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58. Biennale di Venezia – Padiglione Mozambico: The Past, the Present and The in Between
Il padiglione del Mozambico vuole mostrare, attraverso una prospettiva contemporanea, il passato travagliato della nazione e le sue influenze nella società di oggi. Lavorando con media differenti, Gonçalo Mabunda, Mauro Pinto e Filipe Branquinho, danno avvio in questa esposizione ad una conversazione dialogica su violenza, corruzione e ingiustizia sociale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Presentato per la prima volta nel 2015 alla 56. Biennale di Venezia,
il Padiglione Nazionale del Mozambico ritorna in occasione della
58. Esposizione Internazionale d’Arte.
Il Padiglione Nazionale del Mozambico è stato commissionato
dall’On. Silva Armando Dunduru, Ministro della Cultura e del
Turismo della Repubblica del Mozambico dal Commissario
Domingos do Rosário Artur, Segretario permanente del Ministero
della Cultura e del Turismo della Repubblica del Mozambico, ed
è sostenuto e sponsorizzato da Africa Legal Network,
ADS Investment Solutions e Akka Project.
The Past, The Present and The in Between, a cura di
Lidija Kostic Khachatourian, intende mostrare attraverso un
approccio contemporaneo il passato travagliato della nazione del
Mozambico e le sue conseguenze, ancora evidenti nella società odierna.
Il tema della mostra viene interpretato dai tre artisti
contemporanei più rappresentativi del paese, Gonçalo Mabunda,
Mauro Pinto e Filipe Branquinho, ognuno dei quali è cresciuto
nel periodo post-coloniale, durante una delle più sanguinose
guerre civili del secolo scorso. Questo sfortunato evento
storico, durato dal 1977 al 1992, viene interpretato attraverso
diverse pratiche artistiche, con stili e risultati differenti.
Attraverso la loro produzione, gli artisti indagano la condizione
socioeconomica del proprio paese, analizzano il passato mettendo
in discussione il presente per un futuro migliore, portando in
questa mostra una riflessione sulla violenza, la corruzione e
l’ingiustizia sociale.
Rispetto ad altri paesi africani, la Repubblica del Mozambico ha
ottenuto l’indipendenza solo di recente, nel 1975, dopo dieci
anni di insurrezione contro i portoghesi, traguardo che è stato
rapidamente seguito da una guerra civile durata sedici anni.
Durante questo periodo la produzione artistica è stata fortemente
influenzata dalla complicata situazione politica e legata alla
creazione di un’identità nazionale.
L’indipendenza del Mozambico ha preannunciato l’inizio di una nuova
era per l’arte e gli artisti locali, che hanno iniziato a
mettere in discussione il proprio ruolo in una nuova nazione
che alla fine del colonialismo era ormai priva dei diritti
umani fondamentali.
Questa esperienza storica viene rappresentata attraverso una
ricerca artistica che intende testimoniare l’impatto che il
passato ha ancora sul presente.
La curatrice Lidija Kostic Khachatourian si trova generalmente
in giro per il mondo, alla ricerca di talenti emergenti presso
eventi artistici e centri d’arte che abbracciano il Medio Oriente,
l’Africa e l’Europa.
Con una particolare attenzione per l’arte contemporanea africana,
dal 2014 produce mostre ed eventi a Dubai, lavorando inoltre
come rappresentante di artisti internazionali, consulente
artistica e organizzatrice di mostre.
Gli Artisti
Gonçalo Mabunda - scultore
Nato a Maputo, Mozambico, nel 1975
• Vive e lavora a Maputo, Mozambico
Gonçalo Mabunda è interessato alla memoria collettiva del suo
paese, uscito solo di recente da una lunga guerra civile.
Mabunda riutilizza le armi recuperate nel 1992 alla fine del
conflitto civile durato sedici anni che ha diviso la regione,
creando oggetti di bellezza da strumenti di morte: mine terrestri,
kalashnikov, lanciarazzi, pistole, fucili, bombe e granate vengono
trasformati e riassemblati per creare sculture vivaci come troni,
animali preistorici con grandi ali e zampe, robot antropomorfi
dalle più svariate espressioni e peculiarità.
Le armi da guerra disattivate hanno un forte connotazione del
potere politico, ma i bellissimi oggetti creati da Mabunda
trasmettono anche una riflessione positiva sul potere trasformativo
dell’arte e sulla resilienza creativa delle società civili
africane.
Mabunda è più noto per i suoi “troni” che secondo l’artista
funzionano come attributi di potere, ma allo stesso tempo sono
simboli tribali e pezzi tradizionali di arte etnica africana.
