Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Quadreria dell’Ottocento
La fortuna della pittura romana della seconda metà dell’Ottocento è stata per lungo tempo caratterizzata dal vistoso scollamento tra il severo giudizio della critica e l’entusiastico accanimento dimostrato dal mondo del collezionismo nel ricercare le vedute e i paesaggi della città e della sua campagna prodotti in qualsiasi fase del secolo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Su due nomi soltanto critica e pubblico si sono sempre trovati d’accordo: quelli di Ippolito Caffi e Nino Costa.
I due artisti, assai diversi ma accomunati dall’altissima qualità e dal respiro internazionale della loro pittura e delle rispettive carriere, sono da tempo divenuti introvabili sul mercato ed assume, pertanto, i connotati dell’evento il consueto appuntamento di Natale della Galleria Ricerca d’Arte con la migliore produzione pittorica italiana dell’Ottocento, quest’anno costruito proprio intorno ad alcune opere di quei due autori di culto e dei loro migliori epigoni.
Il singolare interesse registrato intorno alla figura “dell’ingegnoso prospettico, Signor Ippolito Caffi Veneziano” (1809-1866) e del pittore-patriota Nino Costa (1826-1903) si spiega d’altronde anche alla luce delle loro non comuni personalità di uomini.
Appassiona, in particolare, la vicenda umana ed artistica di Caffi.
Vero virtuoso della scienza prospettica ed ultimo erede di Canaletto, il pittore bellunese ha il merito di aver conferito nuova vitalità alla veduta di tipo canalettiano, grazie all’introduzione di decisive e fantasiose varianti. In questa operazione di rinnovamento risiede il fascino delle sue preziose tele: Caffi è un Canaletto che ha visto Turner e l’avvento del Romanticismo. Le sue città non sono più ritratte nell’abbagliante solarità del mezzodì estivo, cara ai vedutisti settecenteschi, ma imbiancate dalla neve, inghiottite dalla nebbia, incendiate da infuocati tramonti o trasfigurate dalle mille luci delle notti di festa popolare. Non a caso l’opera che lo porta al successo, e che sarà costretto a replicare ben quarantadue volte, è quella che immortala lo struscio del popolo romano nell’ultima notte di Carnevale con il tradizionale moccoletto in mano.
La sua esigenza di documentare la realtà nel suo svolgersi, si parli di un particolare fenomeno atmosferico, delle novità urbanistiche ottocentesche o di un fatto di cronaca, finisce col farne un’eccezionale figura di artista viaggiatore e reporter, pronto a salire su un pallone aerostatico per provare l’emozione di vedere Roma a volo d’uccello o ad unirsi a Garibaldi nelle sue campagne di liberazione. Allo scoppio della Terza Guerra d’Indipendenza correrà a Taranto, ricorrendo agli uffici delle sue amicizie più in vista per ottenere il privilegio dell’imbarco su una nave da guerra. Vuole ritrarre episodi della guerra sul mare, rubare gli effetti di luce di una battaglia notturna. Il 19 giugno 1866 verrà invitato sulla nave ammiraglia della flotta italiana, la corazzata Re d’Italia, con la quale affonderà il giorno dopo nelle acque di Lissa.
Di grande interesse anche la figura di Nino Costa, presente in mostra con un disegno e due splendidi paesaggi risolti, come spesso amava fare, in un elegante formato lungo e stretto.
Ultimo rampollo e pecora nera di una famiglia di industriali papalini, patriota della prima ora, di lui Fattori scriverà: “Se sono divenuto un discreto pittore lo devo a Costa”.
Costa è in effetti l’unico tra gli artisti romani del suo tempo veramente aggiornato sulle novità della pittura europea e finirà, non casualmente, per riscuotere i maggiori successi della sua carriera a Parigi e, soprattutto, a Londra, dove riceve “le onoranze tributate alle personalità in vista, anche straniere, che durante la season si trovino in quella capitale”.
Tra i primi ad entrare a Roma, dopo un periodo di esilio, attraverso la breccia di Porta Pia, dedicherà il resto della sua vita alla battaglia contro l’arte piccolo borghese e ministeriale in voga nella capitale, promuovendo le uniche iniziative originali della vita artistica romana ottocentesca.
Attorno ai dipinti di Costa i curatori della mostra hanno raccolto una selezione di opere firmate dai più significativi seguaci del credo costiano o da personalità a lui in qualche modo vicine.
Il conte Lemmo Rossi Scotti, presente con una delle sue opere più riuscite, il grande olio su tavola Fiore di grano, l’amico Scipione Vannutelli e persino una testimonianza dell’arte del vecchio Charles Coleman, la grande tela Bufali in riposo nella campagna romana, del quale costantemente Costa scrisse di riconoscere “l’artistica paternità”.
Agli appassionati non sfuggirà peraltro la presenza della splendida Ninfa: Pastorale firmata da Giulio Aristide Sartorio nel 1895 e, soprattutto, di La Merca, un bellissimo inedito di Enrico Coleman, il più ricercato tra gli artisti della Campagna romana.
