Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Credo che Gioacchino Pontrelli abbia fatto bene a tappezzare l’ingresso della sua mostra, che inaugura la galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea (già Segno), con foglie d’oro. Come ci ha spiegato la storia dell’arte, il dorato è il colore della maestà, della gloria, che appartiene ai santi e non agli umani, quindi la preziosità del fondo d’oro veniva utilizzata per denotare il carattere sacro di una rappresentazione. Non siamo ovviamente al medioevo, ma Pontrelli fa bene a farci notare che, una volta che il mondo è stato trasfigurato dal pennello, diventa altra cosa, e l’insieme di tutte queste altre cose è la pittura occidentale, dove tutto può accadere, perché abbiamo abbandonato la realtà, e ci troviamo sulla tela. A simili riflessioni corrisponde nel suo bel testo Claudio Libero Pisano, che in apertura cita Murakami, uno scrittore nella cui pagina veramente tutto può accadere.
Siamo i primi figli di una civiltà dell’immagine (ne circolavano davvero poche fino a qualche tempo fa, e avevano un potere ridotto sulla nostra mente), quindi uguagliare l’immagine e i suoi effetti, come fa Pontrelli che giustamente fa entrare tutto il dipingibile nella dimensione dell’aureo, mi sembra un’operazione doverosa per dare un futuro a tutto l’insieme dell’universo culturale della pittura.
Affermato ciò, resta da aggiungere che in questa mostra, quello che sembrerebbe un collage di immagini, altro non è che la rappresentazione di un modo usuale del nostro cervello di funzionare e attivarsi. Noi continuamente realizziamo degli insiemi dove tutte le immagini convivono, dove, per di più, tutti i sensi sono attivati in sincrono. Riprendendo la psicanalisi, si potrebbe dire che in questa mostra vediamo in trasparenza tante scene primarie del trauma (per esempio gli elementi di un arredamento dove è avvenuto il “fatto”), tante immagini del perturbante (come brutti specchi, volutamente barocchissimi), che sono collocate in queste pareti mentre ancora ci ricordiamo dell’oro visto in apertura. Direi quindi che è una mostra di grandi interferenze, di grandi appuntamenti con il disturbo, sia pure resa molto attraente dall’abile cromatismo di cui Pontrelli è capace. Ma rimane una mostra che incrocia le nostre esistenze, ed attenta al nostro equilibrio, alle nostre certezze, e ci fa diventare meno abili, decisamente meno efficaci. Occorre dare atto che convivere con tutto ciò davvero non è agevole. Siamo tenuti, dunque, a riconoscere un grande coraggio nell’ipotesi di arte (e di vita) di Gioacchino Pontrelli, che sfida lo spiacevole per continuare a regalarci immagini.
Paolo Aita
mostra visitata il 20 novembre
Dal 20 novembre 2014 al 27 febbraio 2015
Gioacchino Pontrelli, Quadreria Pontrelli
Francesca Antonini arte contemporanea
Via Capo le case 4, Roma
Info: 06.6791387