12 febbraio 2015

Soldati per l’arte

 
La luce sulla non facile professione del “guerriero dell'arte” l'ha fatta George Clooney con il suo “Monuments Men”. Ma le missioni impossibili di questi eroici archeologi prestati all'esercito si svolgono davvero. Per esempio in Siria

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Non sono attori di Hollywood, e le loro missioni sono vere. Arrivano in Siria, e in altri luoghi colpiti dalla violenza degli jihadisti islamici che, non solo mettono a ferro e fuoco l’esistenza delle popolazioni civili, ma riducono in macerie città intere, con particolare accanimento sulla storia, sui monumenti, sui tesori delle biblioteche – come accaduto recentissimamente a Mosul, in Iraq.
Parliamo dei “soldati dell’arte”, archeologi prestati a missioni militari che non fanno vittime, ma che mirano a salvare, mettendo a rischio la loro stessa vita, le bellezze di queste aree del pianeta dilaniate dal conflitto. 
Si tratta di mettere in sicurezza siti, saccheggiati di continuo dai fondamentalisti per finanziare il jihad, talvolta recuperare pezzi da ricettatori, passare in incognito cercando di carpire informazioni su depositi, strategie, e sui futuri e possibili “sacchi”, prima della loro avvenuta.
Già, perché se come nella Grecia in crisi abbiamo visto che il tesoro millenario dell’uomo è stato più volte depredato da sciacalli in cerca di qualche soldo, in Siria – e non solo – la situazione è decisamente più complessa, perché oltre al fondamentalismo quotidiano intorno alle bellezze della zona è stato istituito ufficiosamente un vero e proprio business organizzato, che non solo usa le mani nude per fare incetta, ma anche “utilizzando bulldozer, per quella che è la seconda fonte di finanziamento più importante dell’Is dopo il petrolio”, ha riportato il Wall Street Journal, grazie alle dichiarazioni degli 007 dell’arte. 
Una vera e propria emergenza culturale, che richiede una preparazione specifica da divisa mimetica, come schedare i manufatti con posizioni gps, per poterli recuperare, o lavorare con velocità impossibili, per evitare di essere scoperti dai trafficanti dell’Is. 
Una pagina silenziosa che andrebbe però messa in luce, forse con più coraggio, in anni di sottomissione delle popolazioni che hanno visto città come Homs e Aleppo quasi rase al suolo e siti archeologici romani, greci, babilonesi e assiri andati distrutti nei combattimenti o depredati. 
Una cosa accomuna questi personaggi agli attori del film di Clooney: è l’eroismo in una causa che molto spesso si dà per persa. Ma se vi si togliesse anche la speranza di arginare il danno, non ci sarebbe più nemmeno il senso di una discussione. 

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