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Renzo Vespignani – Tra due guerre
E’ un evento che non a caso si cade nel sessantesimo anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: le ottanta opere esposte nella mostra sono il frutto di una vera e propria immersione dell’autore, durata tre anni dal 1972 al 1975, nelle immagini e nei simboli più forti e drammatici dei due conflitti che insanguinarono l’Europa.
Comunicato stampa
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Nel 1956, insieme ad altri intellettuali romani, Renzo Vespignani fondò la rivista “Città aperta”, dedicata alla cultura urbana. E’ uno degli esempi di quella cosa speciale che Roma, più di tante altre città, ha conosciuto fin dai primi anni del dopoguerra, della ricostruzione: il legame strettissimo del mondo della cultura, dei suoi più prestigiosi esponenti, con la città, con la sua storia, con il suo futuro.
Anche per questo, oggi, Roma ha il piacere di ospitare le opere di Renzo Vespignani nella mostra “Tra le due guerre”. E’ un evento che non a caso si cade nel sessantesimo anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: le ottanta opere esposte nella mostra sono il frutto di una vera e propria immersione dell’autore, durata tre anni dal 1972 al 1975, nelle immagini e nei simboli più forti e drammatici dei due conflitti che insanguinarono l’Europa. Questo grande artista romano impegnò così il suo talento e la sua passione civile: per evocare la tragica dimensione dell’esistenza a ricordo del periodo più doloroso della nostra storia recente. Dalle sue opere emerge anche un messaggio che va ben oltre il tempo che le ha ispirate e che giunge fino ai giorni nostri. E’ un messaggio che ci parla dell’esperienza del dolore e dell’amarezza per le tragiche condizioni della vita umana. La nostra ambizione di voler costruire una città sempre più accogliente, viva, aperta ad altri mondi e ad altre culture, non potrà mai prescindere dalla necessità di rivivere continuamente le vicende che abbiamo alle spalle e che ci hanno portato fin qui. Chi visiterà la mostra nel complesso del Vittoriano, potrà dunque ammirare le grandi qualità di artista che hanno reso famoso nel mondo Renzo Vespignani, e comprendere, insieme, ciò che egli ha voluto dire alla sua e alle successive generazioni e che per noi conserva uno straordinario, attualissimo valore.
Walter Veltroni
_________________________________________________
Walter Veltroni, sindaco di Roma, il 13 maggio 2002, dichiarò alla stampa che il ministro degli Esteri israeliano Shimon Peres e il rappresentante in Italia dell’Autorità nazionale palestinese Nemer Hammad sostenevano che Roma era la “sede ideale” per una conferenza di pace per il Medio Oriente. Incoraggiato da questa dichiarazione scrissi all’assessore Gianni Borgna: ritenevo particolarmente importante realizzare a Roma la mostra di Renzo Vespignani “Tra due Guerre” inserita in un contesto di iniziative di pace. L’assessore rispose con sollecitudine: “...trovo la proposta eccellente, anche per poter rendere il dovuto omaggio a un grande maestro della pittura italiana ...”. Credo che fin da allora progettasse il ciclo di manifestazioni “Noi Ricordiamo - Memoria, Resistenza, Liberazione 1944 - 2004”. Indicò per l’inaugurazione, in modo quanto mai opportuno, il 24 marzo 2004, sessantesimo anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Vespignani è un artista, si, ma non meno è un intellettuale di grande rigore che non riesce a dimenticare anche a distanza di anni le nefandezze della guerra, le menzogne, gli inganni, i silenzi e le ipocrite giustificazioni di chi consapevolmente fingeva di non sapere. Nei quadri esposti emergono drammaticamente le sofferenze degli oppressi e l’arroganza di carnefici, che, stravolgendo l’idea di patria in delirante supremazia razziale, hanno scatenato una inimmaginabile violenza di massa. La tragedia della guerra supera i confini di ogni paese e coinvolge tutti i regimi, cosi come il culto del capo carismatico e l’uso violento e prevaricante del potere apre la porta alle peggiori aberrazioni e al disprezzo dei più elementari valori umani. Queste opere ci chiedono di esaminare la storia fuori dall’influenza di passioni e interessi di parte, opere che gridano l’orrore degli uomini e il loro dolore. Un grido che Calamandrei ha impresso in un’ epigrafe che mi colpì da adolescente: “ Noi non volemmo morire, noi non vogliamo essere morti. Col sangue dato da Dio, firmammo un patto sacro, costituito di libertà, di lavoro, di pace. Voi che ancora vivete non tradite questa legge giurata, datevi mano, aprite come volemmo le porte dei millenni nuovi. Fate la liberazione”.
