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Ennio Onnis – Cromosomachia
Una nuova serie di opere dell’artista Ennio Onnis nelle quali i cromosomi – questi portatori inesorabili dell’informazione genetica costituente il carattere e il comportamento futuro dell’uomo- diventano i protagonisti di una ideogrammatica rappresentazione pittorica.
Comunicato stampa
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Paralipomeni della “Cromosomachìa”
Per Ennio Onnis il combattimento è di scena nello scacchiere conflittuale della vita come sulle scacchiere più seducenti della pittura. E questa volta la battaglia accende gli animi sullo scenario di una identità genetica e metaforica insieme, dove l’arte e la biologia interagiscono strettamente. E dove le identità individuali, collettive ed inconsce si intrecciano e si combattono nello stesso tempo. Altre volte nei suoi quadri furono amletiche protagoniste “rotopresse” cilindriche di paglia disperse in campi contaminati (e minati?), o baconiane dentiere, metafisiche tartarughe, mostruose e molochiane città, gulliveriane e carrolliane teste mozzate nello sbaraglio del tempo, vacanze avventura di pesci senza ritorno o, peggio, in eterno ritorno e mille altri parabolici eventi senza fratture spazio-temporali di continuità. L’artista, si sa, ha la singolare abitudine di giocare simultaneamente su diverse scacchiere.
Ma nelle opere di Ennio Onnis questa epica battaglia dei cromosomi trapassa dall’impianto ludico e ornamentale all’espianto tragico e viceversa, ritorna al gioco del lutto e al dramma della trasmissione dal vivo della forma, alla roulette combinatoriale del codice genetico e alle risonanze lugubri e cruente di una alchemica tavolozza congestionata fra il rosso e il nero, che altre volte trionfano invece in un sontuoso splendore. Un altro genere di pittura, del resto, si annida letteralmente nel nome stesso di questi “colorati corpi”, che dal “khrôma” e dal “sôma” del greco antico trasmigrano, attraverso la mediazione del linguaggio scientifico tedesco, nel vocabolo italiano. La loro denominazione deriva infatti dalla possibilità di individuarli mediante una trama reticolare colorabile, la cromatina. C’è però anche un’altra possibilità di individuazione, questa volta estetica, mediante i colori.
Nella versione di Ennio Onnis esposta a Torino, infatti, come una sorta di roulotte a bastoncello costituita da una articolata molecola di DNA, i cromosomi diventano vettoriali media biologici, epici veicoli di trasmissione dei geni, archivi di codici gremiti di caratteri ereditari. E combattono una loro guerra della vita per la vita non meno fatale e combinatoriale della gratuità dell’arte per l’arte. Così la “makhia” greca (“mákhestai” significava combattere) sfuma nel “machen” tedesco, vale a dire in un “fare” dell’artista che rappresenta, per il genere umano, un altro modo di trasmettere eredità, di giocarle d’azzardo, e di metterle in opera, a volte, strenuamente, come missioni kamikaze generatrici di vita o anche di morte.
Sempre a Torino, peraltro, dal 22 al 26 marzo scorso la Scuola Holden ha partecipato alla XIV edizione della “Settimana della cultura scientifica” con “Embrioni e trame: lezioni aperte tra scienza e narrazione”, incluse con la rassegna “Biocinema. Come il cinema ha raccontato la scienza” in un ciclo di appuntamenti e di proiezioni trasversalmente dislocati fra biologia, letteratura e cinema. All’incipit, dalla Danimarca, sono emersi i cloni squisiti di “Rigenesi” (traduzione italiana e nota di Maria Valeria D’Avino per le edizioni Iperborea), trama di morte e di amore di un romanziere danese che è anche autore di opere teatrali e radiofoniche, Svend Age Madsen, abbinato inoltre al genetista Alberto Piazza per discutere ad Atrium su “La genetica come narrazione”. Ma già nel 2003 i visitatori delle mostre d’arte a Torino, come anche i frequentatori degli Spazi Museali di Palazzo Tornielli ad Ameno e del Museo comunale d’arte moderna ad Ascona, hanno avuto modo di fruire di questa creatività “transdisciplinare” attraverso “La genetica come pittura” di Ennio Onnis.
