Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Un secolo di sport in fotografia
Un secolo di sport in fotografia è una mostra storica, ma non solo, se si pensa a che cosa significa storia per lo sport, mentre interseca tutti i piani della società stessa della quale esso rappresenta un aspetto tra i più poliedrici.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Quando, cento anni fa, Blériot non aveva ancora attraversato la Manica, né Roland Garros il Mediterraneo, né, per la verità, nessun aereo aveva mai volato, il primo grande pugile, Jack Johnson abbatteva tutti gli avversari che passavano alla sua portata. Ma nel 1911, il colosso dal cranio lucido venne invitato ad allontanarsi dal territorio americano perché era nero e perché, a dispetto del Man Act, aveva avuto la tracotanza di parlare a una donna bianca.
Non soltanto la società è cambiata, con essa lo sport stesso è mutato sino a rispondere a codici e a linguaggi completamente nuovi: l'ingegnosità dei competitori, degli allenatori e degli organizzatori ha fatto nascere il cambio con le marce, la gare in notturna, la dietetica, il Tartan, le scarpe a punta, gli agenti, l'aerodinamica, la fibra di carbonio, i diritti televisivi, il GPS e mille altre diavolerie. Certo, la maggior parte delle federazioni sono centenarie, ma né il Tour de France, né la Coppa del Mondo di calcio, né, a maggior ragione, tutte le Coppe d'Europa, vittorie e trofei che ormai intasano i nostri calendari, possono rivendicare quest'età.
Quali rapporti si possono in effetti tracciare tra i pionieri di un tempo e i loro così lontani parenti, plutocrati sbalorditivi, i cui averi finanziari rasentano l'indecenza e le pretese audiovisive risultano altrettanto esasperanti? Nessuno, sicuramente. O forse resta la speranza che l'uomo sia partito dalla profondità di se stesso credendo che la propria stessa esistenza non potesse essere fatta che di progressi e di conquiste.
I 'campioni del secolo' selezionati e celebrati da L'Equipe in Un secolo di sport in fotografia hanno questo in comune: essi hanno tutti partecipato (e partecipano) al movimento perpetuo delle idee e dei muscoli verso un obbiettivo sempre più alto. Si pensi a Borg, infaticabile stacanovista; a Merckx, conquistatore mai appagato; a Heiden, a Spitz, a Killy, a Nicklaus o a Gretzky, che sempre spinsero un po' più lontano il traguardo delle loro imprese. I più bravi 'campioni del secolo' ci hanno insegnato questo: che niente è mai acquisito e che esiste un mezzo per contraddire l'impensabile.
I 'campioni del secolo' sono carichi d'oro, ma il loro principale merito è forse quello di elevare sempre più in alto la loro condizione di eccezione, di far valere la loro la originalità e la loro immaginazione e di offrire a quelli che li amano un'ulteriore speranza. Un regalo che non si calcola né in secondi, né in traguardi, ma che per sempre, segna quelli che hanno avuto il privilegio di gustarlo. E' evidentemente il caso di Keino, ispirato dal continente africano, di Ienglen o della Novratillova, che hanno operato come nessuno partecipando all'emancipazione della donna; di Lougonis o della Comaneci che hanno trasformato in arte degli esercizi ginnici; di Hillary o di Taborly, umili e celebri insieme, i cui esempi sorpassano tutte le lezioni di morale del mondo, ed hanno imposto la cultura nera in primo piano sulla scena.
Lo sport non è un affare di cronometri, di tabelloni dei punteggi o di foto-finish. E' anche portatore di emozione, di estetica, di valori e di ideali.
Un secolo di sport in fotografia allora rappresenta proprio questo: uno spaccato della nostra vita attraverso lo sport; novanta gigantografie che ripercorrono i momenti più salienti e toccanti, che ripropongono i volti di personaggi ricordati, non soltanto per i risultati conseguiti, ma per ciò che hanno rappresentato per l'immaginario collettivo lungo tutto l'arco di un secolo.
Non soltanto la società è cambiata, con essa lo sport stesso è mutato sino a rispondere a codici e a linguaggi completamente nuovi: l'ingegnosità dei competitori, degli allenatori e degli organizzatori ha fatto nascere il cambio con le marce, la gare in notturna, la dietetica, il Tartan, le scarpe a punta, gli agenti, l'aerodinamica, la fibra di carbonio, i diritti televisivi, il GPS e mille altre diavolerie. Certo, la maggior parte delle federazioni sono centenarie, ma né il Tour de France, né la Coppa del Mondo di calcio, né, a maggior ragione, tutte le Coppe d'Europa, vittorie e trofei che ormai intasano i nostri calendari, possono rivendicare quest'età.
Quali rapporti si possono in effetti tracciare tra i pionieri di un tempo e i loro così lontani parenti, plutocrati sbalorditivi, i cui averi finanziari rasentano l'indecenza e le pretese audiovisive risultano altrettanto esasperanti? Nessuno, sicuramente. O forse resta la speranza che l'uomo sia partito dalla profondità di se stesso credendo che la propria stessa esistenza non potesse essere fatta che di progressi e di conquiste.
I 'campioni del secolo' selezionati e celebrati da L'Equipe in Un secolo di sport in fotografia hanno questo in comune: essi hanno tutti partecipato (e partecipano) al movimento perpetuo delle idee e dei muscoli verso un obbiettivo sempre più alto. Si pensi a Borg, infaticabile stacanovista; a Merckx, conquistatore mai appagato; a Heiden, a Spitz, a Killy, a Nicklaus o a Gretzky, che sempre spinsero un po' più lontano il traguardo delle loro imprese. I più bravi 'campioni del secolo' ci hanno insegnato questo: che niente è mai acquisito e che esiste un mezzo per contraddire l'impensabile.
I 'campioni del secolo' sono carichi d'oro, ma il loro principale merito è forse quello di elevare sempre più in alto la loro condizione di eccezione, di far valere la loro la originalità e la loro immaginazione e di offrire a quelli che li amano un'ulteriore speranza. Un regalo che non si calcola né in secondi, né in traguardi, ma che per sempre, segna quelli che hanno avuto il privilegio di gustarlo. E' evidentemente il caso di Keino, ispirato dal continente africano, di Ienglen o della Novratillova, che hanno operato come nessuno partecipando all'emancipazione della donna; di Lougonis o della Comaneci che hanno trasformato in arte degli esercizi ginnici; di Hillary o di Taborly, umili e celebri insieme, i cui esempi sorpassano tutte le lezioni di morale del mondo, ed hanno imposto la cultura nera in primo piano sulla scena.
Lo sport non è un affare di cronometri, di tabelloni dei punteggi o di foto-finish. E' anche portatore di emozione, di estetica, di valori e di ideali.
Un secolo di sport in fotografia allora rappresenta proprio questo: uno spaccato della nostra vita attraverso lo sport; novanta gigantografie che ripercorrono i momenti più salienti e toccanti, che ripropongono i volti di personaggi ricordati, non soltanto per i risultati conseguiti, ma per ciò che hanno rappresentato per l'immaginario collettivo lungo tutto l'arco di un secolo.
19
febbraio 2004
Un secolo di sport in fotografia
Dal 19 febbraio al 24 maggio 2004
fotografia
Location
MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI
Torino, Via Giovanni Giolitti, 36, (Torino)
Torino, Via Giovanni Giolitti, 36, (Torino)