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Già la video arte aveva alterato la percezione spazio-temporale aprendo scenari visivo-emotivi inediti in cui lo spettatore sembrava dissolversi o, come sostiene la critica Simona Maggiorelli: “Assorbito in un orizzonte ipnotico, antinarrativo, frammentato”. In questi anni, poche sono ancora le produzioni di mostre che si dirigono in questa direzione, una è “Cose Belle d’Italia Media Entertainment” con il progetto di rivisitare il linguaggio artistico dei grandi Maestri. Ne parla con noi Renato Saporito, AD della società. Con una mostra come “Magister Canova”, in cui la dilatazione dei dettagli scultorei, dei movimenti repentini o lenti delle proiezioni visuali, il loop continuo dei frammenti riflessi, si crea una distorsione intuitiva che affascina, avvolge e contemporaneamente disorienta l’osservatore che smette di essere tale e viene tirato dentro al piano espositivo. Contemporaneamente create una nuova utenza che viene tagliata fuori dalla comfort zone in cui latitare come semplice astante passivo. Questo approccio “costringe” ad andare dentro la mostra, soprattutto con la stanza di Amore e Psiche dove può riflettere se stesso nei frammenti specchianti della scultura spingendosi anche verso un’attitudine narcisistica.
Sembra che vi siate mossi (volutamente?) su queste basi, regalando a un nuovo pubblico, al contempo spaesamento e stupore, coinvolgimento e distanza. Avete quindi nuovamente, dopo Giotto, ribaltato le modalità espositive per una fruizione decisamente più dinamica. Ci racconta come siete passati da Giotto a Canova, con queste premesse?
«Rispetto a “Magister Giotto”, con “Magister Canova” abbiamo sperimentato un nuovo tessuto narrativo, stimolati dalla natura tridimensionale del corpo di opere di riferimento. Il nostro principale obiettivo è progettare nuovi paradigmi estetici e conoscitivi, mettendo la tecnologia a servizio dell’arte con grande rispetto del pubblico, invitato a scoprire Canova da nuove prospettive, sia dal punto di vista dell’esperienza retinica sia dal punto di vista della lettura critica dell’intera vicenda canoviana. Credo che il punto di equilibrio viva nella riconferma di una squadra curatoriale di respiro internazionale, affiancata questa volta dalla progettazione di una nuova creative experience in grado di catturare l’attenzione del visitatore, portandolo per mano in un viaggio dal micro al macro, dove emozione e contenuti sono sempre complementari. La visita a “Magister Canova” dura circa 45 minuti: un percorso intenso che chiede al visitatore di partecipare all’esperienza con un’alta soglia di attenzione, ricambiata da una narrazione ricca di stimoli non solo conoscitivi ma anche percettivi».
Magister Canova
In cosa è consistita la sua supervisione creativa in accordo con la curatela di Guderzo e Pisani?
«”Magister Canova” nasce dal lavoro di una grande squadra interdisciplinare che riunisce un team con competenze verticali fortemente diversificate. Ci sono i curatori, un comitato scientifico, c’è la regia creativa affidata a Luca Mazzieri, quella esecutiva ad Alessandra Costantini, i designer delle luci e del suono, gli architetti allestitori, il team di progettazione tecnologica…La supervisione di un progetto così complesso richiede un esercizio di sguardo trasversale in grado di far dialogare tutti i talenti in campo, dando valore a ogni contributo».
Perché ad aprire il percorso è la testa architettata da Plessi?
«L’installazione di Fabrizio Plessi permette al pubblico di immergersi da subito nella contemporaneità del processo creativo di Antonio Canova. È un omaggio al suo genio senza tempo, un viaggio che parte dal passato per proiettarsi nel futuro: una porta di ingresso dal forte valore emozionale».
Cosa pensa delle altre produzioni multimediali e qual è l’innovazione che Cose Belle ha precorso?
«Negli ultimi anni, in Italia e nel mondo, esistono diverse esperienze multimediali. Ognuna con la propria specificità. Guardo con grande attenzione ad esempio, le sperimentazioni di Teamlab in scena alla Grande Halle de la Villette di Parigi con un bellissimo progetto: Au-delà des limites. Un’esperienza immersiva spettacolare dove emerge tutta la creatività espressa dal collettivo interdisciplinare che sta di base in Giappone. Sulla base di questi grandi modelli mi preme sottolineare qual è il portato valoriale di Magister, ovvero l’impegno di trasmettere al pubblico non solo emozione ma anche contenuto. Senza contenuto siamo difronte ad esperienze di puro intrattenimento».
Magister Canova
L’intenzione è quella di sostituirsi a un museo con opere originali?
«Magister è un nuovo modo di comunicare l’arte che non si sostituisce all’esperienza di visita a un museo. Da questo punto di vista il format può vivere di vita autonoma ma anche rappresentare un potenziamento dell’esperienza museale, laddove sia impossibile prevedere la movimentazione di opere o si voglia affiancare l’esperienza di visita tradizionale con meta contenuti di approfondimento o una nuova modalità di coinvolgimento del pubblico. Il progetto “Magister Canova” nasce in collaborazione di un imprescindibile punto di riferimento internazionale qual è la Fondazione – Museo e Gypsoteca Canova di Possagno. Reso possibile grazie alla collaborazione con molte altre istituzioni museali come l’Istituto Superiore della Sanità di Roma, la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, la Galleria Borghese di Roma, il Museo Correr di Venezia, il Museo Civico di Bassano, Villa Carlotta – Museo e Giardino Botanico di Tremezzina (Como) e ai Direttori, che hanno concesso spazi logistici e materiali necessari alle nostre lavorazioni. Tutto questo traccia una direzione ben precisa. Magister non nasce per accendere contenitori vuoti ma per trasmettere conoscenza in collaborazione con musei e istituzioni».
In che modo puntate ad innovare la fruizione nel prossimo “Magister Raffaello”?
«Ci stiamo già lavorando da tempo. Il progetto anche questa volta è un grande lavoro di squadra che prevede il coinvolgimento di professionisti, partner, istituzioni. Da ciascuno di loro riceviamo stimoli importanti che stiamo ancora elaborando, sia cercando una nuova chiave interpretativa sia studiando quali potrebbero essere le tecnologie più idonee a trasmettere ancora una volta i nostri valori, garantendo il patto di conoscenza cha abbiamo deciso di siglare con il nostro pubblico».
Anna de Fazio Siciliano