Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Stefano Scheda – no landing place
Non più statue, ma persone di sesso maschile, non architetture urbane, ma impianti industriali, travi e sostegni
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Non più statue, ma persone di sesso maschile, non architetture urbane, ma impianti industriali, travi e sostegni. Stefano Scheda, riallacciandosi al modernismo, al razionalismo, alla fantascienza e allo psicodramma, li cita e li stravolge, li manipola per ricondurre il discorso a frammenti di lucidità. Un esercizio di rigore estetico ossessivamente reiterato, sviluppato seguendo la minima variazione, compulsivo, snervante. Non importa più chi siamo, importa come percepiamo di essere, come rappresentiamo la nostra posizione in compagnia degli altri, di una serie di doppi uguali per condizione e destino. Serie di uomini, al cui interno appare spesso anche lui, uomini simili, gettati nel paesaggio desolante dell'inconscio, che si organizzano e si dispongono per creare un segnale, una teoria, un continuum, una catena umana della quale, a volte, vengono evidenziate le singole maglie, zoomando sul vuoto, sul bilico, sull'impostura. Un film di fantascienza, dove gli alieni siamo noi, irriconoscibili a noi stessi, incomunicanti, paralleli, inglobati nella forma e nel corpo, segnali di uno strano linguaggio, di una scrittura fatta per gli dei, per comunicare loro l'impossibile, il non senso che attraversa il riconoscimento delle categorie opposte: carne e cemento, sole e ombra, tensione fisica e abbandono. Questi esseri, ridotti all'evidenza della nudità, si presentano al cosmo e da lì vengono osservati da uno sguardo incidente che segue una traiettoria ortogonale. Per il resto ci troviamo in un deserto in assenza di altre forme di vita, nella pienezza del pensiero, nella totalità del vuoto. E' per questo che Stefano Scheda, particolarmente in questa parte del suo lavoro, si avvicina alle caratteristiche proprie del racconto epico, sviscerando una storia che parte da un binomio per lui indissolubile quale quello rappresentato dall'idea di bellezza sovrapposta a quella di disagio. La resistenza fisica proviene dalla lotta mentale, l'esibizione del corpo deriva dall'allenamento costante al quale esso è sottoposto per contrastare la forza di gravità. In questo senso i suoi uomini, nudi come vermi, sono eroi estremi che lottano per conquistare lo spazio delle altre dimensioni e per poterlo percorrere con il proprio corpo. Una lotta impari che, per molti versi, possiamo assumere come simbolo nascosto di ogni altra forma di combattimento. Una tensione destinata a non avere risposta e perciò costante, immobile, che elude la memoria, una lotta eterna che trascorre senza consumarsi all'interno di imponenti non luoghi, tracce di una civiltà monumentale, ma primitiva, tecnologica, ma ridotta al collasso, a uno stadio di non ritorno. Il pensiero, tradotto senza mediazione in linguaggio e in racconto, diventa predominante, oscurando perfino l'irruenza della nudità, si fa violento, ossessivo, logorroico. Per Stefano Scheda la storia dell'umanità si cristallizza in questo stadio. Il raggiungimento del livello di tensione massima diventa stabile, cronico, mitico. E' da questa resistenza eroica che si passa alla rottura, allo scardinamento della realtà. Il salto consiste nel recupero di spazi negati, nel superamento dell'insicurezza e dell'horror vacui. L'energia fisica e l'energia mentale si ricompattano e tornano a coincidere. Si tratta di un grado zero rispetto ai problemi che riguardano la possibilità, la libertà, le opportunità di sviluppo. Tutto ciò sembra ormai percorso e superato, la vita, unitamente ai suoi futuri sviluppi, appare senza veli, senza fraitendimenti, senza senso e senza finalità. Aggrappati al cemento e sospesi nel vuoto i suoi personaggi aspetteranno in eterno la fine del mondo, in bilico tra una vita percorsa fino alle estreme possibilità e un evento che non avviene. In tutto questo non c'è abbandono, non c'è nessuno che molli la presa, non esistono incertezze e fluttuazioni. Fissi come statue, belli, completamente assorti nel loro obiettivo che altro non è se non quello dell'attesa, questi uomini sono in grado di esprimere il senso di una esplorazione assoluta che pur bloccata e compressa non si lascia vincere, non si lascia distrarre. Le grandi strutture architettoniche che limitano e stimolano l'essere umano sono in grado di riflettere una sorta di architettura interiore degli impedimenti, una lenta e continua sedimentazione che si trasforma in cemento armato e stabilisce linee di confine apparentemente invalicabili, castelli in aria senza accessi e senza uscite, monumenti babelici e impraticabili, zone illogiche. Le figure umane, dall'altro lato, grazie alle loro posizioni e alla loro nudità, diventano invece statua, segnale architettonico, fregio decorativo e significativo.
01
agosto 2003
Stefano Scheda – no landing place
Dal primo al 20 agosto 2003
Location
BENCIVART GALLERY
Pesaro, Corso XI Settembre, 300, (Pesaro E Urbino)
Pesaro, Corso XI Settembre, 300, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
lun / sab 16 / 20
Vernissage
1 Agosto 2003, ore 18 - 21
Autore