La segnalazione di questo modo di operare e di questo argomento è avvenuta mediante alcune sue opere esposte (e insieme “videificate”) nel “19/24 Video Art Festival 2003 di Ascona e Monti”, la rassegna ipertestuale e multimediale dislocata in area svizzera e in area italiana all’insegna della “Videowanderkammer (la telecamera errante)”. E prosegue, all’insegna del “Made In”, nella edizione 2004 di questo Festival internazionale, che segna insieme i 20 anni di manifestazioni in area italiana e i 25 anni di interazioni fra cinema e video nell’area locarnese, dove il pittore continua l’epica narrazione della sua “Cromosomachìa”. Il fondale di queste strutture di comunicazione risulta peraltro meno casuale di quanto possa apparire a prima vista. Ennio Onnis opera infatti mediante la tecnica “classica” della pittura, ma la sua formazione generazionale è anche quella di un artista aperto alla complessità conflittuale delle interazioni ipermediali che coinvolgono e travolgono quotidianamente, nel bene come nel male, la ricognizione delle immagini fra scrittura e musica, cinema e televisione, filosofia e mitizzazione, comunicazione di massa e pubblicità, angoscia e umorismo. I suoi combattimenti di cromosomi diventano anche specchio di etica e di poetica. La loro messa in opera è al contempo messa in scena e messa da campo, messa da requiem e messa in icona.
La “Cromosomachìa” di Ennio Onnis ha i suoi campi di battaglia, ma anche i suoi parchi della rimembranza globale, gli altari della patria cosmica, i profetici mausolei di un pianeta Terra predestinato all’olocausto di fuoco per la più ardente potenza del Sole in un remoto futuro. Il suo reportage pittorico di inviato speciale in guerra rimanda quindi, insieme, ai tremendi e straordinari misteri di un comune senso della pace, dell’amore e del dolore. E segna così una comune vocazione di appartenenza al genere umano che opera attraverso le più diverse concezioni laiche, mitiche, sacrali, confessionali, mistiche e consumistiche dell’esperienza quotidiana e al di là di esse. Nella prefazione a “ИКОНОСТАС” (versione italiana intitolata “Le porte regali”, Adelphi Edizioni, Milano 1977) un saggio sull’icona dell’arciprete, matematico, teorico dell’arte e teologo Pavel Florenskij (1882-1937), Elémire Zolla sottolineava l’attenzione di Florenskij, fra scienza moderna postquantistica e premesse metafisiche, nei confronti di “chi venne elaborando la teoria della funzione reale di una variabile reale e da chi poi la applicò, da chi studiò le curve dei movimenti browniani, certe oscillazioni ondulatorie, le epilàmine di talune emulsioni di colloidi”.
E vi evidenziava l’osservazione che “torna cioè l’idea di forma, che non è soltanto un’esigenza d’ogni interpretazione dei fenomeni della vita (e Florenskij non poteva conoscere il DNA, che ne è la trascrizione), se la meccanica stessa è costretta ad invocarla studiando i movimenti indotti, le polarità, le istéresi, l’elasticità, per i quali deve supporre una totalità anteriore delle parti, una forma, appunto”. Per individuare nella metafisica di Florenskij il ruolo di mediazione, infine, della “iconostasi del mundus imaginalis con le sue ‘porte regali’”. Le opere esposte nella mostra personale di Ennio Onnis, affiancate da altre opere e da altre presenze espositive dell’artista presentate mediante un punto video del “20/25 Video Art Festival 2004 di Ascona e Monti” nella galleria Pinxit di Torino, sanno guardare anche, e anzi mirano, a questa prospettiva immaginale, almeno nel loro punto di fuga all’infinito.
