il giovane artista francese ed ex ricercatore di
Fabrica, Jean Sébastien Lallemand, presenterà la mostra “Doodle”.

Immaginatevi una mano che graffia un muro. Il rumore di un chiodo sulla
lamiera di una macchina nuova. Un pezzo di ghiaccio da mordere. Un
sismografo impazzito che registra i cambiamenti di umore. C’è questo e
molto di più nel tratto di Jean Sébastien Lallemand, che è molto difficile
descrivere a parole, perché compone una nuova grammatica, un linguaggio
diverso, dove i segni non “rappresentano” ma “sono” il significato. Non c’è
nessun vocabolario da consultare per aiutarci a svelare il segreto di una
lingua sconosciuta. Non c’è nessuna convenzione: quei segni non rimandano a
niente di definito e codificato. Semplicemente esistono e, in fondo, è
tutto quello di cui abbiamo bisogno. Sono schizzi, visioni, abbozzi di
idee, in cui anche le parole di senso compiuto perdono il loro riferimento
originario e diventano puro segno, simbolo, metafora. Eppure raccontano
molto di più di quello che rappresentano. Si caricano di una storia che ci
porta via e ci sorprende ad ogni sguardo, come il tracciato delle stelle. E
non ci stupiremmo di scoprire che anche in queste pagine vergate con
tecnica primitiva con una Bic nera e un bianchetto da correzione – ,
dietro a questi segni incisi nella materia ancora viva della cellulosa,
risiede il mistero della creazione e la ragione delle cose.