Queste opere sono senza dubbio una maniera ironica di commentare
la sua esperienza infantile di violenza e assurdità, e la guerra
civile in Mozambico che ha isolato il suo paese per un lungo periodo.
Le opere di Mabunda sono state esposte al Museum Kunst Palast
di Dusseldorf, alla Hayward Gallery di Londra, al Centre Pompidou
di Parigi, al Mori Art Museum di Tokyo e alla Johannesburg Art
Gallery, tra le altre.
Mauro Pinto - fotografo
Nato a Maputo, Mozambico, nel 1974
• Vive e lavora a Maputo, Mozambico
Mauro Pinto, nel suo lavoro indaga la creazione visuale e i
sistemi di informazione e comunicazione, spesso attraverso un
sapiente gioco di contrasti provocatori.
Attraverso il suo obiettivo, l’artista celebra il mondo
quotidiano che lo circonda, con la straordinaria capacità di
cogliere la quiete dello spazio attraverso i suoi ritratti,
cercando di sfuggire ai “falsi” drammi catturando la realtà
attraverso una ricerca di senso da ritrovare con il tempo.
L’opera “BlackMoney” è una serie fotografica realizzata nella
piccola località di Moatize nella provincia di Tete, in Mozambico,
e documenta una complessa ricerca sul ruolo del carbone, un minerale
molto richiesto sui mercati mondiali e fonte di elevati
investimenti in Mozambico. I risultati di questi investimenti
sono appena visibili nella qualità di vita e di lavoro della
popolazione locale, mentre le società di estrazione operano
così in prossimità delle zone abitate che le comunità locali
sono direttamente colpite da questa attività.
E’ in questo contesto che questo lavoro osserva e analizza
l’impatto socio-economico di questa operazione, descrivendo
“l’eterna dualità dell’uomo e della natura, dei governi e dei
governati, dei conflitti e delle complicità come risultato
dell’avidità e della corruzione. Ad ogni sguardo, la resilienza
e la sopravvivenza di base restano l’unica fonte di luce
contro la tristezza e l’oscurità”.
Mauro Pinto ha partecipato a numerose mostre personali e
collettive in diversi paesi dell’Africa e dell’Europa.
I suoi lavori fotografici sono presenti in varie pubblicazioni
e riviste, e sono stati acquisiti in varie collezioni private
e istituzionali.
Filipe Branquinho - pittore, fotografo
Nato a Maputo, Mozambico, nel 1977
• Vive e lavora a Maputo, Mozambico
Filipe Branquinho, meglio conosciuto per le sue fotografie, produce
anche dipinti e disegni.
Nato nel 1977, è cresciuto in un ambiente strettamente legato
alla sfera giornalistica e artistica di Maputo.
L’estetica di Branquinho unisce i suoi studi sull’architettura e la
“scuola” della fotografia mozambicana, fondendo generi come il
ritratto e il paesaggio. Cresciuto tra i grandi nomi della fotografia
mozambicana come Ricardo Rangel, Kok Nam e José Cabral, si occupa di
questioni sociali legate alla realtà contemporanea del Mozambico,
indagandole fra le sue pieghe, tra mitologia e dinamiche urbane.
Nella sua pratica, Branquinho esplora temi come le differenze di
classe, il ruolo della politica e la memoria collettiva.
I suoi ritratti di grande formato sono individuali, ma sono
anche il “rilievo” o l’inventario degli spazi sociali e delle
architetture, che raccontano storie personali per delineare una
mappa documentaria di un mondo africano in mutamento.
In diversi progetti fotografici, l’artista propone una lettura
della realtà attuale del Mozambico, tra memoria e presente,
attualità nazionale e tradizione.
Nella serie di opere “Lipiko”, in cui utilizza le maschere Mapiko
della tradizione Maconde, Branquinho associa al disegno e alla
fotografia un forte senso di satira per proporre una riflessione
sugli aspetti e i valori degli affari nazionali contemporanei.
Dal periodo coloniale al post-socialismo, la performance di Mapiko,
tradizionale rito iniziatico, permette l’espressione di un mondo
magico invisibile, ma anche di critica sociale e di identità
messe in scena. Queste maschere Mapiko possono essere,
tradizionalmente, caricature di personaggi di un mondo magico
(immaginario) o di persone reali conosciute dalla comunità.
Le opere di Branquinho sono state selezionate per numerose mostre
collettive e personali in Mozambico, Brasile, Portogallo e Sudafrica.
