10 dicembre 2014

Fino al 31.XII.2014 Rodolfo Aricò, Uno sguardo senza soggezione Galleria Lorenzelli e Arte Invernizzi, Milano

 
Una personale diffusa, in due diverse gallerie milanesi

di

Rodolfo Aricò, ha manifestato interesse verso l’architettura dagli anni’ 50, quando si inscrive alla Facoltà di Architettura al Politecnico dopo aver frequentato il Liceo artistico a Brera, con una mostra antologica ospitata nella Galleria Lorenzelli (fino al 31 dicembre) e A. Arte Invernizzi (fino al 28 gennaio). 
L’artista milanese, scomparso nel 2002, dagli esordi negli anni sessanta fino agli ultimi lavori, è di una coerenza formale e poetica senza tempo, maturata in relazione alle ricerche intorno all’eredità spazialista di Lucio Fontana e Azimuth di Manzoni e Castellani, in linea con le tendenze minimaliste e di riduzione espressiva internazionali. Il percorso espositivo è concepito come una mostra unitaria, intitolata “Uno sguardo senza soggezione” che rivela la sua vocazione e l’attitudine costruttiva – architettonica, ambientale attraverso forme asimmetriche di grandi dimensioni in bilico tra pittura e scultura,volume e immagine. Si consiglia di iniziare l’investigazione analitica delle sue potenzialità spazialiste–liriche, dalla Galleria Lorenzelli, dove sono esposte opere dagli anni ’60 agli anni’ 90, quando prendono forma Loud (1965/66), un capolavoro di equilibri precari tra pop e minimalismo che affascinerebbe Frank Stella, come la grande opera ambientale Strutture assometriche (per Danny n.1) e Strutture, entrambe del’68, incastro equilibrato tra volumi bianchi e verdi, in cui geometria e monocromo visualizzano costruzioni, proporzioni spaziali possibili legate a forme primarie e alla ricerche di dimensioni cromatiche esemplificate da soluzioni dalla prospettiva incerta solo apparentemente statica. 
Tolgono il fiato e sembrano sfondare la parete verso porzioni di spazio “altro” e ambiguo, le opere Prospettiva per Paolo Uccello (1970), blu come il colore dell’infinito secondo Klein, e l’indimenticabile Arco A (1970), della stessa intensità cromatica indefinibile, che grazie al raffinato allestimento a cura di Matteo Lorenzelli, trasudano di classicità, nella prima sala dell’algida e minimalista della galleria rigorosamente bianca, e visualizzano riflessioni formali e profondità cromatiche sul ruolo dello spazio e della luce nelle arti visive nella cultura umanistica e rinascimentale.
Rodolfo Aricò, Uno sguardo senza soggezione, vista della mostra
Nella seconda sala si entra nel vivo delle sue indagini architettoniche post-costruttiviste con i Blues (1972), di una tonalità che evoca i cieli di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, e altre opere dentro, intorno e oltre il blu di Aricò che negli anni ‘90 giunge a soluzioni più articolate che mettono insieme scultura e pittura, dimensioni dal linguaggio cromatiche sempre più lirico ed emotivo. All’artista interessa uno spazio misurabile, movimenti ottici luminosi, strutture modulari e in progressione in movimento di una monumentalità spiritualista-ascetica, una simbiosi  tra oggetto e immagine. Nella galleria A. Arte Invernizzi  sono esposte Senza Titolo (1967), Arco B (1970), bianco e non blu come il primo, perfetto nella grande sala della galleria Lorenzelli, qui in una stanza troppo piccola che sacrifica la  monumentalità dell’opera. È imperdibile Area/Prospettiva (1972), esposta nella  personale del 1974 a Pazzo Grassi a Venezia, in cui  l’archetipo geometrico originario diviene sequenza e visualizza un insieme strutturalmente unitario. Di Aricò qui si scoprono  le opere degli anni ’80, quelle della svolta, solo apparentemente incoerenti, come Cenere (1987) e altre che esplorano potenzialità espressive, più che della geometria, del colore, che materializzano spazi mentali–emozionali. In questi anni le forme mutano, modificano l’intento prospettico dall’aura umanistica e si dilatano intorno a visualizzazioni  possibili  di “immanenza”, dell’attesa della costruzione dagli spazi più esistenzialisti, che cercano una connessione  tra singolo, individuo e cosmo  verso un linguaggio cromatico sempre astratto, lirico, alla ricerca di punti  di  fuga dall’assoluto, che è molteplice e irregolare. 
Nel piano interrato sfilano le opere degli anni  Novanta, quali Circumflex ed Aspro (del 1991), e lavori  dalla sagomatura geometrica irregolare dei telai, animata da pittura segnica  vibrante e da imprevedibili trasgressioni spaziali. Se  negli anni sessanta  della sua produzione, il telaio aveva un ruolo strutturante-volumetrico, qui subentra il colore al segno, alla pittura accesa da luminose cromie, modulazioni tonali graffiate, in cui articolazioni di piani, di angoli smussati, aprono riflessioni sulle “zone d’ombra” dell’uomo, dalle tensioni immobili e  attive con segni  fragili ma incisivi , dal pathos drammatico.
In occasione della mostra antologica verrà pubblicata una monografia bilingue a cura di Luca Massimo Barbero. 
Jacqueline Ceresoli
Fino al 31 dicembre 2014
Lorenzelli Arte, 
Milano 20124 corso  Buenos Aires , 2 .
Orario: martedì –sabato , ore 10/13 – 15/19 
Info: federica@lorenzelliarte.com www.lorenzelliarte.com 
ufficio stampa eventiecomunicazione@gmail.com Emanuela Filippi

Fino al 28 gennaio 2015
A Arte Invernizzi
Milano 20124 via Domenico Scarlatti 12. 
Orario: da lunedì a  venerdì 10-13 -15-19 , sabato su appuntamento
info@aarteinvernizzi.it , www.arteinvernizzi.it 

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