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Di solito, quando salgono agli onori delle cronache, le Pussy Riot compaiono dietro alle sbarre oppure in fuga da qualche poliziotto. Questa volta, invece, una buona notizia. Le attiviste, che negli anni si sono rese protagoniste di numerose azioni rivolte, in particolare, contro Vladimir Putin, riceveranno un risarcimento di 37mila euro più spese legali dal governo russo, a seguito di una sentenza della CEDU-Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, confermata a Strasburgo il 4 dicembre. E il Ministero della Giustizia della Russia ha anche accettato di buon grado. «Non c’è modo di appellarsi alla sentenza della Corte Europea e le autorità russe applicano diligentemente tutte le sue decisioni», ha dichiarato l’ufficio stampa del ministero all’agenzia Interfax. Chi invece si è mostrato piuttosto contrariato è Philipp Ryabykh, rappresentante della Chiesa ortodossa russa al Consiglio d’Europa, che ha dichiarato che la sentenza della Corte europea minerebbe la libertà religiosa: «La Corte europea ha difeso la libertà di un piccolo gruppo di persone a scapito della libertà di milioni di altre», ha affermato, facendo eco agli strali già emessi dal patriarca Cirillo I.
In esame, la condanna emessa nel 2012 dalla Corte Suprema della Russa, che mandò in carcere per quasi due anni Marija Alëchina e Nadežda Tolokonnikova e per alcuni mesi Ekaterina Samucevič, membri storici delle Pussy Riot, per il famosissimo episodio della preghiera punk contro Putin, alla Cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca. Era il 21 febbraio 2012, la Russia era agitata dalla Rivoluzione Bianca contro la rielezione di Putin e le tre donne si introdussero nella chiesa nel corso di una funzione, cantando a squarcia gola: «Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin! caccia Putin, caccia Putin! / Sottana nera, spalline dorate. Tutti i parrocchiani strisciano inchinandosi. / Il fantasma della liberta’ e’ nel cielo. / Gli omosessuali vengono mandati in Siberia in catene. Il capo del Kgb e’ il piu’ santo dei santi. / Manda chi protesta in prigione». Non ci fu il tempo di cantarla tutta perché in meno di un minuto furono bloccate e scortate all’esterno dalle guardie. Il processo fu visionato da tutti gli organi di stampa internazionali e molti personaggi dell’arte e della cultura, come Bjork, Yoko Ono e Madonna, dichiararono il proprio supporto ma la sentenza fu il carcere.
Il 19 dicembre 2013, per il 20mo anniversario della Costituzione russa, la Duma approvò all’unanimità l’amnistia per Alëkhina e Tolokonnikova – Samucevič era già uscita a ottobre 2012 – nonostante la contrarietà di Vladimir Putin. Il 23 dicembre la scarcerazione, circa due mesi e mezzo in anticipo rispetto a quanto stabilito dalla sentenza ma già durante il dibattimento erano arrivate a Strasburgo diverse denunce per violazione dei diritti umani. Ora Alëkhina e Tolokonnikova riceveranno 16mila euro ciascuna, mentre 5mila spettano a Samucevič, oltre a 11.750 euro di spese legali. Poco meno che spiccioli per il governo russo ma in questo caso il valore è tutt’altro che economico.
Intanto, Marinella Senatore ha incontrato le Pussy Riot Olya Kurachova, Veronika Nikulshina e Olga Pakhtusova a Cape Town, dove è impegnata per The School of Narrative Dance, progetto vincitore del bando Italian Council della DGAAP-Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane, e ha fatto sapere di star preparando con loro «qualcosa di grande».