04 febbraio 2015

Può una fenice risorgere a Mosul?

 
Non bastano i civili uccisi, i bambini usati come bombe, il fanatismo. Si torna nei meandri più bui della storia, con il rogo dei libri. Accade ancora una volta in Iraq, a Mosul. Territorio destinato, pare, a non conoscere pace

di

Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, pubblicato in Italia nel 1953 con il titolo Gli anni della fenice, si concretizza. Non è un dramma quotidiano, ma quello di un’epoca. Il rogo dei libri fa parte della storia del nazismo, dove i fuochi appiccati furono dozzine in quindici anni, dal 1930 al 1945 (anche se l’episodio più famoso è quello avvenuto nel 1933 a Bebelplatz, davanti all’Università di Berlino), ma anche di quella cilena dove Pinochet nel 1973, dopo il golpe, diede alle fiamme migliaia di volumi non solo di storia politica. E anche la Spagna franchista non fu da meno. 
Bruciare un libro è forse uno degli atti più vili che l’ottenebramento della mente umana, a causa delle ideologie o dell’integralismo, possa concepire, al pari di sparare su una redazione. 
Eppure l’oscenità di questo gesto si perpetua nei secoli, con la rabbia del voler estinguere un’altra cultura, o addirittura parte della propria, rinnegata da chi pratica questo “olocausto”, che etimologicamente significa “bruciare interamente”; non è un caso infatti che la questione dello sterminio ebraico venga definita proprio con questo termine. 
Se da questa parte di mondo però la barbarie sembra placata, a parte sporadici episodi di fanatici che hanno appiccato fuoco alternativamente a Bibbia o Corano, in Iraq tutto continua – suffragato dall’indifferenza del resto del mondo – a bruciare. 
A Mosul, da giugno in mano agli islamisti che mettono a ferro e fuoco anche la vita degli stessi iracheni più moderati, la biblioteca centrale della città è stata assaltata e vandalizzata, e nella piazza adiacente è stato perpetrato il gesto dei regimi più oscurantisti. Non solo: un libraio è stato arrestato con l’accusa di vendere volumi “cristiani” e secondo il giornale locale Ankawa, che cita fonti in città, sarebbe stato portato in un luogo sconosciuto. Forse per fargli fare una fine che possiamo immaginare. 
Nulla si è salvato tra teche sfondate e scaffali che contenevano libri preziosi e antichi, così come sono stati date al fuoco anche le favole per bambini e libri dedicati allo sport, di poesia e filosofia. Sempre secondo fonti locali, i miliziani hanno dichiarato – anche questo fa parte del copione – che trattasi di “libri infedeli, che spingono a disobbedire Allah”. Un po’ come nel nazismo con i testi dei “giudei”, o in Spagna con i volumi “che ingannano i nostri figli”. 
Come andrà a finire potremmo averne una vaga idea, ma l’impressione è che il Medioevo abbia ancora da fare il suo corso. Quali speranze può avere una cultura pacifica, scientifica, forse anche inerme in questo caso, contro l’irruenza, la cieca violenza e ignoranza, contro le fiamme? Bello pensare che possa esistere un finale alla Fahrenheit, ma purtroppo per ora non sembra essere il caso di Mosul. Abbandonata al suo destino da inquisizione, in quello che da noi è il 2014. 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui