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15
gennaio 2019
L’altra Suspiria
Progetti e iniziative
Politica, storia e psicologia abbondano nel remake di Guadagnino, con esiti non sempre felici. Ma dimostrano coraggio e classe. In tempi magri per il cinema italiano
Difficile dimenticare l’espressione ambigua e crudele di Madame Blanc (Tilda Swinton) mentre osserva i passi espressivi e virtuosi di Susie Bannion (Dakota Johnson) appena arrivata dall’Ohio dove si è lasciata alle spalle un’infanzia in una comunità mennonita che l’ha ripudiata, in una delle scene più forti di Suspiria, controverso ma affascinante remake di Luca Guadagnino, che unisce suggestioni tratte dal romanzo di Thomas De Quincey Suspiria De Profundis (1845) e dalla pellicola di Dario Argento, girata a Friburgo nel 1977 e considerata il maggiore successo internazionale del nostro maestro dell’horror.
Luca Guadagnino, Suspiria
Guadagnino va oltre, ed esplora l’inquietante quotidianità della Markos Tanz Company, che occupa uno straordinario edificio cadente nel cuore di una Berlino sconvolta dalle bombe della Banda Bader-Meinhof e dalle memorie drammatiche del nazismo. A differenza di Argento, Guadagnino tenta il triplo salto mortale di fondere in un’unica vicenda storie di origine diversa, trasformando il film in un plot forse eccessivamente complesso e a tratti eccessivo. Ma la parte centrale, improntata sulle vicende della scuola di danza, appaiono attraversate da una visionarietà colta e densa di riferimenti all’arte contemporanea, che il regista conosce e frequenta da anni. Come sottolinea Teresa Macrì, il film è “una cinemacchina fantasmatica di sofisticato e nodale ricorso artistico”, con un andamento caleidoscopico che rischia di mettere a dura prova la comprensione dello spettatore. Ma nonostante l’eccessiva autorialità, la parte forte e imprescindibile del film è costruita proprio nella dimensione quotidiana della Tanz Company, tra arabesque e demi pliè, ma anche pasti e discussioni, in un gineceo dalle dinamiche presentate con indubbia maestria filmica, negli spettacolari ambienti dell’ex Grand Hotel Campo dei Fiori sulle colline sopra Varese, costruito da Giuseppe Sommaruga nel 1908 in stile liberty e abbandonato nel 1968. Qui, sopra sontuosi pavimenti con intarsi di marmi, Guadagnino e il suo scenografo Inbal Weinberg danno il meglio di sé nelle prove cariche di tensione, dove le ballerine vengono costrette da madame Blanc a movimenti estremi, che ricordano le opere delle artiste che hanno usato il proprio corpo per esprimersi: da Marina Abramović a Jana Sterback, da Ana Mendieta a Valie Export, da Gina Pane a Carolee Schneemann.
Luca Guadagnino, Suspiria
E non basta: alcune scene sembrano derivate direttamente da due artiste che hanno interpretato il loro corpo attraverso l’obiettivo, come Francesca Woodman e ancora di più Cindy Sherman, che ha ispirato con le sue immagini postumane degli anni Novanta molti corpi contorti presenti in Suspiria. Ma il film vola anche nei giochi di sguardi e di espressioni delle allieve, queste miss terrorizzate dall’atmosfera tesa e pesante determinata dall’ossessivo perfezionismo di Madame Blanc, interpretata da una Swinton in stato di grazia, che ricorda da vicino l’ascetica e pallidissima Pina Bausch. Del resto anche il balletto che le ragazze provano, Volk, è vicino alle coreografie messe in scena dal Tanztheater Wuppertal della Bausch, estreme e rigorose fino all’ossessione.
Luca Guadagnino, Suspiria
Ogni ballerina ha un volto e un carattere diverso, e insieme esprimono le dinamiche lunari e imperscrutabili delle comunità femminili, tra isteria, sottomissione, nevrosi e ambiguità: le stesse che si ripresentano nelle riunioni delle direttrici, che si svolgono nella parte più reclusa della scuola, in una cucina ripresa dal modellino realizzato dall’architetto tedesco Margarete Schütte-Lihotzky nel 1926. Queste donne, poco interessate a pozioni o incantesimi ma piuttosto a questioni legate a problemi di gestione della leadership rappresentano, nelle intenzioni del regista, l’oscuro e antico potere delle donne, che nel medioevo non potevano essere libere e indipendenti e quindi venivano condannate come streghe. Sono le protagoniste di questo film complesso e non completamente riuscito, ma capace di offrire momenti di cinema altissimo, assai poco frequente alle nostre latitudini: una più brava dell’altra, da Dakota Johnson a Jessica Harper, che aveva ricoperto il ruolo di Susie, la protagonista nel film di Argento, tornata sullo schermo dopo 16 anni.
A proposito del primo Suspiria, che ha ossessionato Guadagnino per decenni ed è stato il principio ispiratore di questa pellicola, ci sono delle fondamentali differenze e alcune similitudini. Entrambi i film si svolgono in ambienti molto caratterizzati (il liberty per Guadagnino, l’optical per Argento), ma Guadagnino punta ad un cast quasi esclusivamente femminile, mentre Argento no. Il suo film può essere classificato, se pur con un interessante ed innovativo afflato visionario, nel filone dell’horror classico, mentre il remake va al di là e affronta argomenti politici, storici e psicologici, non sempre con esiti felici. Bisogna dire però che con Suspiria Guadagnino ha ulteriormente dimostrato di avere la zampata e il coraggio del regista internazionale, e di questi tempi così magri per il cinema italiano non è poco.
Ludovico Pratesi