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Chiara Luraghi – La frase della pittura in un autoritratto
In mostra, trenta dipinti ad olio realizzati dall’artista negli anni più recenti; fra i soggetti prediletti dall’artista nature morte, paesaggi, alcuni ritratti e, in posizione dominante, la composizione nell’interno.
Completa la mostra una selezione di acquarelli (in prevalenza paesaggi) tutti riprodotti nel volume presentato da Stefano Crespi, in cui gli acquarelli di Chiara Luraghi sono affiancati a poesie scelte del padre Giuseppe Eugenio Luraghi.
Scrive Stefano Crespi :
Nell’incontro con Chiara Luraghi, nello scrivere per la prima volta della sua pittura, sembra verificarsi, quasi con sottile inevitabilità, una “condizione simbolica”: il tratto emotivo, il dato anche irriflesso di vibrazione, intuizione. C’è il senso, la percezione di un ritratto artistico, di una qualità espressiva, dove tuttavia convivono tanti aspetti: la biografia, il percorso interiore, i rimandi e le intermittenze, la finitezza dello spazio e la fascinazione del tempo, l’immagine e lo specchio.
La presente occasione espositiva può essere un suggerimento di natura complessiva: una scelta di quadri recenti per l’esposizione, una monografia di acquarelli con una sequenza di poesie del padre Giuseppe E. Luraghi. (…)
La pittura di Chiara Luraghi si iscrive in un luogo pittorico che è voce, temporalità: per paradosso un non luogo. Del resto testimonianze molto rappresentative avevano intuito la direzione di questa pittura: in una sorta di “pagina inattesa” (con Leonardo Sinisgalli); nell’espressione “scabra” (con Raffaele Carrieri), in un “addio alla realtà” (in una presentazione di Sergio Solmi).
Un punto originale si può ancora sottolineare negli interventi per Chiara Luraghi di Raffaele Carrieri che era molto personaggio nel saper coniugare un’allure mondana con un’acutezza di penetrazione. Apprezza Carrieri nell’incontro con la pittrice la “timidezza” che in una nozione profonda, non letterale, è una virtù paradossale: l’ascolto, il dubbio, la sottigliezza, l’insistenza dello sguardo.
Chiara Luraghi non ama riconoscersi nelle qualità della raffinatezza, di una punta di eleganza. Ne sospetta un’apparenza gratuita. Eppure nella sua pittura, nei punti anche più segreti, non viene meno quel tocco di stile, di “misura” italiana entro la coscienza dell’inquietudine, di un disincanto, di una leggera “sprezzatura” (parola amatissima in una scrittrice di assolutezza come Cristina Campo). (…)
Chiara Luraghi – La frase della pittura in un autoritratto
Milano, Via Brera, 2, (Milano)