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Heinrich Gresbeck
L’operazione effettuata da Gresbeck consiste nell’occultare una porzione dell’immagine (scandito da singoli frame composti da 25 fotogrammi al secondo ciascuno) che, nelle mani di questo chirurgo visivo, si comporta come una singola statica fotografia.
Comunicato stampa
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Amnesiac Arts, associazione culturale no profit, nata a Potenza con l’intento di diventare circuito di amplificazione sensoriale attraverso la diffusione e promozione dell’arte contemporanea è lieta di annunciare l’apertura del suo Spazio Espositivo AMNESIAC ARTS “HOME GALLERY” sito in Corso XXVIII Agosto n. 36 a POTENZA .
Questo Spazio Espositivo e d’Incontro nasce con l’idea di far crescere e diffondere un sano entusiasmo per l'arte contemporanea, attraverso la creazione di eventi, presentazioni di nuovi elaborati artistici, dibattiti, workshops e più in generale di visioni, al fine di diventare territorio dell’anima e catalizzatore delle attenzioni artistiche cittadine, regionali e non solo .
L’inaugurazione dell’AMNESIAC ARTS “HOME GALLERY” si inserisce tematicamente e temporalmente all’interno del convegno organizzato dal CILAP-EAPN Basilicata col fine di favorire lo sviluppo di una strategia Europea per l’inclusione sociale attraverso il ruolo delle organizzazioni del terzo settore e dei partner sociali che avverrà il 20 Febbraio 2004 alle ore 9:00 a Potenza presso Sala Convegni del Museo Provinciale.
La tematica affrontata dal convegno ha contribuito alla scelta dell’artista, HEIRICH GRESBECK e alla presentazione della sua personale curata da Fabiola Naldi.
Segue al presente comunicato stampa il testo critico della personale di Fabiola Naldi e alcune notizie sull’Autore.
L’ESCLUSIONE DEL SUPERFLUO di Fabiola Naldi
Tutto ciò che vediamo è diventato facilmente raggiungibile grazie alla massiccia profusione di informazione visiva che l’attuale cultura mass mediale ha introdotto nella nostra quotidianità. Non occorre più desiderare, bramare qualcosa o qualcuno; oggi occorre solo essere al corrente delle nuove possibilità metalinguistiche interne ai mezzi tecnologici, e subito l’irraggiungibile diventa facilmente ottenibile. Ma se in realtà il nostro principale desiderio fosse quello di non vedere più? Cosa succederebbe se la domanda tanto oscurata dalla persuasione consumistica semplicemente non esistesse, e se il troppo vedere altro non fosse altro che la nostra “pillola di felicità” pronta a quietare la nostra umana insoddisfazione? E’ finito il tempo della pura scoperta, è finito il desiderio di ricostruire il mondo, si è amaramente conclusa l’utopia dell’”immaginazione al potere”, che cosa altro rimane se non la volontà di ricomporre i frammenti della nostra esperienza sensibile quotidiana? Il canadese Marshall McLuhan, profeta della cultura materiale odierna, ha teorizzato, all’interno dell’età elettronica, un’era della “comunicazione istantanea” tramite la quale far confluire i vari media intesi come “sensori” e “modulatori” dei cambiamenti sociali, economici e politici tuttora esistenti. La cultura elettronica conduce a un’attitudine creativa, operativa e sinestetica modulata dall’istantaneità, dalla velocità e dalla progressiva perdita di identità. Sempre McLuhan suggerisce che i mezzi materiali con i quali interagiamo sono così potenti e persuasivi da plasmarci al punto di essere impressi nella nostra “coscienza collettiva” come delle categorie aprioristiche pronte a rimodellare l’intera nostra esperienza sensibile. Ma all’ordine dei fatti attuali che cosa rimane di tutte le immagini che abbiamo amato, odiato, collezionato, fotografato, registrato? Resta, forse, la nostra memoria pronta a “organizzare” un solo raccoglitore virtuale in cui sono inseriti i nostri amori, i nostri fallimenti, i nostri viaggi, le nostre esperienze quotidiane. Un unico grande film intervallato da micro eventi e piccoli aneddoti comuni a molti. Così come l’arte negli ultimi decenni si è progressivamente autoprivata di qualsiasi codice e si è mischiata con la vita, così la nostra precaria bramosia di assaporare un istante, mancato per distrazione o momentaneo disinteresse, è divenuta il potere medianico di tutto ciò che oscilla e che sta sul bordo di una frontiera illimitata.
