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Fabrizio Dieci – Scultura a nervi tesi
Fabrizio Dieci traspone immediatamente nella materia un sentimento esistenziale fatto di slanci, di tensioni, di nodi, di strappi, di rimarginazioni e riprese. Le sue sculture, infatti, scoprono i ‘nervi’ dell’essere, i fasci di energia, i muscoli, come esplicito manifestarsi delle aspirazioni, delle proiezioni e delle esperienze quotidiane intime,segrete.
Comunicato stampa
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Avverte come la vita sia costante, inarrestabile mutamento, movimento, caricarsi e scaricarsi di forze verso mete e forme, comporsi e sfarsi, spesso congiungersi e lacerarsi di tessuti, segni di continua metamorfosi, espressione dell'energia interna (forza genetica, pensiero, progetto ideale, esigenza biologica e bioritmica) diretta all'attuazione di una forma, di una struttura, e modularsi di essa nella materia e alla luce come luogo degli accadimenti, delle crescite, delle partenze, degli abbandoni, degli incontri e degli abbracci: scultura eminente organica, dunque, che risene della grande stagione dell'arte plastica avviata da Brancusi e continuata da Arp, Bloc, Moore, Gilioli, Signori, Poncet, Tarabella, Finotti e particolarmente ricca di eco diverse, risonanze e sollecitazioni a proseguire nella straordinaria plaga di scultori che è la regione delle Apuane, rea la provincia di La Spezia, Carrara e la Versilia.
Proprio lì, dopo gli studi liceali a Genova, si è formato Fabrizio Dieci, a contatto con i cavatori, gli scalpellini, gli scultori, sentendo parlare della 'materia' (del marmo, delle pietre, ma anche del legno e del bronzo) come di qualcosa di vivo, 'corpo' da svelare, da scoprire, rianimare dandogli spazio e ritmo espressivi. E' questo il punto di avvio del nostro giovane e forte scultore, che in breve tempo ha fatto valere un proprio stile, un proprio racconto, maturando un personale approccio con la materia e proponendo contenuti formali ed elaborazioni tecniche di notevole capacità suggestiva dei movimenti organici, irrinunciabilmente connessi all'uomo, alla nascita, alla germinazione, all'amore, alle sorgenti di vita (dalla 'Donna fiore' del 1993, ancora fuori misura e con durezze irrisolte, a '1492 Parto' del 1993, in cui evocava in modo poetico la scoperta e la 'nascita' delle Americhe, fino agli Amanti del 1994 già pienamente riuscita della resa delle innervature organiche della congiunzione-separazione e nella sapiente evidenziazione delle 'pieghe' (fisiche e psichiche) dei tessuti interni, esibiti come tensioni transmorfiche. C'è già un grande magistero tecnico nel lavoro di Fabrizio, accompagnato a volte forse ancora da un certo compiacimento di mestiere, senz'altro dovuto all'entusiasmo con cui ha scelto la scultura come autentica ed esclusiva attività professionale, ma non guasta se si trasforma in costante curiosità e attenzione per le qualità della materia e per i rapporti armoniosi con e nello spazio.
Nel teso movimento della materia, Dieci intende cogliere il senso dell'universale mutamento nel tempo: l'espandersi dell'energia, massa, suono, lo stirarsi dei tessuti come ritmo che mira ad un assestamento assoluto nello spazio esistenziale e mentale così come accade nella stupenda serie di sculture dal titolo Uccello nello spazio di Costantin Brancusi, che in Fabrizio Dieci si sdoppia in 'Paolo e Francesca' (bronzo e castagno del 1995) e diventa matrice ispirativa di una sequenza di modulazioni pastiche 'Senza titolo' in perlinato d'Abruzzo del 1995, 'Nascita di un Angelo' travertino del 1995 dove la forma chiusa lentamente fiorisce e si apre a conquistare spazio, carezze e bagni di luce, 'Palolo e Francesca' e 'Amanti', come 'Figure in metamorfosi', marmo del 1995, 'Il Gioco', marmo di Carrara del 1996 e ancor più in 'Contesa' del 1996 e in 'Danza nuziale' del 1997, segnalano la bipolarità della tensione esistenziale di Fabrizio Dieci, la sua volontà e ricerca di dialogo che si oggettiva nei due 'corni' che si confrontano, che si attraggono e si respingono, uniti e separati, in spinta centrifuga bilanciata da tensione centripeta dei fasci di tendini, delle pieghe dei tessuti che si stringono, si smagliano, inghiottono la luce, evidenziano campi di forze e il moto di divaricazione e di abbraccio, in una ricchezza di legamenti che evoca la scultura barocca e la frequenza delle sue risonanze a livello sensuale e psichico insieme.
