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Il suo sguardo è pensieroso, da nobile in decadenza bohémienne, in parte ereditato da quella lunga tradizione di eroi della Russia ottocentesca, dall’immaginario e inappetente Oblomov al tormentato e valoroso Lermontov. Vosdanig Adoian nacque il 15 aprile del 1904 a Khorkom, un piccolo villaggio circondato da alberi e affacciato sul lago di Van, un angolo ritagliato dal tempo e al mondo che sarebbe diventato la cornice dei suoi racconti e delle sue opere, quando, arrivato negli Stati Uniti nei primi anni ’20 per sfuggire alle violenze dell’esercito ottomano perpetrate contro gli armeni, avrebbe preso ufficialmente il nome di Arshile Gorky.
Una scelta ben motivata, omaggio dovuto, da parte di un aspirante artista, all’allora ben più famoso Maksim Gor’kij, il grande scrittore, con il quale sentiva di condividere un certo retrogusto amaro per i fatti della vita, oltre che un vistoso paio di baffi. Il suo tempo fu rapido, il suicidio doveva sembrargli una trovata abbastanza romanzesca per uscire di scena con un atto di volontà e, come spesso accade in questi casi, riuscì a incidere in maniera profondissima negli anni a venire. La storia dell’arte avrebbe rifunzionalizzato il suo ruolo di esule, vedendo in lui, artista parzialmente e dolorosamente autodidatta – diceva in giro di essere allievo di Vasilij Kandinskij ma non era vero – l’occasione di incontro tra le due matrici visive che, al centro del XX Secolo, orientavano l’estetica occidentale: Surrealismo europeo ed Espressionismo Astratto americano.
Una storia ancora tutta da raccontare, che potremo seguire, passo dopo passo, in occasione di “Arshile Gorky: 1904-1948”, prima retrospettiva italiana dedicata a questa figura chiave dell’arte contemporanea, che aprirà l’8 maggio 2019, negli spazi di Ca’ Pesaro, presentata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia. L’esposizione, curata da Gabriella Belli, storica dell’arte e Direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, e da Edith Devaney, curatrice alla Royal Academy of Arts di Londra, sarà da includere tra gli appuntamenti imperdibili nella settimana della Biennale d’Arte e attraverserà tutte le tappe della straordinaria carriera di Gorky.
Circa 80 le opere esposte, accompagnate da un catalogo illustrato, a partire dai primi lavori degli anni Venti, in cui il suo approccio alla pittura è fortemente connotato dal rapporto con le composizioni di Cézanne, passando per i punti più alti del suo studio da autodidatta dei maestri e dei movimenti moderni, fino ad arrivare alla fase in cui tutti questi stimoli confluiscono in una potente e libera visione. Accanto ai dipinti, la mostra includerà una selezione di lavori su carta, con prestiti dalla Tate di Londra, dalla National Gallery of Art di Washington DC, dal Whitney Museum of American Art di New York, dal Centre Pompidou di Parigi, dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, dall’Israel Museum di Gerusalemme.