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Centenario della nascita di Attilio Alfieri ed Edgardo Mannucci
Attilio Alfieri ed Edgardo Mannucci, due artisti marchigiani, un pittore e uno scultore, uniti dal centenario della nascita. Li celebra la Provincia di Ancona, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con due mostre a loro dedicate presso la Mole Vanvitelliana.
Comunicato stampa
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Due personalità, così diverse, unite anche, oltre dall’occasionalità dell’anno di nascita, da un destino comune di anticipatori di stili e di grammatiche espressive.
Attilio Alfieri (Loreto 1904/Milano 1992) si trasferisce giovane a Milano. È un artista ambivalente che oscilla tra la pittura di cavalletto e l’arte applicata alla pubblicità, trovando, paradossalmente, in quest’ultima una maggiore espressione di originalità.
Per la pittura tradizionale Alfieri è debitore alle correnti del Novecento, del Chiarismo e del paesaggismo lombardo. Svolge fin dagli anni ’30 intense ricerche nell’ambito del paesaggio e della figura, attirando anche l’interesse della critica più autorevole del tempo (Persico, Giolli, Carrà).
Ma è nella cartellonistica pubblicitaria che Alfieri sperimenta più arditamente, applicando nuove soluzioni compositive e le tecniche più avanzate. L’intuito lo porta a precorrere in modo non consapevole - con un anticipo a volte anche di un ventennio – correnti come la pop-Art di Rauschenberg in cui collages ritagliati dalle riviste illustrate dell’epoca si mescolano ad interventi di natura pittorica; le forme astratto-organiche vagamente ameboidi di Arp, Mirò, Gorky, Matta, su una linea surrealista allora del tutto sconosciuta nel proprio ambiente culturale; e infine l’informale materico, applicato però alla rappresentazione di nature morte tradizionali.
Edgardo Mannucci (Fabriano 1904/Arcevia 1986) può essere considerato uno dei più autorevoli esponenti dell’Informale plastico europeo, collocandosi all’interno di questa corrente tra l’indirizzo materico e quello gestuale. Visse e lavorò a Roma dove frequentò importanti artisti dell’epoca quali Afro, Balla, Bontempelli, Burri, Cagli, Capogrossi, Colla, Libero De Libero, Mirko e Prampolini, di alcuni dei quali, i più giovani, può essere considerato il maestro.
Dopo gli esordi figurativi sotto la guida di Quirino Ruggeri, un altro artista marchigiano vicino alle poetiche di Novecento, Mannucci viene attratto dalle possibilità della materia di esprimere emozioni profonde. Lo scultore, con azione demiurgica, libera il materiale grezzo e grumoso dalla sua gravità mediante il movimento, cosicché l’energia imprigionata nella materia si svincola trasformandosi in moto. Il tutto con grande potenza espressiva e con assoluta originalità lessicale, pur ricondotta nell’ambito di quell’informalismo materico-gestuale che vede in lui un antesignano.
Alla fine della sua vita Mannucci recupera un certo modello di classicità ed equilibrio e, dalle forme guizzanti nello spazio, in fuga lungo veloci vettori rettilinei o spiralici, sempre aperti, si converte alla forma chiusa della circolarità, archetipo della perfezione e della misura.
Attilio Alfieri (Loreto 1904/Milano 1992) si trasferisce giovane a Milano. È un artista ambivalente che oscilla tra la pittura di cavalletto e l’arte applicata alla pubblicità, trovando, paradossalmente, in quest’ultima una maggiore espressione di originalità.
Per la pittura tradizionale Alfieri è debitore alle correnti del Novecento, del Chiarismo e del paesaggismo lombardo. Svolge fin dagli anni ’30 intense ricerche nell’ambito del paesaggio e della figura, attirando anche l’interesse della critica più autorevole del tempo (Persico, Giolli, Carrà).
Ma è nella cartellonistica pubblicitaria che Alfieri sperimenta più arditamente, applicando nuove soluzioni compositive e le tecniche più avanzate. L’intuito lo porta a precorrere in modo non consapevole - con un anticipo a volte anche di un ventennio – correnti come la pop-Art di Rauschenberg in cui collages ritagliati dalle riviste illustrate dell’epoca si mescolano ad interventi di natura pittorica; le forme astratto-organiche vagamente ameboidi di Arp, Mirò, Gorky, Matta, su una linea surrealista allora del tutto sconosciuta nel proprio ambiente culturale; e infine l’informale materico, applicato però alla rappresentazione di nature morte tradizionali.
Edgardo Mannucci (Fabriano 1904/Arcevia 1986) può essere considerato uno dei più autorevoli esponenti dell’Informale plastico europeo, collocandosi all’interno di questa corrente tra l’indirizzo materico e quello gestuale. Visse e lavorò a Roma dove frequentò importanti artisti dell’epoca quali Afro, Balla, Bontempelli, Burri, Cagli, Capogrossi, Colla, Libero De Libero, Mirko e Prampolini, di alcuni dei quali, i più giovani, può essere considerato il maestro.
Dopo gli esordi figurativi sotto la guida di Quirino Ruggeri, un altro artista marchigiano vicino alle poetiche di Novecento, Mannucci viene attratto dalle possibilità della materia di esprimere emozioni profonde. Lo scultore, con azione demiurgica, libera il materiale grezzo e grumoso dalla sua gravità mediante il movimento, cosicché l’energia imprigionata nella materia si svincola trasformandosi in moto. Il tutto con grande potenza espressiva e con assoluta originalità lessicale, pur ricondotta nell’ambito di quell’informalismo materico-gestuale che vede in lui un antesignano.
Alla fine della sua vita Mannucci recupera un certo modello di classicità ed equilibrio e, dalle forme guizzanti nello spazio, in fuga lungo veloci vettori rettilinei o spiralici, sempre aperti, si converte alla forma chiusa della circolarità, archetipo della perfezione e della misura.
04
settembre 2004
Centenario della nascita di Attilio Alfieri ed Edgardo Mannucci
Dal 04 settembre al 12 dicembre 2004
arte contemporanea
Location
MOLE VANVITELLIANA
Ancona, Banchina Giovanni Da Chio, 28, (Ancona)
Ancona, Banchina Giovanni Da Chio, 28, (Ancona)
Sito web
www.noicultura.it/home8.html
Curatore