Heinrich Gresbeck si presta a essere considerato come un’estensione concreta di una memoria personale inglobata e alimentata da un immaginario collettivo, e le sue produzioni video si trasformano in un collegamento diverso con il mondo esterno. L’atteggiamento diffuso dell’eliminazione o dell’esclusione “antropologica” della nostra società cannibale si innesta perfettamente anche nell’attitudine artistica di questo artista. Heinrich Gresbeck sceglie di “vedere” ciò che oramai non si guarda più con la stessa attenzione, e con l’aiuto delle più sofisticate tecnologie opera su di una materia preesistente per modificarla e ripresentarla scarnificata, rimodellata e privata dell’iniziale codice interpretativo. Il procedimento tecnico applicato a un insieme di immagini selezionate a priori dall’artista si sviluppa su di un preciso meccanismo di cancellazione, occultamento e sottolineatura di alcuni frammenti iconografici trasmessi via video. L’operazione effettuata da Gresbeck consiste nell’occultare una porzione dell’immagine (scandito da singoli frame composti da 25 fotogrammi al secondo ciascuno) che, nelle mani di questo chirurgo visivo, si comporta come una singola statica fotografia.
Non esiste la possibilità di automatizzare il procedimento: tutto resta manuale, dalla scelta del prodotto iniziale (nel caso del video SERAPHIM, l’immagine dello skin head Edward Norton è desunta dalla pellicola americana “American History X” di Tony Kaye), al processo tecnico privo di metodo o filtri, fino alla ricomposizione video ornata di sonori estranianti e inquietanti. In "L'arte come artificio” ("I Formalisti Russi” a cura di T.Todorov, Einaudi, 1968) Sklovskij parla di “ostranenie” ovvero una "accentuazione di un elemento del testo allo scopo di suscitarne la percezione non secondo le solite associazioni, ma come qualcosa di insolito mai incontrato prima". L’insolita ricezione di una nuova forma visiva priva di riferimenti è amplificata dall’audio dei due video utilizzato non come semplice sottofondo musicale ma come precisa valenza concettuale inscindibile dal prodotto finale. La scelta di una ouverture ripetitiva, ossessionante, ritmica e ipnotica degli Einstürzende Neubauten (dall’album “Tabula Rasa”) per SERAPHIM funziona come atto disturbatorio aggiunto, scelto come intenzionale violazione di un ordine precostituito volto ad ottenere un effetto alienante. Per il video WO BIST DU? l’immagine iniziale (un bambino che chiede l’elemosina sul bordo di una qualsiasi strada metropolitana) è tratta da un promotional video “the Host of Seraphim” del 1993 del gruppo musicale Dead can Dance mai uscito sul mercato e i rumori che lo accompagnano sono stati registrati a New York dallo stesso artista nel 1998. nel video “Memoria di una testa tagliata” Gresbeck recupera l’esclusione privata recuperando un singolo momento di vita comune per, deliberatamente, evidenziarne gli aspetti meno evidenti. L’esclusione negativa operata dai pressanti obblighi sociali, in questo caso trascende ogni violenta conseguenza, capovolgendo il senso iniziale. Cadono gli orpelli del linguaggio, le didascalie informative e il troppo parlato per lasciare il posto all’impatto visivo del prodotto che viene isolato, liberato dal contesto ed evidenziato dall’intromissione della cancellazione. Il prodotto è un’insieme di immagini definite, fredde e imperative interpretate come il prolungamento o l’ampliamento di un importante funzione dell’IO distintivo di partenza, stimolato dal bombardamento visivo operato dai media. Heinrich Gresbeck opera non solo sulla singola immagine preconfezionata e finalizzata a una funzione visiva precisa (il film d’epoca, la pellicola cult, il video amatoriale) ma molto più profondamente su ciò che Pierre Lévy chiama l’intelligenza collettiva, ovvero il prodotto del sapere comune nell’istante in cui la memoria individuale è messa a disposizione della società attraverso l’interazione. Lo scambio interculturale oramai assimilato, che le nuove tecnologie consentono di mettere in atto, si è trasformato in inventiva estetica multidimensionale e multisensuale. La rimaterializzazione della singola immagine si plasma vorticosamente davanti agli occhi del fruitore che, stimolato dalla persuasione visiva e sonora indotta dal prodotto artistico, si “connette” all’immaginario comune da cui si sono prelevate le singole osservazioni. Davanti alla “certezza” della visione si innesca a sua volta una interazione aggiunta, una meta comunicazione fra i singoli partecipanti che produce un’ulteriore tipologia di esperienza. Derrick De Kerckhove parla di intelligenza connettiva che non solo nasce dalla prima teorizzata da Lévy ma ne è la costola ed è, a sua volta, contenuta in essa. L'intelligenza connettiva, come la intende De Kerckhove, è “la pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all'interno del tempo reale di un'esperienza”. Se una è la teoria, l'altra è la pratica, e la sua applicazione va di pari passo con la realizzazione di un qualcosa. Il risultato finale è l’immagine finita dell’artista, ma infinita nelle possibili riproduzioni virtuali proprie del singolo osservatore che le rielabora e le inserisce nel proprio “film memonico” al limite di un nuovo e possibile spazio antropologico.
