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Antonio Violetta – Gli occhi del poeta
disegni e sculture dell’artista che affronta il tema della luce della coscienza di un poeta che ha già visto tutto al proprio interno, sedimentato nelle profondità trabocchevoli di ciò ch è invisibile a gli occhi
Comunicato stampa
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GLI OCCHI DEL POETA
Gli occhi del poeta sono vuoti di materia: lo scultore Antonio Violetta ne ha svuotato lo sguardo; col suo lavoro di modulazione formale, ne ha definito le fattezze del volto; ha tradotto nella fisicità della materia la calma inquieta di un profondo sentire, dispiegato fin dalle più insondate ramificazioni dell’essere; ne ha annullato però, nella rappresentazione scultorea, la possibilità di vedere, praticando nell’incavo delle orbite due fori che si lasciano attraversare dalla luce ma che, di fatto, non permettono che si compia l’alchimia della visione.
Il poeta di Violetta, come nella narrazione mitologica, è cieco. Non hanno più sguardo i suoi occhi, essi hanno troppo visto: dal più minuto dettaglio alle più smisurate grandezze, alle cose più misteriose e impenetrabili; hanno registrato tutto il visibile sulla pellicola sensibile della coscienza; come il più sofisticato e perfetto meccanismo di rilevamento visivo del reale, hanno colto e immagazzinato, fin nei più banali e apparentemente inutili frammenti, le pulsazioni esistenziali del cosmo. Ora, i suoi occhi sono vuoti, ma pieni di essenzialità feconda; hanno colto tutto il visibile per accumularlo, quale prezioso fardello, nella regione più anteriore della coscienza, quella più autentica, che custodisce le ragioni sapienti del cuore.
Non hanno più bisogno i suoi occhi di guardare: hanno già visto tutto al proprio interno, sedimentato nelle profondità trabocchevoli di ciò che è invisibile a gli occhi. Ora, le immagini si articolano in modo diverso: un fare ispirato le percorre a ritroso, in un riavvolgimento rimemorativo senza “l’urlo degli occhi”, senza il sacrificio all’evidenza dell’immagine, alla sua fastidiosa incombenza che smorza i fertili moti di ritessitura dello spirito. Esse si trasformano nel leggero fluire di fertili moti di parole, parole piene che rompono il silenzio primordiale delle cose; parole poetiche che volano alte nei cieli delle verità assolte.
Non è più necessario al poeta di Violetta avere occhi sensibili alla luce, perché i suoi occhi hanno già tanto visto e vissuto. Ora, dai suoi occhi, cavità aperte sul mondo, sgorgano fiotti ininterrotti di pensieri che evocano lontane cosmogonie; che, nel proprio farsi parola, raccontano della lievità essenziale dello spirito, muovendo l’espressione del volto a quella serena libertà che gli deriva dall’essersi affrancato dalla caducità delle cose.
Uno sguardo vuoto di materia, certo, quello del poeta plasmato da Antonio Violetta, ma pieno di sostanzialità generativa di nuove forme, di nuove armonie, di nuove partiture compositive; che non contempla rovine, che non rimpiange la luce di cui, comunque, è specchio memoriale; che ridispone all’infinito le stratificazioni di ricordi con cui “costruire” versi, di cui sostanziare il magico e tenue soffio del suo canto. Egli, come l’Angelo di Rilke, “ è quell’essere che attesta nell’invisibile un rango più alto di realtà”. E, per questo, non è necessario che i suoi occhi vedano, perché essi hanno già tutto il mondo in sé.*
Teodolinda Coltellaro
Gli occhi del poeta sono vuoti di materia: lo scultore Antonio Violetta ne ha svuotato lo sguardo; col suo lavoro di modulazione formale, ne ha definito le fattezze del volto; ha tradotto nella fisicità della materia la calma inquieta di un profondo sentire, dispiegato fin dalle più insondate ramificazioni dell’essere; ne ha annullato però, nella rappresentazione scultorea, la possibilità di vedere, praticando nell’incavo delle orbite due fori che si lasciano attraversare dalla luce ma che, di fatto, non permettono che si compia l’alchimia della visione.
Il poeta di Violetta, come nella narrazione mitologica, è cieco. Non hanno più sguardo i suoi occhi, essi hanno troppo visto: dal più minuto dettaglio alle più smisurate grandezze, alle cose più misteriose e impenetrabili; hanno registrato tutto il visibile sulla pellicola sensibile della coscienza; come il più sofisticato e perfetto meccanismo di rilevamento visivo del reale, hanno colto e immagazzinato, fin nei più banali e apparentemente inutili frammenti, le pulsazioni esistenziali del cosmo. Ora, i suoi occhi sono vuoti, ma pieni di essenzialità feconda; hanno colto tutto il visibile per accumularlo, quale prezioso fardello, nella regione più anteriore della coscienza, quella più autentica, che custodisce le ragioni sapienti del cuore.
Non hanno più bisogno i suoi occhi di guardare: hanno già visto tutto al proprio interno, sedimentato nelle profondità trabocchevoli di ciò che è invisibile a gli occhi. Ora, le immagini si articolano in modo diverso: un fare ispirato le percorre a ritroso, in un riavvolgimento rimemorativo senza “l’urlo degli occhi”, senza il sacrificio all’evidenza dell’immagine, alla sua fastidiosa incombenza che smorza i fertili moti di ritessitura dello spirito. Esse si trasformano nel leggero fluire di fertili moti di parole, parole piene che rompono il silenzio primordiale delle cose; parole poetiche che volano alte nei cieli delle verità assolte.
Non è più necessario al poeta di Violetta avere occhi sensibili alla luce, perché i suoi occhi hanno già tanto visto e vissuto. Ora, dai suoi occhi, cavità aperte sul mondo, sgorgano fiotti ininterrotti di pensieri che evocano lontane cosmogonie; che, nel proprio farsi parola, raccontano della lievità essenziale dello spirito, muovendo l’espressione del volto a quella serena libertà che gli deriva dall’essersi affrancato dalla caducità delle cose.
Uno sguardo vuoto di materia, certo, quello del poeta plasmato da Antonio Violetta, ma pieno di sostanzialità generativa di nuove forme, di nuove armonie, di nuove partiture compositive; che non contempla rovine, che non rimpiange la luce di cui, comunque, è specchio memoriale; che ridispone all’infinito le stratificazioni di ricordi con cui “costruire” versi, di cui sostanziare il magico e tenue soffio del suo canto. Egli, come l’Angelo di Rilke, “ è quell’essere che attesta nell’invisibile un rango più alto di realtà”. E, per questo, non è necessario che i suoi occhi vedano, perché essi hanno già tutto il mondo in sé.*
Teodolinda Coltellaro
07
dicembre 2003
Antonio Violetta – Gli occhi del poeta
Dal 07 dicembre 2003 al 29 febbraio 2004
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO DI TAVERNA
Taverna, Piazza del Popolo, (Catanzaro)
Taverna, Piazza del Popolo, (Catanzaro)
Autore