E’ sicuramente utile leggere l’eloquente e documentato saggio di Gaspare e Roberto De Caro contenuto in questo volume e meditare sul numero dei morti e dei massacri che hanno insanguinato l’Europa in nome della forza e del potere. Vespignani non ha mai smesso di pensare a quelle mostruosità e, come ricordano nei loro saggi Eugenio Riccòmini e Lorenza Trucchi, ha sentito il bisogno di continuare a denunciare le violenze di un’ Europa impazzita.
Il collezionista modenese Franco Fabbi ha consentito a Vespignani la realizzazione di questo ciclo pittorico che non si può certo dire commissionato per speculazioni di mercato. La collaborazione tra l’associazione Adac di Modena, che rappresento, e l’assessorato alle politiche culturali del Comune di Roma nasce anche dal fatto che il mercante di Vespignani, Mario Roncaglia, era modenese così come lo sono gli eredi Fabbi che con sensibilità hanno messo a disposizione le opere esposte.
Prima di concludere c’è ancora una piccola cosa che vorrei sottolineare. Un maestro della pittura come Vespignani era guidato dal talento, ma ha avuto come grandi consiglieri lo studio, l’osservazione, la coscienza e l’onestà intellettuale. Ha rifiutato la finzione e l’ipocrisia in diverse fasi della sua vita. Il nostro compito di operatori dovrebbe essere guidato dalla stessa onestà. Le nostre scelte pesano sulla formazione delle coscienze, e, se sbagliate, non solo non educano, ma possono, nel tempo, produrre irreversibili danni. Se uno dei compiti della cultura è quello di educare alla convivenza e allo spirito critico, abbiamo tutti il dovere di denunciare alle nuove generazioni gli orrori prodotti dalle guerre. Non possiamo non vedere che nelle più diverse parti del mondo l’inizio del nuovo millennio è ancora intriso di violenza, di sopraffazioni e di ingiustizie.
Adriano Primo Baldi
Presidente Adac (Associazione per la Diffusione dell’Arte e della Cultura)
_________________________________________________
Sono molto lieto di presentare questa mostra, omaggio a Renzo Vespignani e al suo instancabile impegno contro la guerra e la tortura, tra le iniziative legate alla celebrazione della memoria, con le quali si è inteso offrire alla città di Roma un’occasione importante di riflessione, confronto e presa di coscienza su uno dei periodi più drammatici e cruciali della storia del novecento, che ha segnato indelebilmente la memoria collettiva.
Nel mosaico di storie che compone la Storia, la riflessione di Vespignani costituisce sicuramente una tessera di particolare qualità che restituisce lo sguardo dolente dell’artista sugli avvenimenti storici di quel periodo compreso Tra le due guerre in cui è venuta maturando l’incomparabile
tragedia della seconda guerra mondiale con i suoi abissi di crudeltà e desolazione.
La denuncia contro tutti gli orrori e il degrado dell’uomo, privato della sua dignità e ridotto a mera carne da macello, ha costituito infatti cifra costante della poetica dell’artista; e non poteva, del resto, essere altrimenti quando si pensi che l’avvio della sua carriera risale proprio ai difficili anni dell’occupazione tedesca, quando, ventenne alla macchia come tanti coetanei, cominciò a raccontare, con segno grafico sicuro e partecipe, gli orrori dell’occupazione e il degrado inimmaginabile di una periferia costellata dalle rovine dei bombardamenti, scenario di vita di un popolo di emarginati.
Ma ciò che in Vespignani sorprende — e che la mostra restituisce con straordinaria efficacia — è la peculiare capacità dell’artista di far slittare l’orrore e il dolore per l’umanità umiliata e tradita dal piano del soggetto a quello del trattamento cromatico di una pittura che si fa ferita, vivida e sanguinante sotto i nostri occhi per denunciare e rendere indelebile ad un tempo il rifiuto di tutto ciò che è violenza. Ecco allora le immagini rotte subito dopo essere state composte, ecco il colore “in cancrena”, gli oggetti combusti, la pittura “vischiosa come un fungo velenoso” — per usare le parole dell’artista — che trova nell’unione con il segno grafico un miracoloso equilibrio tra coinvolgimento e distacco, tra realtà cruenta e segno che snida l’immaginazione.