Questo Spazio Espositivo e d’Incontro nasce con l’idea di far crescere e diffondere un sano entusiasmo per l'arte contemporanea, attraverso la creazione di eventi, presentazioni di nuovi elaborati artistici, dibattiti, workshops e più in generale di visioni, al fine di diventare territorio dell’anima e catalizzatore delle attenzioni artistiche cittadine, regionali e non solo .
L’inaugurazione dell’AMNESIAC ARTS “HOME GALLERY” si inserisce tematicamente e temporalmente all’interno del convegno organizzato dal CILAP-EAPN Basilicata col fine di favorire lo sviluppo di una strategia Europea per l’inclusione sociale attraverso il ruolo delle organizzazioni del terzo settore e dei partner sociali che avverrà il 20 Febbraio 2004 alle ore 9:00 a Potenza presso Sala Convegni del Museo Provinciale.
La tematica affrontata dal convegno ha contribuito alla scelta dell’artista, HEIRICH GRESBECK e alla presentazione della sua personale curata da Fabiola Naldi.
Segue al presente comunicato stampa il testo critico della personale di Fabiola Naldi e alcune notizie sull’Autore.
L’ESCLUSIONE DEL SUPERFLUO di Fabiola Naldi
Tutto ciò che vediamo è diventato facilmente raggiungibile grazie alla massiccia profusione di informazione visiva che l’attuale cultura mass mediale ha introdotto nella nostra quotidianità. Non occorre più desiderare, bramare qualcosa o qualcuno; oggi occorre solo essere al corrente delle nuove possibilità metalinguistiche interne ai mezzi tecnologici, e subito l’irraggiungibile diventa facilmente ottenibile. Ma se in realtà il nostro principale desiderio fosse quello di non vedere più? Cosa succederebbe se la domanda tanto oscurata dalla persuasione consumistica semplicemente non esistesse, e se il troppo vedere altro non fosse altro che la nostra “pillola di felicità” pronta a quietare la nostra umana insoddisfazione? E’ finito il tempo della pura scoperta, è finito il desiderio di ricostruire il mondo, si è amaramente conclusa l’utopia dell’”immaginazione al potere”, che cosa altro rimane se non la volontà di ricomporre i frammenti della nostra esperienza sensibile quotidiana? Il canadese Marshall McLuhan, profeta della cultura materiale odierna, ha teorizzato, all’interno dell’età elettronica, un’era della “comunicazione istantanea” tramite la quale far confluire i vari media intesi come “sensori” e “modulatori” dei cambiamenti sociali, economici e politici tuttora esistenti. La cultura elettronica conduce a un’attitudine creativa, operativa e sinestetica modulata dall’istantaneità, dalla velocità e dalla progressiva perdita di identità. Sempre McLuhan suggerisce che i mezzi materiali con i quali interagiamo sono così potenti e persuasivi da plasmarci al punto di essere impressi nella nostra “coscienza collettiva” come delle categorie aprioristiche pronte a rimodellare l’intera nostra esperienza sensibile. Ma all’ordine dei fatti attuali che cosa rimane di tutte le immagini che abbiamo amato, odiato, collezionato, fotografato, registrato? Resta, forse, la nostra memoria pronta a “organizzare” un solo raccoglitore virtuale in cui sono inseriti i nostri amori, i nostri fallimenti, i nostri viaggi, le nostre esperienze quotidiane. Un unico grande film intervallato da micro eventi e piccoli aneddoti comuni a molti. Così come l’arte negli ultimi decenni si è progressivamente autoprivata di qualsiasi codice e si è mischiata con la vita, così la nostra precaria bramosia di assaporare un istante, mancato per distrazione o momentaneo disinteresse, è divenuta il potere medianico di tutto ciò che oscilla e che sta sul bordo di una frontiera illimitata.
Heinrich Gresbeck si presta a essere considerato come un’estensione concreta di una memoria personale inglobata e alimentata da un immaginario collettivo, e le sue produzioni video si trasformano in un collegamento diverso con il mondo esterno. L’atteggiamento diffuso dell’eliminazione o dell’esclusione “antropologica” della nostra società cannibale si innesta perfettamente anche nell’attitudine artistica di questo artista. Heinrich Gresbeck sceglie di “vedere” ciò che oramai non si guarda più con la stessa attenzione, e con l’aiuto delle più sofisticate tecnologie opera su di una materia preesistente per modificarla e ripresentarla scarnificata, rimodellata e privata dell’iniziale codice interpretativo. Il procedimento tecnico applicato a un insieme di immagini selezionate a priori dall’artista si sviluppa su di un preciso meccanismo di cancellazione, occultamento e sottolineatura di alcuni frammenti iconografici trasmessi via video. L’operazione effettuata da Gresbeck consiste nell’occultare una porzione dell’immagine (scandito da singoli frame composti da 25 fotogrammi al secondo ciascuno) che, nelle mani di questo chirurgo visivo, si comporta come una singola statica fotografia.
