di aprire nuove zone di comprensione.
Donatella Pedrotti
Nelle immagini si rintracciano le fila di un dialogo tra quanto appartiene alla terra con la vastità del cielo, così come tra il buio e la luce che reciprocamente vanno a definirsi. Un dialogo che presenta una continua tensione dinamica, un superamento del limite, che può anche sembrare drammatica, ma a ben guardare esprime la dialettica continua tra i due termini apparentemente inconciliabili di buio e luce, cose e cielo. In realtà ognuno dei due opposti prende vita dall’altro, ma ciò non è indolore, l’affermazione dell’uno non è ininfluente per l’altro.
Linee di forza ben equilibrate ed armoniche percorrono queste immagini, conferendo all’insieme un costrutto saldo, semplice e classico, e questo va in favore di una lettura delle opere che si appoggia sulla riflessione ed il contenuto, più che sull’emotività.
L’uso del chiaro-scuro è sapiente e sottolinea l’immobilità carica di energia, di sentire e di pensiero.
Queste opere testimoniano il raggiungimento di una maturazione espressiva che unisce l’abilità nel cogliere e fissare attimi significativi, alla capacità di creare immagini come racconti ed alla sensibilità, di far trasparire l’anima, l’essenza. L’autore riesce a far parlare le cose, emancipandole dal loro “esser viste” alla dignità dell’”essere”, facendosi occhio purificato dal sé, ed insieme accompagnandole ad esprimere tutto l’esprimibile, oltre la loro stessa capacità reale di espressione. Si fa coscienza mobile e l’atto di guardare diventa incarnare la consapevolezza stessa che la “cosa” avrebbe se potesse esserne dotata.
Nella sua forma matura sono compresenti tutti gli stadi della sua storia di artista e di uomo, inevitabilmente collegate, donandoci immagini dalla rara qualità di restare aperte, non troppo definite e definitorie rispetto alle situazioni rappresentate, immagini che stimolano l’apertura di varchi verso più piani di lettura: estetica, emozionale, narrativa e concettuale.
La bellezza di queste immagini non è mai facile, scontata. Non ci blandisce, non viene incontro accattivante concedendosi. Ci coglie come un’improvvisa lucidità. Non si fa guardare con animo lieve e distratto, ma chiede attenzione, e poi premia, appagando chi chiede all’arte non solo di essere gratificante, ma di congiungere a nuovi significati, di aprire nuove zone di comprensione.
Donatella Pedrotti
03
aprile 2004
Michele De Vita – Guardo dal buio la luce e nel silenzio ascolto i loro racconti
Dal 03 aprile al 03 maggio 2004
arte contemporanea
Location
CASALORA
Guarene, Località Lora, 3, (Cuneo)
Guarene, Località Lora, 3, (Cuneo)
Vernissage
3 Aprile 2004, ore 17