I due artisti, assai diversi ma accomunati dall’altissima qualità e dal respiro internazionale della loro pittura e delle rispettive carriere, sono da tempo divenuti introvabili sul mercato ed assume, pertanto, i connotati dell’evento il consueto appuntamento di Natale della Galleria Ricerca d’Arte con la migliore produzione pittorica italiana dell’Ottocento, quest’anno costruito proprio intorno ad alcune opere di quei due autori di culto e dei loro migliori epigoni.
Il singolare interesse registrato intorno alla figura “dell’ingegnoso prospettico, Signor Ippolito Caffi Veneziano” (1809-1866) e del pittore-patriota Nino Costa (1826-1903) si spiega d’altronde anche alla luce delle loro non comuni personalità di uomini.
Appassiona, in particolare, la vicenda umana ed artistica di Caffi.
Vero virtuoso della scienza prospettica ed ultimo erede di Canaletto, il pittore bellunese ha il merito di aver conferito nuova vitalità alla veduta di tipo canalettiano, grazie all’introduzione di decisive e fantasiose varianti. In questa operazione di rinnovamento risiede il fascino delle sue preziose tele: Caffi è un Canaletto che ha visto Turner e l’avvento del Romanticismo. Le sue città non sono più ritratte nell’abbagliante solarità del mezzodì estivo, cara ai vedutisti settecenteschi, ma imbiancate dalla neve, inghiottite dalla nebbia, incendiate da infuocati tramonti o trasfigurate dalle mille luci delle notti di festa popolare. Non a caso l’opera che lo porta al successo, e che sarà costretto a replicare ben quarantadue volte, è quella che immortala lo struscio del popolo romano nell’ultima notte di Carnevale con il tradizionale moccoletto in mano.
La sua esigenza di documentare la realtà nel suo svolgersi, si parli di un particolare fenomeno atmosferico, delle novità urbanistiche ottocentesche o di un fatto di cronaca, finisce col farne un’eccezionale figura di artista viaggiatore e reporter, pronto a salire su un pallone aerostatico per provare l’emozione di vedere Roma a volo d’uccello o ad unirsi a Garibaldi nelle sue campagne di liberazione. Allo scoppio della Terza Guerra d’Indipendenza correrà a Taranto, ricorrendo agli uffici delle sue amicizie più in vista per ottenere il privilegio dell’imbarco su una nave da guerra. Vuole ritrarre episodi della guerra sul mare, rubare gli effetti di luce di una battaglia notturna. Il 19 giugno 1866 verrà invitato sulla nave ammiraglia della flotta italiana, la corazzata Re d’Italia, con la quale affonderà il giorno dopo nelle acque di Lissa.
Di grande interesse anche la figura di Nino Costa, presente in mostra con un disegno e due splendidi paesaggi risolti, come spesso amava fare, in un elegante formato lungo e stretto.
Ultimo rampollo e pecora nera di una famiglia di industriali papalini, patriota della prima ora, di lui Fattori scriverà: “Se sono divenuto un discreto pittore lo devo a Costa”.
Costa è in effetti l’unico tra gli artisti romani del suo tempo veramente aggiornato sulle novità della pittura europea e finirà, non casualmente, per riscuotere i maggiori successi della sua carriera a Parigi e, soprattutto, a Londra, dove riceve “le onoranze tributate alle personalità in vista, anche straniere, che durante la season si trovino in quella capitale”.
Tra i primi ad entrare a Roma, dopo un periodo di esilio, attraverso la breccia di Porta Pia, dedicherà il resto della sua vita alla battaglia contro l’arte piccolo borghese e ministeriale in voga nella capitale, promuovendo le uniche iniziative originali della vita artistica romana ottocentesca.
Attorno ai dipinti di Costa i curatori della mostra hanno raccolto una selezione di opere firmate dai più significativi seguaci del credo costiano o da personalità a lui in qualche modo vicine.
Il conte Lemmo Rossi Scotti, presente con una delle sue opere più riuscite, il grande olio su tavola Fiore di grano, l’amico Scipione Vannutelli e persino una testimonianza dell’arte del vecchio Charles Coleman, la grande tela Bufali in riposo nella campagna romana, del quale costantemente Costa scrisse di riconoscere “l’artistica paternità”.
Agli appassionati non sfuggirà peraltro la presenza della splendida Ninfa: Pastorale firmata da Giulio Aristide Sartorio nel 1895 e, soprattutto, di La Merca, un bellissimo inedito di Enrico Coleman, il più ricercato tra gli artisti della Campagna romana.
16
dicembre 2003
Quadreria dell’Ottocento
Dal 16 dicembre 2003 al 31 gennaio 2004
arte antica
Location
GALLERIA RICERCA D’ARTE
Roma, Via Di Monserrato, 121/a, (Roma)
Roma, Via Di Monserrato, 121/a, (Roma)
Orario di apertura
10.30-13.00 / 16.30 - 20.00
Chiuso il lunedì mattina e nei giorni festivi
Vernissage
16 Dicembre 2003, ore 18,00