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La Borghesia allo Specchio. Il culto dell’immagine 1860-1920
La mostra vuole dare l’opportunità di capire questo complesso fenomeno sociologico, attraverso l’esame delle molteplici fonti: ritrattistica e pittura di genere, stampe che ne diffondono le immagini, acqueforti, xilografie, litografie, fotografie, bronzetti, incisioni, libri
Comunicato stampa
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Il periodo tra l’Unificazione d’Italia e l’avvento del Fascismo ha corrisposto in Europa all’egemonia della borghesia. Tra i privilegi faticosamente conquistati e che spesso diventavano obblighi si delineava prepotente, per i rampanti del momento, la necessità di plasmare arte e cultura per mettersi in scena. Malato d’insicurezze ma dotato di pragmatismo, questo mondo, assoggettato a regole ferree, che la tirannia del dover apparire impediva spesso di rimettere in discussione, ha creato una nuova cultura visiva.
Committente in grado di sostituirsi alle vecchie temute istituzioni, il borghese è stato scrutato con indulgenza, partecipazione o ferocia da pittori e scultori: spesso “outsiders”, gli artisti erano corteggiati o tollerati secondo quanto potevano essere ritenuti utili.
Il bisogno d’auto-celebrazione che portava i nuovi ricchi a far sfoggio di modi comportamentali ispirati ad un’eleganza aristocratica, ridimensionata ad usum familiae, ha generato non soltanto una certa letteratura ed una ricchissima iconografia pittorica ma, a partire della seconda metà dell’Ottocento, un fenomeno finora non sufficientemente studiato: la diffusione, senza precedenti, dell’immagine, celebrativa di quel mondo mitizzato. Questa diffusione si è resa possibile grazie allo sviluppo d’innovative tecniche di riproduzione: attraverso le incisioni, le stampe che riproducevano i dipinti, i manifesti, la fotografia ed infine il cinema, i modi di vita che erano stati appannaggio di pochi entravano a fare parte dell’inconscio collettivo.
In questa rivoluzione del costume e dell’arte, l’Italia è stata protagonista.
La borghesia italiana, sempre più stratificata, è stata partecipe con lo scorrere dei decenni dell’evoluzione sociale internazionale. Lo sviluppo industriale del paese è dipeso da un’immigrazione imprenditoriale, francese all’inizio e poi svizzera, inglese e tedesca, dopo che la politica protezionista dei governi liberali aveva forzato il rientro in patria dei capitali dei primi. Parigi e Londra erano gli epicentri del nuovo mondo: in queste due piazze in cui si giocavano le sorti del mercato internazionale dell’arte contemporanea, i pittori italiani erano egregiamente rappresentati e contribuivano a creare stili di rappresentazione che diventavano legge. Di conseguenza le classi borghesi italiane hanno partecipato da spettatrici o da protagoniste a quest’universalizzarsi dei modi di vita dell’alta società europea, a causa sia della presenza imprenditoriale straniera sul territorio nazionale, sia di quella, stagionale, dei potenti del momento che confluivano nelle stazioni balneari o termali della penisola. Esistevano vere e proprie colonie di raffinati cultori del Bel Paese come quella che, prima del crack del 1880, soggiornava sul Lago Maggiore. A Ghiffa, durante gli anni settanta, la villa del principe Troubetzkoy, padre dello scultore Paolo e del noto ritrattista Pierre, era polo d’attrazione per l’alta borghesia e aristocrazia internazionale e punto di ritrovo per gli Scapigliati lombardi, capitanati da Daniele Ranzoni. Sentimentalmente legato alla moglie del principe, una cantante lirica americana, il Ranzoni ha immortalato quel piccolo mondo, che ha reso quasi proustiano nei suoi elegiaci ritratti, i cui fasti non dovevano resistere oltre il suo ritorno d’Inghilterra (1882). Momento magico per la scapigliatura, il decennio degli anni ’70 corrisponde alla stagione migliore della permanenza di De Nittis a Parigi e al soggiorno londinese (1871-1882) di James Tissot, uno dei più geniali creatori d’immagini della vita borghese e del “demi-monde”.
