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L’Officina del mago – L’artista nel suo atelier. 1900-1950
Tutt’intorno si dispongono gli artisti che nel corso della prima metà del Novecento hanno voluto ritrarsi nel luogo della creazione, in quella “bottega” piena di sortilegi in cui l’arte prende corpo e forma: lo studio dunque come microcosmo abitato dal solo artista (Giuseppe Pellizza da Volpedo, nell’Autoritratto degli Uffizi, unica opera dell’estremo Ottocento; Giorgio de Chirico nello studio di Parigi, della Gnam di Roma; Francesco Trombadori, Primo Conti, Gianfilippo Usellini), oppure come luogo deserto di presenze (le Maschere di Felice Casorati, della Pinacoteca Civica di Alessandria, ma anche i dipinti di Giovanni Colacicchi, Italo Cremona, Orazio Amato…) o ancora, come nel caso del capolavoro di Felice Casorati proveniente dalle Civiche Raccolte milanesi, abitato dal solo riflesso dell’artista nello specchio, in un gioco allusivo di presenza e di assenza.
"L’Officina del Mago" è dunque l’atelier dell’artista, “lo spazio sacro e profano della creazione - come scrisse nel suo progetto - quel luogo creativo nel quale si presentano le apparizioni e i miraggi, si evoca la musa e la famiglia”.
Per illustrare questo tema denso di simboli e intessuto di seduzioni intellettuali, Maurizio Fagiolo dell’Arco aveva scelto la prima metà del Novecento, la stagione che insieme al Seicento (è stato uno dei massimi studiosi del Bernini e della cultura barocca romana) occupava tutto il suo impegno di studioso.
Il titolo rende omaggio al dipinto che è stato scelto sin dall’inizio come immagine-simbolo della mostra, quella Casa del Mago di Fortunato Depero in cui l’artista si ritrae insieme alla moglie nella “Casa d’Arte” in cui i due, dipingendo e disegnando lui, lei tessendo arazzi, impunturando tarsìe di panno, ricamando, inventavano un nuovo mondo, rivoluzionato dai principi del Futurismo.
Tutt’intorno si dispongono gli artisti che nel corso della prima metà del Novecento hanno voluto ritrarsi nel luogo della creazione, in quella “bottega” piena di sortilegi in cui l’arte prende corpo e forma: lo studio dunque come microcosmo abitato dal solo artista (Giuseppe Pellizza da Volpedo, nell’Autoritratto degli Uffizi, unica opera dell’estremo Ottocento; Giorgio de Chirico nello studio di Parigi, della Gnam di Roma; Francesco Trombadori, Primo Conti, Gianfilippo Usellini), oppure come luogo deserto di presenze (le Maschere di Felice Casorati, della Pinacoteca Civica di Alessandria, ma anche i dipinti di Giovanni Colacicchi, Italo Cremona, Orazio Amato…) o ancora, come nel caso del capolavoro di Felice Casorati proveniente dalle Civiche Raccolte milanesi, abitato dal solo riflesso dell’artista nello specchio, in un gioco allusivo di presenza e di assenza.
L’Officina del mago – L’artista nel suo atelier. 1900-1950
Torino, Via Camillo Benso Conte Di Cavour, 8, (Torino)