La
Mostra
by Andrea Moreira
Il Padiglione Nazionale del Mozambico si propone di mostrare,
attraverso una prospettiva contemporanea, il passato travagliato
della nazione e le sue influenze nella società odierna.
A rappresentare questo viaggio sono tre artisti cresciuti nel
periodo post-coloniale, durante il quale il paese è stato travolto
da una lunga guerra civile durata dal 1977 al 1992.
Eredi di un comune contesto storico e culturale, Gonçalo Mabunda,
Mauro Pinto e Filipe Branquinho, producono argomenti diversificati
che convergono nella modalità in cui interrogano criticamente i
vettori del potere che influenzano ancora oggi negativamente la
vita di milioni di mozambicani.
I tre artisti offrono in questa mostra uno spazio di riflessione
che va oltre il piacere estetico, innescando una conversazione
dialogica sulla violenza, la corruzione e l’ingiustizia sociale.
L’integrazione dell’arte nella sfera pubblica è intrinsecamente
legata alla storia del Mozambico.
Durante l’era coloniale e il decennio dopo l’indipendenza, alcuni
rinomati artisti come Malangatana e Alberto Chissano, così come i
fotografi Ricardo Rangel, sono stati i potenti promotori di commenti
critici sui processi politici e sociali del paese attraverso
diverse espressioni artistiche. Il dopoguerra degli anni ‘90 e
l’inizio dell’era neoliberale hanno generato nuove soggettività e
nuovi linguaggi visivi.
Lavorando con mezzi diversi, i tre artisti presenti in questa
mostra danno un cenno ironico all’esperienza del disagio umano.
Il risultato è un’opera d’arte che indaga la politica contemporanea
e la cultura popolare, con inclinazioni poetiche e talvolta
umoristiche. Estremamente attenti a ciò che accade intorno a
loro, in particolare alle dimensioni più profonde dell’esperienza
umana, il loro lavoro parla al nostro io più empatico.
Mabunda, Pinto e Branquinho hanno da tempo superato i limiti
nazionali per quanto riguarda la produzione e la diffusione della
propria arte, assicurandosi un riconoscimento a livello mondiale,
e rappresentando spesso il proprio paese all’estero.
il Padiglione Nazionale del Mozambico ritorna in occasione della
58. Esposizione Internazionale d’Arte.
Il Padiglione Nazionale del Mozambico è stato commissionato
dall’On. Silva Armando Dunduru, Ministro della Cultura e del
Turismo della Repubblica del Mozambico dal Commissario
Domingos do Rosário Artur, Segretario permanente del Ministero
della Cultura e del Turismo della Repubblica del Mozambico, ed
è sostenuto e sponsorizzato da Africa Legal Network,
ADS Investment Solutions e Akka Project.
The Past, The Present and The in Between, a cura di
Lidija Kostic Khachatourian, intende mostrare attraverso un
approccio contemporaneo il passato travagliato della nazione del
Mozambico e le sue conseguenze, ancora evidenti nella società odierna.
Il tema della mostra viene interpretato dai tre artisti
contemporanei più rappresentativi del paese, Gonçalo Mabunda,
Mauro Pinto e Filipe Branquinho, ognuno dei quali è cresciuto
nel periodo post-coloniale, durante una delle più sanguinose
guerre civili del secolo scorso. Questo sfortunato evento
storico, durato dal 1977 al 1992, viene interpretato attraverso
diverse pratiche artistiche, con stili e risultati differenti.
Attraverso la loro produzione, gli artisti indagano la condizione
socioeconomica del proprio paese, analizzano il passato mettendo
in discussione il presente per un futuro migliore, portando in
questa mostra una riflessione sulla violenza, la corruzione e
l’ingiustizia sociale.
Rispetto ad altri paesi africani, la Repubblica del Mozambico ha
ottenuto l’indipendenza solo di recente, nel 1975, dopo dieci
anni di insurrezione contro i portoghesi, traguardo che è stato
rapidamente seguito da una guerra civile durata sedici anni.
Durante questo periodo la produzione artistica è stata fortemente
influenzata dalla complicata situazione politica e legata alla
creazione di un’identità nazionale.
L’indipendenza del Mozambico ha preannunciato l’inizio di una nuova
era per l’arte e gli artisti locali, che hanno iniziato a
mettere in discussione il proprio ruolo in una nuova nazione
che alla fine del colonialismo era ormai priva dei diritti
umani fondamentali.