Una testimonianza partecipe e commossa, dunque, che difficilmente potrà lasciarci indifferenti e che non mancherà certo di suscitare in noi utili riflessioni.
Anche per questo, oggi, Roma ha il piacere di ospitare le opere di Renzo Vespignani nella mostra “Tra le due guerre”. E’ un evento che non a caso si cade nel sessantesimo anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: le ottanta opere esposte nella mostra sono il frutto di una vera e propria immersione dell’autore, durata tre anni dal 1972 al 1975, nelle immagini e nei simboli più forti e drammatici dei due conflitti che insanguinarono l’Europa. Questo grande artista romano impegnò così il suo talento e la sua passione civile: per evocare la tragica dimensione dell’esistenza a ricordo del periodo più doloroso della nostra storia recente. Dalle sue opere emerge anche un messaggio che va ben oltre il tempo che le ha ispirate e che giunge fino ai giorni nostri. E’ un messaggio che ci parla dell’esperienza del dolore e dell’amarezza per le tragiche condizioni della vita umana. La nostra ambizione di voler costruire una città sempre più accogliente, viva, aperta ad altri mondi e ad altre culture, non potrà mai prescindere dalla necessità di rivivere continuamente le vicende che abbiamo alle spalle e che ci hanno portato fin qui. Chi visiterà la mostra nel complesso del Vittoriano, potrà dunque ammirare le grandi qualità di artista che hanno reso famoso nel mondo Renzo Vespignani, e comprendere, insieme, ciò che egli ha voluto dire alla sua e alle successive generazioni e che per noi conserva uno straordinario, attualissimo valore.
Walter Veltroni
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Walter Veltroni, sindaco di Roma, il 13 maggio 2002, dichiarò alla stampa che il ministro degli Esteri israeliano Shimon Peres e il rappresentante in Italia dell’Autorità nazionale palestinese Nemer Hammad sostenevano che Roma era la “sede ideale” per una conferenza di pace per il Medio Oriente. Incoraggiato da questa dichiarazione scrissi all’assessore Gianni Borgna: ritenevo particolarmente importante realizzare a Roma la mostra di Renzo Vespignani “Tra due Guerre” inserita in un contesto di iniziative di pace. L’assessore rispose con sollecitudine: “...trovo la proposta eccellente, anche per poter rendere il dovuto omaggio a un grande maestro della pittura italiana ...”. Credo che fin da allora progettasse il ciclo di manifestazioni “Noi Ricordiamo - Memoria, Resistenza, Liberazione 1944 - 2004”. Indicò per l’inaugurazione, in modo quanto mai opportuno, il 24 marzo 2004, sessantesimo anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Vespignani è un artista, si, ma non meno è un intellettuale di grande rigore che non riesce a dimenticare anche a distanza di anni le nefandezze della guerra, le menzogne, gli inganni, i silenzi e le ipocrite giustificazioni di chi consapevolmente fingeva di non sapere. Nei quadri esposti emergono drammaticamente le sofferenze degli oppressi e l’arroganza di carnefici, che, stravolgendo l’idea di patria in delirante supremazia razziale, hanno scatenato una inimmaginabile violenza di massa. La tragedia della guerra supera i confini di ogni paese e coinvolge tutti i regimi, cosi come il culto del capo carismatico e l’uso violento e prevaricante del potere apre la porta alle peggiori aberrazioni e al disprezzo dei più elementari valori umani. Queste opere ci chiedono di esaminare la storia fuori dall’influenza di passioni e interessi di parte, opere che gridano l’orrore degli uomini e il loro dolore. Un grido che Calamandrei ha impresso in un’ epigrafe che mi colpì da adolescente: “ Noi non volemmo morire, noi non vogliamo essere morti. Col sangue dato da Dio, firmammo un patto sacro, costituito di libertà, di lavoro, di pace. Voi che ancora vivete non tradite questa legge giurata, datevi mano, aprite come volemmo le porte dei millenni nuovi. Fate la liberazione”.