Lucio Cabutti
Per Ennio Onnis il combattimento è di scena nello scacchiere conflittuale della vita come sulle scacchiere più seducenti della pittura. E questa volta la battaglia accende gli animi sullo scenario di una identità genetica e metaforica insieme, dove l’arte e la biologia interagiscono strettamente. E dove le identità individuali, collettive ed inconsce si intrecciano e si combattono nello stesso tempo. Altre volte nei suoi quadri furono amletiche protagoniste “rotopresse” cilindriche di paglia disperse in campi contaminati (e minati?), o baconiane dentiere, metafisiche tartarughe, mostruose e molochiane città, gulliveriane e carrolliane teste mozzate nello sbaraglio del tempo, vacanze avventura di pesci senza ritorno o, peggio, in eterno ritorno e mille altri parabolici eventi senza fratture spazio-temporali di continuità. L’artista, si sa, ha la singolare abitudine di giocare simultaneamente su diverse scacchiere.
Ma nelle opere di Ennio Onnis questa epica battaglia dei cromosomi trapassa dall’impianto ludico e ornamentale all’espianto tragico e viceversa, ritorna al gioco del lutto e al dramma della trasmissione dal vivo della forma, alla roulette combinatoriale del codice genetico e alle risonanze lugubri e cruente di una alchemica tavolozza congestionata fra il rosso e il nero, che altre volte trionfano invece in un sontuoso splendore. Un altro genere di pittura, del resto, si annida letteralmente nel nome stesso di questi “colorati corpi”, che dal “khrôma” e dal “sôma” del greco antico trasmigrano, attraverso la mediazione del linguaggio scientifico tedesco, nel vocabolo italiano. La loro denominazione deriva infatti dalla possibilità di individuarli mediante una trama reticolare colorabile, la cromatina. C’è però anche un’altra possibilità di individuazione, questa volta estetica, mediante i colori.
Nella versione di Ennio Onnis esposta a Torino, infatti, come una sorta di roulotte a bastoncello costituita da una articolata molecola di DNA, i cromosomi diventano vettoriali media biologici, epici veicoli di trasmissione dei geni, archivi di codici gremiti di caratteri ereditari. E combattono una loro guerra della vita per la vita non meno fatale e combinatoriale della gratuità dell’arte per l’arte. Così la “makhia” greca (“mákhestai” significava combattere) sfuma nel “machen” tedesco, vale a dire in un “fare” dell’artista che rappresenta, per il genere umano, un altro modo di trasmettere eredità, di giocarle d’azzardo, e di metterle in opera, a volte, strenuamente, come missioni kamikaze generatrici di vita o anche di morte.
Sempre a Torino, peraltro, dal 22 al 26 marzo scorso la Scuola Holden ha partecipato alla XIV edizione della “Settimana della cultura scientifica” con “Embrioni e trame: lezioni aperte tra scienza e narrazione”, incluse con la rassegna “Biocinema. Come il cinema ha raccontato la scienza” in un ciclo di appuntamenti e di proiezioni trasversalmente dislocati fra biologia, letteratura e cinema. All’incipit, dalla Danimarca, sono emersi i cloni squisiti di “Rigenesi” (traduzione italiana e nota di Maria Valeria D’Avino per le edizioni Iperborea), trama di morte e di amore di un romanziere danese che è anche autore di opere teatrali e radiofoniche, Svend Age Madsen, abbinato inoltre al genetista Alberto Piazza per discutere ad Atrium su “La genetica come narrazione”. Ma già nel 2003 i visitatori delle mostre d’arte a Torino, come anche i frequentatori degli Spazi Museali di Palazzo Tornielli ad Ameno e del Museo comunale d’arte moderna ad Ascona, hanno avuto modo di fruire di questa creatività “transdisciplinare” attraverso “La genetica come pittura” di Ennio Onnis.