Questa esperienza storica viene rappresentata attraverso una
ricerca artistica che intende testimoniare l’impatto che il
passato ha ancora sul presente.
La curatrice Lidija Kostic Khachatourian si trova generalmente
in giro per il mondo, alla ricerca di talenti emergenti presso
eventi artistici e centri d’arte che abbracciano il Medio Oriente,
l’Africa e l’Europa.
Con una particolare attenzione per l’arte contemporanea africana,
dal 2014 produce mostre ed eventi a Dubai, lavorando inoltre
come rappresentante di artisti internazionali, consulente
artistica e organizzatrice di mostre.
Gli Artisti
Gonçalo Mabunda - scultore
Nato a Maputo, Mozambico, nel 1975
• Vive e lavora a Maputo, Mozambico
Gonçalo Mabunda è interessato alla memoria collettiva del suo
paese, uscito solo di recente da una lunga guerra civile.
Mabunda riutilizza le armi recuperate nel 1992 alla fine del
conflitto civile durato sedici anni che ha diviso la regione,
creando oggetti di bellezza da strumenti di morte: mine terrestri,
kalashnikov, lanciarazzi, pistole, fucili, bombe e granate vengono
trasformati e riassemblati per creare sculture vivaci come troni,
animali preistorici con grandi ali e zampe, robot antropomorfi
dalle più svariate espressioni e peculiarità.
Le armi da guerra disattivate hanno un forte connotazione del
potere politico, ma i bellissimi oggetti creati da Mabunda
trasmettono anche una riflessione positiva sul potere trasformativo
dell’arte e sulla resilienza creativa delle società civili
africane.
Mabunda è più noto per i suoi “troni” che secondo l’artista
funzionano come attributi di potere, ma allo stesso tempo sono
simboli tribali e pezzi tradizionali di arte etnica africana.
Queste opere sono senza dubbio una maniera ironica di commentare
la sua esperienza infantile di violenza e assurdità, e la guerra
civile in Mozambico che ha isolato il suo paese per un lungo periodo.
Le opere di Mabunda sono state esposte al Museum Kunst Palast
di Dusseldorf, alla Hayward Gallery di Londra, al Centre Pompidou
di Parigi, al Mori Art Museum di Tokyo e alla Johannesburg Art
Gallery, tra le altre.
Mauro Pinto - fotografo
Nato a Maputo, Mozambico, nel 1974
• Vive e lavora a Maputo, Mozambico
Mauro Pinto, nel suo lavoro indaga la creazione visuale e i
sistemi di informazione e comunicazione, spesso attraverso un
sapiente gioco di contrasti provocatori.
Attraverso il suo obiettivo, l’artista celebra il mondo
quotidiano che lo circonda, con la straordinaria capacità di
cogliere la quiete dello spazio attraverso i suoi ritratti,
cercando di sfuggire ai “falsi” drammi catturando la realtà
attraverso una ricerca di senso da ritrovare con il tempo.
L’opera “BlackMoney” è una serie fotografica realizzata nella
piccola località di Moatize nella provincia di Tete, in Mozambico,
e documenta una complessa ricerca sul ruolo del carbone, un minerale
molto richiesto sui mercati mondiali e fonte di elevati
investimenti in Mozambico. I risultati di questi investimenti
sono appena visibili nella qualità di vita e di lavoro della
popolazione locale, mentre le società di estrazione operano
così in prossimità delle zone abitate che le comunità locali
sono direttamente colpite da questa attività.
E’ in questo contesto che questo lavoro osserva e analizza
l’impatto socio-economico di questa operazione, descrivendo
“l’eterna dualità dell’uomo e della natura, dei governi e dei
governati, dei conflitti e delle complicità come risultato
dell’avidità e della corruzione. Ad ogni sguardo, la resilienza
e la sopravvivenza di base restano l’unica fonte di luce
contro la tristezza e l’oscurità”.
Mauro Pinto ha partecipato a numerose mostre personali e
collettive in diversi paesi dell’Africa e dell’Europa.
I suoi lavori fotografici sono presenti in varie pubblicazioni
e riviste, e sono stati acquisiti in varie collezioni private
e istituzionali.
Filipe Branquinho - pittore, fotografo
Nato a Maputo, Mozambico, nel 1977
• Vive e lavora a Maputo, Mozambico
Filipe Branquinho, meglio conosciuto per le sue fotografie, produce
anche dipinti e disegni.
Nato nel 1977, è cresciuto in un ambiente strettamente legato
alla sfera giornalistica e artistica di Maputo.