Non esiste la possibilità di automatizzare il procedimento: tutto resta manuale, dalla scelta del prodotto iniziale (nel caso del video SERAPHIM, l’immagine dello skin head Edward Norton è desunta dalla pellicola americana “American History X” di Tony Kaye), al processo tecnico privo di metodo o filtri, fino alla ricomposizione video ornata di sonori estranianti e inquietanti. In "L'arte come artificio” ("I Formalisti Russi” a cura di T.Todorov, Einaudi, 1968) Sklovskij parla di “ostranenie” ovvero una "accentuazione di un elemento del testo allo scopo di suscitarne la percezione non secondo le solite associazioni, ma come qualcosa di insolito mai incontrato prima". L’insolita ricezione di una nuova forma visiva priva di riferimenti è amplificata dall’audio dei due video utilizzato non come semplice sottofondo musicale ma come precisa valenza concettuale inscindibile dal prodotto finale. La scelta di una ouverture ripetitiva, ossessionante, ritmica e ipnotica degli Einstürzende Neubauten (dall’album “Tabula Rasa”) per SERAPHIM funziona come atto disturbatorio aggiunto, scelto come intenzionale violazione di un ordine precostituito volto ad ottenere un effetto alienante. Per il video WO BIST DU? l’immagine iniziale (un bambino che chiede l’elemosina sul bordo di una qualsiasi strada metropolitana) è tratta da un promotional video “the Host of Seraphim” del 1993 del gruppo musicale Dead can Dance mai uscito sul mercato e i rumori che lo accompagnano sono stati registrati a New York dallo stesso artista nel 1998. nel video “Memoria di una testa tagliata” Gresbeck recupera l’esclusione privata recuperando un singolo momento di vita comune per, deliberatamente, evidenziarne gli aspetti meno evidenti. L’esclusione negativa operata dai pressanti obblighi sociali, in questo caso trascende ogni violenta conseguenza, capovolgendo il senso iniziale. Cadono gli orpelli del linguaggio, le didascalie informative e il troppo parlato per lasciare il posto all’impatto visivo del prodotto che viene isolato, liberato dal contesto ed evidenziato dall’intromissione della cancellazione. Il prodotto è un’insieme di immagini definite, fredde e imperative interpretate come il prolungamento o l’ampliamento di un importante funzione dell’IO distintivo di partenza, stimolato dal bombardamento visivo operato dai media. Heinrich Gresbeck opera non solo sulla singola immagine preconfezionata e finalizzata a una funzione visiva precisa (il film d’epoca, la pellicola cult, il video amatoriale) ma molto più profondamente su ciò che Pierre Lévy chiama l’intelligenza collettiva, ovvero il prodotto del sapere comune nell’istante in cui la memoria individuale è messa a disposizione della società attraverso l’interazione. Lo scambio interculturale oramai assimilato, che le nuove tecnologie consentono di mettere in atto, si è trasformato in inventiva estetica multidimensionale e multisensuale. La rimaterializzazione della singola immagine si plasma vorticosamente davanti agli occhi del fruitore che, stimolato dalla persuasione visiva e sonora indotta dal prodotto artistico, si “connette” all’immaginario comune da cui si sono prelevate le singole osservazioni. Davanti alla “certezza” della visione si innesca a sua volta una interazione aggiunta, una meta comunicazione fra i singoli partecipanti che produce un’ulteriore tipologia di esperienza. Derrick De Kerckhove parla di intelligenza connettiva che non solo nasce dalla prima teorizzata da Lévy ma ne è la costola ed è, a sua volta, contenuta in essa. L'intelligenza connettiva, come la intende De Kerckhove, è “la pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all'interno del tempo reale di un'esperienza”. Se una è la teoria, l'altra è la pratica, e la sua applicazione va di pari passo con la realizzazione di un qualcosa. Il risultato finale è l’immagine finita dell’artista, ma infinita nelle possibili riproduzioni virtuali proprie del singolo osservatore che le rielabora e le inserisce nel proprio “film memonico” al limite di un nuovo e possibile spazio antropologico.
21
febbraio 2004
Heinrich Gresbeck
Dal 21 febbraio al 21 marzo 2004
arte contemporanea
Location
AMNESIAC ARTS – HOME GALLERY
Potenza, Corso XVIII Agosto 1860, 36, (Potenza)
Potenza, Corso XVIII Agosto 1860, 36, (Potenza)
Vernissage
21 Febbraio 2004, ore 19:30