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Beppe Moku-Zan Signorotti / Ezio Tenryu Zanin – Il pennello e la luce
Esposizione di dipinti su carta ispirati alla plurimillenaria tradizione pittorica, spirituale (Buddismo Zen e Tao) e letteraria dell’estremo Oriente. Una pittura sensibilissima, “fatta di niente”, flessibile, lirica e suggestiva…
Comunicato stampa
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Una pittura sensibilissima, "fatta di niente", flessibile, lirica e suggestiva, ora serena, ora ricca di emozione, inafferrabile come l'acqua e l'aria, obbediente alla mano, al carattere, allo stile e alle caratteristiche individuali, al modo di sentire di ciascun pittore , ma sempre fondata sulle leggi proprie, precise e riferite alla Grande Natura, esulando dalla visione strettamente antropocentrica dell'Occidente, anche quando l'urgenza espressiva o l'impellenza di una visione interiore spingono l'Artista ad andare "oltre", nei territori sconfinati e misteriosi del non-visibile infrangendo ogni tecnica per diventare un tutt'uno con l'istante, il pennello, i colori o l'inchiostro, il supporto eliminando ogni cosa superflua o meramente decorativa. Nei casi più fortunati, scompare anche l'"io-pittore". In verità, a questi dipinti, che possono ormai vivere da soli, di luce propria, non necessitano né la presenza degli autori, né le parole. In ogni caso lo studio dura una vita intera senza fermarsi in autocompiacimenti, riconoscimenti o successi mercantili.
La "tecnica" va comunque assimilata e padroneggiata al massimo grado proprio per potersene affrancare inconsciamente, per poterla efficacemente "celare" in una semplice "macchia", in un tratto "spezzato" (come nell'espressionismo e nell'espressionismo astratto), in una anomala espansione dell'inchiostro o del colore interrogando, scoprendo tutte le quasi infinite proprietà della carta umida. Una pittura che va contemplata, capita, sentita vibrare interiormente e vissuta in ogni particolare senza limitarsi ad un primo sguardo d'insieme o superficiale. Come disse E: Gombrich: "Si può apprezzare soltanto ciò che si è imparato a vedere". In questo caso è necessario vedere l'invisibilità dietro il suggerimento della forma apparente, "illusoria". Nel Buddismo non vi è possibilità di risveglio senza penetrare nelle illusioni.. In questa pittura è anche così, se si vuole che essa sia una pittura interiormente illuminata e libera e parimenti bisogna imparare a guardare per poter vedere.
Le opere del pittore e poeta Ezio Zanin (1949), qui in mostra con quelle del suo allievo Beppe Signorotti, anch'egli monaco zen, sottintendono lo sviluppo di un lavoro e di un pensiero pittorico di quasi trent'anni. Unendo Oriente e Occidente non ha abdicato alla tradizione pittorica e letteraria europea, per cui fa libero ricorso a modi pittorici di ambedue i mondi facendo anche un libero uso dei colori. Questi dipinti, inoltre, sono dedicati in ideale comunione di spirito a molti secoli di distanza (ma il tempo si annulla oltre la materia), a Wang Xizhi (321-379) e a Wang Wei (669-759); il primo è considerato ancora oggi il massimo e insuperato maestro calligrafo di tutti i tempi, mentre il secondo fu il pittore-poeta d'ispirazione buddista a dipingere i paesaggi all'inchiostro nero, modo che verrà in seguito definito con la felice espressione "i cinque colori del nero".
La "tecnica" va comunque assimilata e padroneggiata al massimo grado proprio per potersene affrancare inconsciamente, per poterla efficacemente "celare" in una semplice "macchia", in un tratto "spezzato" (come nell'espressionismo e nell'espressionismo astratto), in una anomala espansione dell'inchiostro o del colore interrogando, scoprendo tutte le quasi infinite proprietà della carta umida. Una pittura che va contemplata, capita, sentita vibrare interiormente e vissuta in ogni particolare senza limitarsi ad un primo sguardo d'insieme o superficiale. Come disse E: Gombrich: "Si può apprezzare soltanto ciò che si è imparato a vedere". In questo caso è necessario vedere l'invisibilità dietro il suggerimento della forma apparente, "illusoria". Nel Buddismo non vi è possibilità di risveglio senza penetrare nelle illusioni.. In questa pittura è anche così, se si vuole che essa sia una pittura interiormente illuminata e libera e parimenti bisogna imparare a guardare per poter vedere.
Le opere del pittore e poeta Ezio Zanin (1949), qui in mostra con quelle del suo allievo Beppe Signorotti, anch'egli monaco zen, sottintendono lo sviluppo di un lavoro e di un pensiero pittorico di quasi trent'anni. Unendo Oriente e Occidente non ha abdicato alla tradizione pittorica e letteraria europea, per cui fa libero ricorso a modi pittorici di ambedue i mondi facendo anche un libero uso dei colori. Questi dipinti, inoltre, sono dedicati in ideale comunione di spirito a molti secoli di distanza (ma il tempo si annulla oltre la materia), a Wang Xizhi (321-379) e a Wang Wei (669-759); il primo è considerato ancora oggi il massimo e insuperato maestro calligrafo di tutti i tempi, mentre il secondo fu il pittore-poeta d'ispirazione buddista a dipingere i paesaggi all'inchiostro nero, modo che verrà in seguito definito con la felice espressione "i cinque colori del nero".
12
novembre 2003
Beppe Moku-Zan Signorotti / Ezio Tenryu Zanin – Il pennello e la luce
Dal 12 al 22 novembre 2003
arte contemporanea
Location
GALLERIA ABACO
Torino, Via Vanchiglia, 6/a, (Torino)
Torino, Via Vanchiglia, 6/a, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 9,00 / 12,30 - 15,00 / 19,30