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Viaggiatori dell’assoluto
un’importante collezione privata comprendente dipinti, sculture, disegni ed incisioni di vari artisti boemi di inizio Novecento – da Preisler a Kupka, da Švabinský a Schikaneder – che ci introduce al mondo della Secese praghese, tra avanguardia e tradizione, letterarietà e folklore
Comunicato stampa
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La mostra, già presentata a Villa Pacchiani di Santa Croce sull’Arno nello scorso mese di ottobre è corredata da un ampio catalogo a cura di Eugenio Cecioni, Emanuele Bardazzi e Donatella Cingottini. Essa presenta una significativa selezione dalla raccolta privata di Rosario Pintaudi, noto papirologo fiorentino, legato a Praga da frequenti soggiorni per motivi di studio. Profondamente attratto dalla grafica boema del primo Novecento, Pintaudi ha costituito negli anni un fondo di opere su carta unico in Italia, messo insieme non tanto adottando il principio programmatico della omogeneità, quanto piuttosto della scelta personale di gusto e della curiosità, assecondando un destino che lo ha condotto incontro ad alcune personalità a lungo ingiustamente dimenticate, primo tra tutti Jan Konůpek, oggi oggetto di attenta e vivace riscoperta nel loro paese.
Detta raccolta non si propone quindi lo scopo di documentare le varie tendenze che fecero di Praga uno dei centri artistici europei più attivi dei primi decenni del Novecento, tuttavia vi si trovano presenze significative di autori, maggiori e minori (Mucha, Preisler, Preissig, Švabinský ecc.) che operarono soprattutto nei primi anni del secolo, offrendo così una campionatura varia ed utile a qualificare gli anni della cosiddetta Secessione, o Art Nouveau ceca; ad essa si aggiungono episodi che si addentrano anche nel periodo compreso tra le due guerre, caratterizzato da forti correnti d’avanguardia, ma anche da una produzione figurativa più tradizionale.
Il consistente numero di opere di Jan Konůpek - il fondo più ricco che si conosca in collezione privata - consente invece un excursus esaustivo nella produzione di un artista dalle singolari doti espressive, la cui intensa attività abbraccia grosso modo un quarantennio, dall’inizio del secolo fino agli anni del secondo conflitto mondiale.
A fianco di Konůpek la raccolta offre inoltre la possibilità di presentare un gruppo di personalità artistiche a lui più vicine - sia per l’analogo utilizzo della grafica come mezzo privilegiato di espressione, sia per l’appartenenza ad un comune circuito di affinità elettive, artistiche e letterarie - utili anche per ripercorrere la breve ma significativa esperienza di Sursum, una delle vicende più singolari dell’arte ceca allo scoccare del primo decennio, svoltasi nel momento di transizione in cui, mentre si affermavano con impatto decisivo i linguaggi dell’avanguardia di linea francofila e le affiliazioni alle tendenze espressioniste e cubiste, si consumava in parallelo l’agonia silenziosa del Simbolismo, sotto forma di travagliata e struggente ricerca psichica e formale.
La scelta di artisti come Bílek, Adámek, Kobliha, Váchal e lo stesso Konůpek, oltre a mettere a fuoco una particolare nicchia dell’arte ceca del primo Novecento, ci consente, in virtù dell’impatto visionario e del fascino evocativo delle loro opere - fluttuanti tra il mistico e il diabolico - di addentrarci nel mito letterario della Praga “magica”, misteriosa e notturna, capitale per antonomasia del sogno e dell’occulto; la Praga di Faust, del Golem, del Vodnik (lo spiritello malingo delle acque), dei vecchi quartieri, quella che vive nelle pagine straordinarie di Rilke, di Leppin, di Meyrink, di Kubín, oppure di Kafka che affermava a proposito del famoso ghetto ebraico, antico e fatiscente cuore urbano, demolito alla fine dell’Ottocento e divenuto immediatamente paesaggio interiore e culto dell’anima per artisti e poeti: “Dentro di noi vivono ancora gli angoli bui, i passaggi misteriosi, le finestre cieche, i sudici cortili, le bettole rumorose e le locande chiuse. Dentro tremiamo ancora, come nelle vecchie strade della miseria... Il vecchio malsano quartiere ebraico dentro di noi è più reale della nuova città igienica intorno a noi. Svegli, camminiamo in un sogno: fantasmi di noi stessi di tempi passati”. Già alla fine dell’Ottocento infatti il passato di Praga, con tutte le sue dicerie ed i suoi fattacci di spettri, era divenuto un crogiolo di storie nelle quali la fantasia si mescolava alla memoria, la realtà alla leggenda, arrivando ad alimentare nel nuovo secolo tanto la letteratura colta che quella popolare, le canzoni da fiera, i teatrini dei baracconi, delle marionette e dei fantocci di cera, i corrieri illustrati, fino ai romanzi e ai racconti surrealisti dell’orrore. Profetizzava infatti il poeta Vitezslav Nezval: “Praga ha i propri misteri. Son certo che verrà un tempo in cui il suo nascosto chiaroscuro romantico sarà il più ardente collaboratore dei poeti”. Aspetto ben evidenziato dalle suggestive e multiformi opere di questa mostra singolare, capace di far riaffiorare i chiaroscuri del magico e cangiante tessuto di Praga che, come scrisse Julius Zeyer in un suo romanzo del 1891: “Era un gran libro di pietra […] da quel punto appariva come una città fantastica che, secondo la luce, cambiava d’aspetto: sotto il sole sembrava un pezzo d’Oriente, nella nebbia una città spettrale, sotto nubi pesanti, squarciate solo da lunghi raggi di pallida luce, appariva come una città tragica”.