La mostra vuole dare l’opportunità di capire questo complesso fenomeno sociologico, attraverso l’esame delle molteplici fonti: ritrattistica e pittura di genere, stampe che ne diffondono le immagini, acqueforti, xilografie, litografie, fotografie, bronzetti, incisioni, libri.
La scelta delle opere, prevalentemente italiane e in certi casi inedite, è giocata sul confronto con la grande pittura europea (Bouguereau, Zuloaga, Tissot, Stevens, Valotton, Bonnard), resa possibile grazie alla generosa partecipazione dei musei nazionali francesi (il Musèe d’Orsay i Musei di Belle Arti di Lione, Nancy, Bordeaux, Campiègnes, Besançon e Nantes). La rassegna segue criteri iconografici e si sviluppa per soggetti: ritratti, intimisti e di società, interni borghesi con figure, bambini (i giochi, al parco, la lezione, dalla balia, ecc), scene intimiste, spettacoli e luoghi pubblici, la domesticità, i ricevimenti, i salons, i concerti privati, gli sports, i luoghi di villeggiatura, le cerimonie religiose.
Un’esposizione incentrata sulle espressioni italiane con un indispensabile confronto con l’iconografia europea, grazie alla partecipazione d’alcuni musei e collezionisti francesi. Significativa è la collaborazione con il Museo Goupil di Bordeaux con il prestito di 69 stampe. E’ stata infatti la Maison Goupil, avvalendosi dell’ingegno di un ingegnere italiano, Michele Manzi, a sviluppare quelle innovative tecniche di stampa fotomeccanica che hanno permesso la diffusione, su larga scala, di riproduzioni d’innegabile fascino e lo sviluppo di un gusto che va dall’eleganza al “kitsch”. Goupil & Cie non era soltanto una galleria dedita al commercio di dipinti ed oggetti d’arte; era soprattutto una casa editrice, alla cui politica editoriale si deve quell’interessante cambiamento nel modo di concepire l’opera d’arte, ovvero la trasformazione del dipinto in immagine. Un’intera sala è dedicata alle loro “photogravures” e stampe. Da questa presentazione, realizzata per la prima volta in Italia, si potrà capire come, a partire del Secondo Impero, il dipinto di genere sia esistito, quasi esclusivamente, per essere riprodotto.
Committente in grado di sostituirsi alle vecchie temute istituzioni, il borghese è stato scrutato con indulgenza, partecipazione o ferocia da pittori e scultori: spesso “outsiders”, gli artisti erano corteggiati o tollerati secondo quanto potevano essere ritenuti utili.
Il bisogno d’auto-celebrazione che portava i nuovi ricchi a far sfoggio di modi comportamentali ispirati ad un’eleganza aristocratica, ridimensionata ad usum familiae, ha generato non soltanto una certa letteratura ed una ricchissima iconografia pittorica ma, a partire della seconda metà dell’Ottocento, un fenomeno finora non sufficientemente studiato: la diffusione, senza precedenti, dell’immagine, celebrativa di quel mondo mitizzato. Questa diffusione si è resa possibile grazie allo sviluppo d’innovative tecniche di riproduzione: attraverso le incisioni, le stampe che riproducevano i dipinti, i manifesti, la fotografia ed infine il cinema, i modi di vita che erano stati appannaggio di pochi entravano a fare parte dell’inconscio collettivo.
In questa rivoluzione del costume e dell’arte, l’Italia è stata protagonista.
