10 febbraio 2015

Il museo non è un parco giochi!

 
Da New York, città-roccaforte della perenne e grande attenzione all'arte, arriva una nuova lezione di civiltà: bannato il bastone per le selfie dai musei. A chi fa male? A tutti, specialmente a chi guarda

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Il Guardian l’ha salutata come un’operazione “eroica”. In effetti non è da tutti rischiare di scontentare ampia parte del pubblico, ma quando si tratta di musei negli Stati Uniti -più precisamente di New York, in questo caso – si parla di rispetto. Non solo perché le strutture americane sono ampiamente finanziate da privati che tengono parecchio alla buona educazione, non solo perché le professioni dell’arte sono rispettate, e non solo perché si posseggono alcune delle collezioni più belle al mondo, ma perché i musei sono parte integrante della vita civile della società, non un parco giochi. E come le leggi vanno rispettati: non per moralismo, ma per puro senso civico. Esattamente come vanno, viceversa, goduti e sfruttati al massimo delle loro potenzialità, non allontanando nessuno ma attraendo, come ben sappiamo.
Ma c’è qualcosa che in questo periodo ha fatto invece alzare la guardia a molti importanti musei newyorchesi: è l’asta che si regge in mano e che permette di fare selfie come fossero scattate da una terza mano estensibile. Una diavoleria d’ultima generazione, venduta oggi ovunque anche dagli abusivi sulle piazze: la piaga degli ultimi giorni e degli ultimi, sciagurati, turisti maniaco-compulsivi di tecnologia ed egocentrismo.
Che non possono fare a meno di guardare l’arte senza fotografarla. E allora prima sono arrivate le macchine fotografiche senza flash, poi gli smartphone, poi le foto con le spalle voltate alla Gioconda e le smorfie davanti a Pollock. Oggi, appunto, fatte con il bastone per le selfie. E New York ha detto basta. A partire da MoMA e Metropolitan.
Il messaggio decisamente esplicito? Più o meno il seguente: “Va bene che il museo oggi è un luogo di divertimento, un megastore, una cattedrale degli ultimi giorni, ma all’arte va  portato rispetto”. Perché Pollock non giocherellava con gli effetti di Instagram mentre faceva i suoi dripping, e per capire un po’ del Cubismo di Picasso bisogna cercare di concentrarsi. O, ancora una volta, di portare rispetto per chi lo vuole fare, evitando di scansare o di piazzarsi davanti agli altri osservatori, magari sghignazzando, con i propri ferri del mestiere. Che prima o poi, e siamo pronti a giurarci, squarceranno qualche tela.  
Ma oggi un passo avanti è compiuto: il buon senso è tornato, pare, e se viene dalla capitale mondiale dell’arte allora è un buon segno. 

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