La segnalazione di questo modo di operare e di questo argomento è avvenuta mediante alcune sue opere esposte (e insieme “videificate”) nel “19/24 Video Art Festival 2003 di Ascona e Monti”, la rassegna ipertestuale e multimediale dislocata in area svizzera e in area italiana all’insegna della “Videowanderkammer (la telecamera errante)”. E prosegue, all’insegna del “Made In”, nella edizione 2004 di questo Festival internazionale, che segna insieme i 20 anni di manifestazioni in area italiana e i 25 anni di interazioni fra cinema e video nell’area locarnese, dove il pittore continua l’epica narrazione della sua “Cromosomachìa”. Il fondale di queste strutture di comunicazione risulta peraltro meno casuale di quanto possa apparire a prima vista. Ennio Onnis opera infatti mediante la tecnica “classica” della pittura, ma la sua formazione generazionale è anche quella di un artista aperto alla complessità conflittuale delle interazioni ipermediali che coinvolgono e travolgono quotidianamente, nel bene come nel male, la ricognizione delle immagini fra scrittura e musica, cinema e televisione, filosofia e mitizzazione, comunicazione di massa e pubblicità, angoscia e umorismo. I suoi combattimenti di cromosomi diventano anche specchio di etica e di poetica. La loro messa in opera è al contempo messa in scena e messa da campo, messa da requiem e messa in icona.
La “Cromosomachìa” di Ennio Onnis ha i suoi campi di battaglia, ma anche i suoi parchi della rimembranza globale, gli altari della patria cosmica, i profetici mausolei di un pianeta Terra predestinato all’olocausto di fuoco per la più ardente potenza del Sole in un remoto futuro. Il suo reportage pittorico di inviato speciale in guerra rimanda quindi, insieme, ai tremendi e straordinari misteri di un comune senso della pace, dell’amore e del dolore. E segna così una comune vocazione di appartenenza al genere umano che opera attraverso le più diverse concezioni laiche, mitiche, sacrali, confessionali, mistiche e consumistiche dell’esperienza quotidiana e al di là di esse. Nella prefazione a “ИКОНОСТАС” (versione italiana intitolata “Le porte regali”, Adelphi Edizioni, Milano 1977) un saggio sull’icona dell’arciprete, matematico, teorico dell’arte e teologo Pavel Florenskij (1882-1937), Elémire Zolla sottolineava l’attenzione di Florenskij, fra scienza moderna postquantistica e premesse metafisiche, nei confronti di “chi venne elaborando la teoria della funzione reale di una variabile reale e da chi poi la applicò, da chi studiò le curve dei movimenti browniani, certe oscillazioni ondulatorie, le epilàmine di talune emulsioni di colloidi”.
E vi evidenziava l’osservazione che “torna cioè l’idea di forma, che non è soltanto un’esigenza d’ogni interpretazione dei fenomeni della vita (e Florenskij non poteva conoscere il DNA, che ne è la trascrizione), se la meccanica stessa è costretta ad invocarla studiando i movimenti indotti, le polarità, le istéresi, l’elasticità, per i quali deve supporre una totalità anteriore delle parti, una forma, appunto”. Per individuare nella metafisica di Florenskij il ruolo di mediazione, infine, della “iconostasi del mundus imaginalis con le sue ‘porte regali’”. Le opere esposte nella mostra personale di Ennio Onnis, affiancate da altre opere e da altre presenze espositive dell’artista presentate mediante un punto video del “20/25 Video Art Festival 2004 di Ascona e Monti” nella galleria Pinxit di Torino, sanno guardare anche, e anzi mirano, a questa prospettiva immaginale, almeno nel loro punto di fuga all’infinito.
Lucio Cabutti
02
aprile 2004
Ennio Onnis – Cromosomachia
Dal 02 al 30 aprile 2004
arte contemporanea
Location
GALLERIA PINXIT
Torino, Via Della Rocca, 28/H, (Torino)
Torino, Via Della Rocca, 28/H, (Torino)
Orario di apertura
Dal martedì al sabato dalle ore 10.30 - 12.30 ; 15.30 - 19.00