La borghesia italiana, sempre più stratificata, è stata partecipe con lo scorrere dei decenni dell’evoluzione sociale internazionale. Lo sviluppo industriale del paese è dipeso da un’immigrazione imprenditoriale, francese all’inizio e poi svizzera, inglese e tedesca, dopo che la politica protezionista dei governi liberali aveva forzato il rientro in patria dei capitali dei primi. Parigi e Londra erano gli epicentri del nuovo mondo: in queste due piazze in cui si giocavano le sorti del mercato internazionale dell’arte contemporanea, i pittori italiani erano egregiamente rappresentati e contribuivano a creare stili di rappresentazione che diventavano legge. Di conseguenza le classi borghesi italiane hanno partecipato da spettatrici o da protagoniste a quest’universalizzarsi dei modi di vita dell’alta società europea, a causa sia della presenza imprenditoriale straniera sul territorio nazionale, sia di quella, stagionale, dei potenti del momento che confluivano nelle stazioni balneari o termali della penisola. Esistevano vere e proprie colonie di raffinati cultori del Bel Paese come quella che, prima del crack del 1880, soggiornava sul Lago Maggiore. A Ghiffa, durante gli anni settanta, la villa del principe Troubetzkoy, padre dello scultore Paolo e del noto ritrattista Pierre, era polo d’attrazione per l’alta borghesia e aristocrazia internazionale e punto di ritrovo per gli Scapigliati lombardi, capitanati da Daniele Ranzoni. Sentimentalmente legato alla moglie del principe, una cantante lirica americana, il Ranzoni ha immortalato quel piccolo mondo, che ha reso quasi proustiano nei suoi elegiaci ritratti, i cui fasti non dovevano resistere oltre il suo ritorno d’Inghilterra (1882). Momento magico per la scapigliatura, il decennio degli anni ’70 corrisponde alla stagione migliore della permanenza di De Nittis a Parigi e al soggiorno londinese (1871-1882) di James Tissot, uno dei più geniali creatori d’immagini della vita borghese e del “demi-monde”.
La mostra vuole dare l’opportunità di capire questo complesso fenomeno sociologico, attraverso l’esame delle molteplici fonti: ritrattistica e pittura di genere, stampe che ne diffondono le immagini, acqueforti, xilografie, litografie, fotografie, bronzetti, incisioni, libri.
La scelta delle opere, prevalentemente italiane e in certi casi inedite, è giocata sul confronto con la grande pittura europea (Bouguereau, Zuloaga, Tissot, Stevens, Valotton, Bonnard), resa possibile grazie alla generosa partecipazione dei musei nazionali francesi (il Musèe d’Orsay i Musei di Belle Arti di Lione, Nancy, Bordeaux, Campiègnes, Besançon e Nantes). La rassegna segue criteri iconografici e si sviluppa per soggetti: ritratti, intimisti e di società, interni borghesi con figure, bambini (i giochi, al parco, la lezione, dalla balia, ecc), scene intimiste, spettacoli e luoghi pubblici, la domesticità, i ricevimenti, i salons, i concerti privati, gli sports, i luoghi di villeggiatura, le cerimonie religiose.
Un’esposizione incentrata sulle espressioni italiane con un indispensabile confronto con l’iconografia europea, grazie alla partecipazione d’alcuni musei e collezionisti francesi. Significativa è la collaborazione con il Museo Goupil di Bordeaux con il prestito di 69 stampe. E’ stata infatti la Maison Goupil, avvalendosi dell’ingegno di un ingegnere italiano, Michele Manzi, a sviluppare quelle innovative tecniche di stampa fotomeccanica che hanno permesso la diffusione, su larga scala, di riproduzioni d’innegabile fascino e lo sviluppo di un gusto che va dall’eleganza al “kitsch”. Goupil & Cie non era soltanto una galleria dedita al commercio di dipinti ed oggetti d’arte; era soprattutto una casa editrice, alla cui politica editoriale si deve quell’interessante cambiamento nel modo di concepire l’opera d’arte, ovvero la trasformazione del dipinto in immagine. Un’intera sala è dedicata alle loro “photogravures” e stampe. Da questa presentazione, realizzata per la prima volta in Italia, si potrà capire come, a partire del Secondo Impero, il dipinto di genere sia esistito, quasi esclusivamente, per essere riprodotto.
25
marzo 2004
La Borghesia allo Specchio. Il culto dell’immagine 1860-1920
Dal 25 marzo al 27 giugno 2004
arte moderna
Location
PALAZZO CAVOUR
Torino, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 8, (Torino)
Torino, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 8, (Torino)
Biglietti
€ 6.20 intero - € 4.20 ridotto - € 2.50 ridotto speciale
Orario di apertura
martedì – domenica ore 10.00-19.30 / giovedì ore 10.00-22.00. Chiuso lunedì