L’estetica di Branquinho unisce i suoi studi sull’architettura e la
“scuola” della fotografia mozambicana, fondendo generi come il
ritratto e il paesaggio. Cresciuto tra i grandi nomi della fotografia
mozambicana come Ricardo Rangel, Kok Nam e José Cabral, si occupa di
questioni sociali legate alla realtà contemporanea del Mozambico,
indagandole fra le sue pieghe, tra mitologia e dinamiche urbane.
Nella sua pratica, Branquinho esplora temi come le differenze di
classe, il ruolo della politica e la memoria collettiva.
I suoi ritratti di grande formato sono individuali, ma sono
anche il “rilievo” o l’inventario degli spazi sociali e delle
architetture, che raccontano storie personali per delineare una
mappa documentaria di un mondo africano in mutamento.
In diversi progetti fotografici, l’artista propone una lettura
della realtà attuale del Mozambico, tra memoria e presente,
attualità nazionale e tradizione.
Nella serie di opere “Lipiko”, in cui utilizza le maschere Mapiko
della tradizione Maconde, Branquinho associa al disegno e alla
fotografia un forte senso di satira per proporre una riflessione
sugli aspetti e i valori degli affari nazionali contemporanei.
Dal periodo coloniale al post-socialismo, la performance di Mapiko,
tradizionale rito iniziatico, permette l’espressione di un mondo
magico invisibile, ma anche di critica sociale e di identità
messe in scena. Queste maschere Mapiko possono essere,
tradizionalmente, caricature di personaggi di un mondo magico
(immaginario) o di persone reali conosciute dalla comunità.
Le opere di Branquinho sono state selezionate per numerose mostre
collettive e personali in Mozambico, Brasile, Portogallo e Sudafrica.
La
Mostra
by Andrea Moreira
Il Padiglione Nazionale del Mozambico si propone di mostrare,
attraverso una prospettiva contemporanea, il passato travagliato
della nazione e le sue influenze nella società odierna.
A rappresentare questo viaggio sono tre artisti cresciuti nel
periodo post-coloniale, durante il quale il paese è stato travolto
da una lunga guerra civile durata dal 1977 al 1992.
Eredi di un comune contesto storico e culturale, Gonçalo Mabunda,
Mauro Pinto e Filipe Branquinho, producono argomenti diversificati
che convergono nella modalità in cui interrogano criticamente i
vettori del potere che influenzano ancora oggi negativamente la
vita di milioni di mozambicani.
I tre artisti offrono in questa mostra uno spazio di riflessione
che va oltre il piacere estetico, innescando una conversazione
dialogica sulla violenza, la corruzione e l’ingiustizia sociale.
L’integrazione dell’arte nella sfera pubblica è intrinsecamente
legata alla storia del Mozambico.
Durante l’era coloniale e il decennio dopo l’indipendenza, alcuni
rinomati artisti come Malangatana e Alberto Chissano, così come i
fotografi Ricardo Rangel, sono stati i potenti promotori di commenti
critici sui processi politici e sociali del paese attraverso
diverse espressioni artistiche. Il dopoguerra degli anni ‘90 e
l’inizio dell’era neoliberale hanno generato nuove soggettività e
nuovi linguaggi visivi.
Lavorando con mezzi diversi, i tre artisti presenti in questa
mostra danno un cenno ironico all’esperienza del disagio umano.
Il risultato è un’opera d’arte che indaga la politica contemporanea
e la cultura popolare, con inclinazioni poetiche e talvolta
umoristiche. Estremamente attenti a ciò che accade intorno a
loro, in particolare alle dimensioni più profonde dell’esperienza
umana, il loro lavoro parla al nostro io più empatico.
Mabunda, Pinto e Branquinho hanno da tempo superato i limiti
nazionali per quanto riguarda la produzione e la diffusione della
propria arte, assicurandosi un riconoscimento a livello mondiale,
e rappresentando spesso il proprio paese all’estero.
09
maggio 2019
58. Biennale di Venezia – Padiglione Mozambico: The Past, the Present and The in Between
Dal 09 maggio al 24 novembre 2019
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
PALAZZO MORA
Venezia, Strada Nova, 3659, (Venezia)
Venezia, Strada Nova, 3659, (Venezia)
Orario di apertura
dalle 10 alle 18
chiuso i martedì
Vernissage
9 Maggio 2019, h 17 Cerimonia d'apertura e anteprima stampa
- Pre-apertura 9 - 10 maggio 2019 dalle ore 18
Autore
Curatore