Neobarocco è certamente il senso della materia plastica come movimento, gioco di luce e ombra, insistita attenzione per i rilievi, sensibilità per i segni che 'innervano' la forma, conferendole particolare elasticità e forza allusiva. Un profondo sentimento vitalistico certo ispira a Dieci queste tensioni, tutte metaforiche dei nostri intimi entusiasmi e delle nostre rinunce, delle nostre aspirazioni a partire, ad affrontare il viaggio conoscitivo, e di tutto ciò che si trattiene, del nostro mutare e del nostro resistere al mutamento, delle passioni e del desiderio di affermazione individuale e al tempo stesso, di congiunzione, di distacco e di unione.
Dalle sculture di Fabrizio Dieci affiora, come movimento organico, questa nostra complessità strutturale, gioco di tendini nello spazio e di luce-ombra sulle superfici, con ripercussioni intime di disagio, di sussulto, di slancio liberatorio, di giocosa adesione, di repentino doloroso distacco.
Con particolare efficacia l'artista si è espresso nei due simposi internazionali di scultura in cui ho avuto modo, nel 1997, di seguirlo fin dalle fasi di ideazione e poi in tutti i momenti di realizzazione dell'opera: a Scogliera Viva di Caorle 'Venezia), dove ha suggestivamente movimentato alcuni massi di trachite verso il mare, visualizzando le dinamiche intime che precedono ogni impresa, ogni momento di avvio, di viaggio reale, virtuale o fantastico che sia; e a Buddusò (Sassari), dove ha saputo molto bene interpretare l'idea dell'albero che viene dall'acqua e si fa fonte e sorgente di linfa vitale.
Fabrizio Dieci è un giovane artista ricco di promesse che, ne sono certo, saprà mantenere perché fonda le sue idee, il suo immaginario visivo sull'amore e sulla conoscenza della materia e sul saperla trattare, sul mestiere, esaltandone le possibilità e le qualità intrinseche e in rapporto allo spazio, alla luce e alle proprie pulsioni ed emozione esistenziali.
Proprio lì, dopo gli studi liceali a Genova, si è formato Fabrizio Dieci, a contatto con i cavatori, gli scalpellini, gli scultori, sentendo parlare della 'materia' (del marmo, delle pietre, ma anche del legno e del bronzo) come di qualcosa di vivo, 'corpo' da svelare, da scoprire, rianimare dandogli spazio e ritmo espressivi. E' questo il punto di avvio del nostro giovane e forte scultore, che in breve tempo ha fatto valere un proprio stile, un proprio racconto, maturando un personale approccio con la materia e proponendo contenuti formali ed elaborazioni tecniche di notevole capacità suggestiva dei movimenti organici, irrinunciabilmente connessi all'uomo, alla nascita, alla germinazione, all'amore, alle sorgenti di vita (dalla 'Donna fiore' del 1993, ancora fuori misura e con durezze irrisolte, a '1492 Parto' del 1993, in cui evocava in modo poetico la scoperta e la 'nascita' delle Americhe, fino agli Amanti del 1994 già pienamente riuscita della resa delle innervature organiche della congiunzione-separazione e nella sapiente evidenziazione delle 'pieghe' (fisiche e psichiche) dei tessuti interni, esibiti come tensioni transmorfiche. C'è già un grande magistero tecnico nel lavoro di Fabrizio, accompagnato a volte forse ancora da un certo compiacimento di mestiere, senz'altro dovuto all'entusiasmo con cui ha scelto la scultura come autentica ed esclusiva attività professionale, ma non guasta se si trasforma in costante curiosità e attenzione per le qualità della materia e per i rapporti armoniosi con e nello spazio.