E’ sicuramente utile leggere l’eloquente e documentato saggio di Gaspare e Roberto De Caro contenuto in questo volume e meditare sul numero dei morti e dei massacri che hanno insanguinato l’Europa in nome della forza e del potere. Vespignani non ha mai smesso di pensare a quelle mostruosità e, come ricordano nei loro saggi Eugenio Riccòmini e Lorenza Trucchi, ha sentito il bisogno di continuare a denunciare le violenze di un’ Europa impazzita.
Il collezionista modenese Franco Fabbi ha consentito a Vespignani la realizzazione di questo ciclo pittorico che non si può certo dire commissionato per speculazioni di mercato. La collaborazione tra l’associazione Adac di Modena, che rappresento, e l’assessorato alle politiche culturali del Comune di Roma nasce anche dal fatto che il mercante di Vespignani, Mario Roncaglia, era modenese così come lo sono gli eredi Fabbi che con sensibilità hanno messo a disposizione le opere esposte.
Prima di concludere c’è ancora una piccola cosa che vorrei sottolineare. Un maestro della pittura come Vespignani era guidato dal talento, ma ha avuto come grandi consiglieri lo studio, l’osservazione, la coscienza e l’onestà intellettuale. Ha rifiutato la finzione e l’ipocrisia in diverse fasi della sua vita. Il nostro compito di operatori dovrebbe essere guidato dalla stessa onestà. Le nostre scelte pesano sulla formazione delle coscienze, e, se sbagliate, non solo non educano, ma possono, nel tempo, produrre irreversibili danni. Se uno dei compiti della cultura è quello di educare alla convivenza e allo spirito critico, abbiamo tutti il dovere di denunciare alle nuove generazioni gli orrori prodotti dalle guerre. Non possiamo non vedere che nelle più diverse parti del mondo l’inizio del nuovo millennio è ancora intriso di violenza, di sopraffazioni e di ingiustizie.
Adriano Primo Baldi
Presidente Adac (Associazione per la Diffusione dell’Arte e della Cultura)
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Sono molto lieto di presentare questa mostra, omaggio a Renzo Vespignani e al suo instancabile impegno contro la guerra e la tortura, tra le iniziative legate alla celebrazione della memoria, con le quali si è inteso offrire alla città di Roma un’occasione importante di riflessione, confronto e presa di coscienza su uno dei periodi più drammatici e cruciali della storia del novecento, che ha segnato indelebilmente la memoria collettiva.
Nel mosaico di storie che compone la Storia, la riflessione di Vespignani costituisce sicuramente una tessera di particolare qualità che restituisce lo sguardo dolente dell’artista sugli avvenimenti storici di quel periodo compreso Tra le due guerre in cui è venuta maturando l’incomparabile
tragedia della seconda guerra mondiale con i suoi abissi di crudeltà e desolazione.
La denuncia contro tutti gli orrori e il degrado dell’uomo, privato della sua dignità e ridotto a mera carne da macello, ha costituito infatti cifra costante della poetica dell’artista; e non poteva, del resto, essere altrimenti quando si pensi che l’avvio della sua carriera risale proprio ai difficili anni dell’occupazione tedesca, quando, ventenne alla macchia come tanti coetanei, cominciò a raccontare, con segno grafico sicuro e partecipe, gli orrori dell’occupazione e il degrado inimmaginabile di una periferia costellata dalle rovine dei bombardamenti, scenario di vita di un popolo di emarginati.
Ma ciò che in Vespignani sorprende — e che la mostra restituisce con straordinaria efficacia — è la peculiare capacità dell’artista di far slittare l’orrore e il dolore per l’umanità umiliata e tradita dal piano del soggetto a quello del trattamento cromatico di una pittura che si fa ferita, vivida e sanguinante sotto i nostri occhi per denunciare e rendere indelebile ad un tempo il rifiuto di tutto ciò che è violenza. Ecco allora le immagini rotte subito dopo essere state composte, ecco il colore “in cancrena”, gli oggetti combusti, la pittura “vischiosa come un fungo velenoso” — per usare le parole dell’artista — che trova nell’unione con il segno grafico un miracoloso equilibrio tra coinvolgimento e distacco, tra realtà cruenta e segno che snida l’immaginazione.
Una testimonianza partecipe e commossa, dunque, che difficilmente potrà lasciarci indifferenti e che non mancherà certo di suscitare in noi utili riflessioni.
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marzo 2004
Renzo Vespignani – Tra due guerre
Dal 25 marzo al 25 aprile 2004
arte contemporanea
Location
COMPLESSO DEL VITTORIANO
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)