Detta raccolta non si propone quindi lo scopo di documentare le varie tendenze che fecero di Praga uno dei centri artistici europei più attivi dei primi decenni del Novecento, tuttavia vi si trovano presenze significative di autori, maggiori e minori (Mucha, Preisler, Preissig, Švabinský ecc.) che operarono soprattutto nei primi anni del secolo, offrendo così una campionatura varia ed utile a qualificare gli anni della cosiddetta Secessione, o Art Nouveau ceca; ad essa si aggiungono episodi che si addentrano anche nel periodo compreso tra le due guerre, caratterizzato da forti correnti d’avanguardia, ma anche da una produzione figurativa più tradizionale.
Il consistente numero di opere di Jan Konůpek - il fondo più ricco che si conosca in collezione privata - consente invece un excursus esaustivo nella produzione di un artista dalle singolari doti espressive, la cui intensa attività abbraccia grosso modo un quarantennio, dall’inizio del secolo fino agli anni del secondo conflitto mondiale.
A fianco di Konůpek la raccolta offre inoltre la possibilità di presentare un gruppo di personalità artistiche a lui più vicine - sia per l’analogo utilizzo della grafica come mezzo privilegiato di espressione, sia per l’appartenenza ad un comune circuito di affinità elettive, artistiche e letterarie - utili anche per ripercorrere la breve ma significativa esperienza di Sursum, una delle vicende più singolari dell’arte ceca allo scoccare del primo decennio, svoltasi nel momento di transizione in cui, mentre si affermavano con impatto decisivo i linguaggi dell’avanguardia di linea francofila e le affiliazioni alle tendenze espressioniste e cubiste, si consumava in parallelo l’agonia silenziosa del Simbolismo, sotto forma di travagliata e struggente ricerca psichica e formale.
La scelta di artisti come Bílek, Adámek, Kobliha, Váchal e lo stesso Konůpek, oltre a mettere a fuoco una particolare nicchia dell’arte ceca del primo Novecento, ci consente, in virtù dell’impatto visionario e del fascino evocativo delle loro opere - fluttuanti tra il mistico e il diabolico - di addentrarci nel mito letterario della Praga “magica”, misteriosa e notturna, capitale per antonomasia del sogno e dell’occulto; la Praga di Faust, del Golem, del Vodnik (lo spiritello malingo delle acque), dei vecchi quartieri, quella che vive nelle pagine straordinarie di Rilke, di Leppin, di Meyrink, di Kubín, oppure di Kafka che affermava a proposito del famoso ghetto ebraico, antico e fatiscente cuore urbano, demolito alla fine dell’Ottocento e divenuto immediatamente paesaggio interiore e culto dell’anima per artisti e poeti: “Dentro di noi vivono ancora gli angoli bui, i passaggi misteriosi, le finestre cieche, i sudici cortili, le bettole rumorose e le locande chiuse. Dentro tremiamo ancora, come nelle vecchie strade della miseria... Il vecchio malsano quartiere ebraico dentro di noi è più reale della nuova città igienica intorno a noi. Svegli, camminiamo in un sogno: fantasmi di noi stessi di tempi passati”. Già alla fine dell’Ottocento infatti il passato di Praga, con tutte le sue dicerie ed i suoi fattacci di spettri, era divenuto un crogiolo di storie nelle quali la fantasia si mescolava alla memoria, la realtà alla leggenda, arrivando ad alimentare nel nuovo secolo tanto la letteratura colta che quella popolare, le canzoni da fiera, i teatrini dei baracconi, delle marionette e dei fantocci di cera, i corrieri illustrati, fino ai romanzi e ai racconti surrealisti dell’orrore. Profetizzava infatti il poeta Vitezslav Nezval: “Praga ha i propri misteri. Son certo che verrà un tempo in cui il suo nascosto chiaroscuro romantico sarà il più ardente collaboratore dei poeti”. Aspetto ben evidenziato dalle suggestive e multiformi opere di questa mostra singolare, capace di far riaffiorare i chiaroscuri del magico e cangiante tessuto di Praga che, come scrisse Julius Zeyer in un suo romanzo del 1891: “Era un gran libro di pietra […] da quel punto appariva come una città fantastica che, secondo la luce, cambiava d’aspetto: sotto il sole sembrava un pezzo d’Oriente, nella nebbia una città spettrale, sotto nubi pesanti, squarciate solo da lunghi raggi di pallida luce, appariva come una città tragica”.
13
dicembre 2003
Viaggiatori dell’assoluto
Dal 13 dicembre 2003 al 31 gennaio 2004
arte moderna e contemporanea
Location
LIBRERIA ANTIQUARIA GONNELLI – GONNELLI CASA D’ASTE
Firenze, Via Fra’ Giovanni Angelico, 49, (Firenze)
Firenze, Via Fra’ Giovanni Angelico, 49, (Firenze)
Vernissage
13 Dicembre 2003, ore 17