Nel teso movimento della materia, Dieci intende cogliere il senso dell'universale mutamento nel tempo: l'espandersi dell'energia, massa, suono, lo stirarsi dei tessuti come ritmo che mira ad un assestamento assoluto nello spazio esistenziale e mentale così come accade nella stupenda serie di sculture dal titolo Uccello nello spazio di Costantin Brancusi, che in Fabrizio Dieci si sdoppia in 'Paolo e Francesca' (bronzo e castagno del 1995) e diventa matrice ispirativa di una sequenza di modulazioni pastiche 'Senza titolo' in perlinato d'Abruzzo del 1995, 'Nascita di un Angelo' travertino del 1995 dove la forma chiusa lentamente fiorisce e si apre a conquistare spazio, carezze e bagni di luce, 'Palolo e Francesca' e 'Amanti', come 'Figure in metamorfosi', marmo del 1995, 'Il Gioco', marmo di Carrara del 1996 e ancor più in 'Contesa' del 1996 e in 'Danza nuziale' del 1997, segnalano la bipolarità della tensione esistenziale di Fabrizio Dieci, la sua volontà e ricerca di dialogo che si oggettiva nei due 'corni' che si confrontano, che si attraggono e si respingono, uniti e separati, in spinta centrifuga bilanciata da tensione centripeta dei fasci di tendini, delle pieghe dei tessuti che si stringono, si smagliano, inghiottono la luce, evidenziano campi di forze e il moto di divaricazione e di abbraccio, in una ricchezza di legamenti che evoca la scultura barocca e la frequenza delle sue risonanze a livello sensuale e psichico insieme.
Neobarocco è certamente il senso della materia plastica come movimento, gioco di luce e ombra, insistita attenzione per i rilievi, sensibilità per i segni che 'innervano' la forma, conferendole particolare elasticità e forza allusiva. Un profondo sentimento vitalistico certo ispira a Dieci queste tensioni, tutte metaforiche dei nostri intimi entusiasmi e delle nostre rinunce, delle nostre aspirazioni a partire, ad affrontare il viaggio conoscitivo, e di tutto ciò che si trattiene, del nostro mutare e del nostro resistere al mutamento, delle passioni e del desiderio di affermazione individuale e al tempo stesso, di congiunzione, di distacco e di unione.
Dalle sculture di Fabrizio Dieci affiora, come movimento organico, questa nostra complessità strutturale, gioco di tendini nello spazio e di luce-ombra sulle superfici, con ripercussioni intime di disagio, di sussulto, di slancio liberatorio, di giocosa adesione, di repentino doloroso distacco.
Con particolare efficacia l'artista si è espresso nei due simposi internazionali di scultura in cui ho avuto modo, nel 1997, di seguirlo fin dalle fasi di ideazione e poi in tutti i momenti di realizzazione dell'opera: a Scogliera Viva di Caorle 'Venezia), dove ha suggestivamente movimentato alcuni massi di trachite verso il mare, visualizzando le dinamiche intime che precedono ogni impresa, ogni momento di avvio, di viaggio reale, virtuale o fantastico che sia; e a Buddusò (Sassari), dove ha saputo molto bene interpretare l'idea dell'albero che viene dall'acqua e si fa fonte e sorgente di linfa vitale.
Fabrizio Dieci è un giovane artista ricco di promesse che, ne sono certo, saprà mantenere perché fonda le sue idee, il suo immaginario visivo sull'amore e sulla conoscenza della materia e sul saperla trattare, sul mestiere, esaltandone le possibilità e le qualità intrinseche e in rapporto allo spazio, alla luce e alle proprie pulsioni ed emozione esistenziali.
20
marzo 2004
Fabrizio Dieci – Scultura a nervi tesi
Dal 20 marzo al 07 aprile 2004
arte contemporanea
Location
SATURA – PALAZZO STELLA
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Orario di apertura
dal martedì al sabato ore 16.30 - 19.00. chiuso lunedì e festivo
Vernissage
20 Marzo 2004, ore 17.00