18 marzo 2015

Documentare lo scempio

 
Dopo l'annuncio del direttore del museo di Mosul, che ha confermato che le statue distrutte dall'Is erano copie, ora arrivano i documentari della “presa delle chiese”. Stavolta con l'ombra della verità

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Ma sarà vero? Lo Stato Islamico colpisce così come mostrano i media? No, non siamo impazziti, e non stiamo cambiando versione dei fatti e delle idee che abbiamo espresso a riguardo, ma quel che è vero è che sempre di più – dopo video (presuntamente) artefatti di decapitazioni in riva al mare, esecuzioni di ostaggi, e ora anche con la dichiarazione del direttore del museo di Mosul, che ha riportato che le statue distrutte dagli Jihadisti erano dei falsi – viene quasi da dubitare di tutte le immagini cruente che arrivano dall’Iraq, e non solo. Oggi, per esempio, la stampa generalista si è accorta della presa delle Chiese, specialmente proprio quelle irachene, da mesi ridotte a depositi di armi e munizioni, dormitori, laboratori per l’Isis. Che invece di distruggerle, come ben si confarebbe alla loro “etica”, le tengono in piedi per decontestualizzarle. Comoda la vita. L’unica cosa che cancellano, smantellato quando si tratta di elemento scultoreo, è il crocifisso. Azzerano il simbolo, ma il sacro – per chi è credente e anche per chi crede nel valore delle consacrazioni, di qualsiasi stampo esse siano, permane. 
Bisognerebbe dire ai signori che occupano le Chiese per farne tribunali o moschee, che è difficile pensare di fare di un obitorio una sala da pranzo, come è stato difficilissimo per Duchamp dimostrare che un orinatoio diveniva una fontana. Ma in questo caso siamo allo spostamento e ad una elevazione del linguaggio, mentre per quanto riguarda le chiese riadattate c’è sotto l’idea di fare scempio dell’altro, depredandone i simboli, facendo tabula rasa. Che altro possiamo dire di fronte a contata sfacciata ostentazione di superiorità? Vere o false che siano le immagini, c’è ormai una sorta di presentimento storico, che arriva proprio con queste prese di posizione: che un certo popolo dell’Islam altro non sappia fare che distruggere. E che quando non resterà nulla da commerciare, contrabbandare, uccidere o sottomettere, e non ci vorrà molto, forse sarà l’alba di una nuova civiltà. 

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