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The Ground We Have in Common
Le Gallerie delle Prigioni e la Fondazione Benetton Studi Ricerche presentano The Ground We Have in Common, la mostra dedicata alla trentesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, che quest’anno vede protagonisti I giardini del tè di Dazhangshan in Cina
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Le Gallerie delle Prigioni e la Fondazione Benetton Studi Ricerche presentano The Ground
We Have in Common, la mostra dedicata alla trentesima edizione del Premio Internazionale
Carlo Scarpa per il Giardino, che quest’anno vede protagonisti I giardini del tè di
Dazhangshan in Cina.
In occasione della trentesima edizione, la mostra, parte integrante delle attività che
costituiscono il Premio, si tiene per la prima volta alle Gallerie delle Prigioni di Treviso e
affianca alla componente documentaria l’esposizione di opere d’arte contemporanea.
Partendo dall’esplorazione del paesaggio dei giardini del tè di Dazhangshan, il percorso
della mostra mette in luce il contesto geografico e architettonico di un territorio che è
storicamente il cuore delle coltivazioni della pianta del tè e della produzione della bevanda
che ne deriva, la sua valenza storica e culturale.
Nelle fattorie di Dazhangshan, nella contea di Wuyuan, oltre duecentocinquanta famiglie di
agricoltori coltivano le piante del tè secondo i principi dell’agricoltura biologica, tenendo vivo
un luogo in cui lo stretto rapporto tra il paesaggio e chi da esso ricava sostentamento
garantisce la continuità di tradizioni culturali e valori estetici, in condizioni di equilibrio tra
uomo e natura. Sono questi i temi approfonditi anche dal documentario creato appositamente
per questa edizione del Premio e diretto da Davide Gambino, in collaborazione con Gabriele
Gismondi.
The Ground We Have in Common ripercorre quindi idee e temi che hanno attraversato
alcune delle precedenti edizioni di questo Premio a un luogo, con opere d’arte, materiali
d’archivio, testi, fotografie, pubblicazioni e video. Unendo ricerca artistica e indagine
paesaggistica, l’esposizione si snoda tra contributi di natura diversa ed esplora i linguaggi
scelti da artisti contemporanei che indagano la nozione di giardino in senso ampio e quella
della cura della terra.
Una selezione di opere si relaziona con i temi essenziali del Premio Carlo Scarpa ma
attraverso chiavi di lettura diverse. Storia e memoria sono le lenti attraverso cui osservare la
relazione simbiotica tra l’umanità e l’ambiente naturale, lasciando emergere interrogativi che
riguardano la tutela di quest’ultimo da un lato e le istanze di rinnovamento dall’altro.
L’indagine si sofferma poi sul ruolo che il commercio e lo scambio hanno nel determinare il
modo in cui viviamo i contesti che ci circondano. Idea, questa, che esplora l’opera sonora di
Susan Hiller, ispirandosi alle teorie di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari, mentre
le fotografie di Petros Efstathiadis esprimono un rapporto complesso con il proprio luogo d’origine, un’esperienza fortemente legata al contesto locale dell’artista e che, allo stesso
tempo, rappresenta un vissuto condiviso universalmente.
Un altro tema presente nella selezione delle opere è la fisicità degli elementi naturali. Frutta,
foglie e semi sono la materia prima che compone le delicate architetture naturali di Christiane
Löhr, mentre il legno è il tramite per la percezione del suono nel lavoro di Michele Spanghero,
e, ancora, c’è la creta, che dà forma alla creazione di William Cobbing commissionata
appositamente per la mostra. Questi materiali sono un omaggio alle competenze manuali e
teoriche necessarie a trasformare il paesaggio e a trasmettere la conoscenza della cura
condivisa della terra e dell’ambiente dal contesto locale a quello globale.
We Have in Common, la mostra dedicata alla trentesima edizione del Premio Internazionale
Carlo Scarpa per il Giardino, che quest’anno vede protagonisti I giardini del tè di
Dazhangshan in Cina.
In occasione della trentesima edizione, la mostra, parte integrante delle attività che
costituiscono il Premio, si tiene per la prima volta alle Gallerie delle Prigioni di Treviso e
affianca alla componente documentaria l’esposizione di opere d’arte contemporanea.
Partendo dall’esplorazione del paesaggio dei giardini del tè di Dazhangshan, il percorso
della mostra mette in luce il contesto geografico e architettonico di un territorio che è
storicamente il cuore delle coltivazioni della pianta del tè e della produzione della bevanda
che ne deriva, la sua valenza storica e culturale.
Nelle fattorie di Dazhangshan, nella contea di Wuyuan, oltre duecentocinquanta famiglie di
agricoltori coltivano le piante del tè secondo i principi dell’agricoltura biologica, tenendo vivo
un luogo in cui lo stretto rapporto tra il paesaggio e chi da esso ricava sostentamento
garantisce la continuità di tradizioni culturali e valori estetici, in condizioni di equilibrio tra
uomo e natura. Sono questi i temi approfonditi anche dal documentario creato appositamente
per questa edizione del Premio e diretto da Davide Gambino, in collaborazione con Gabriele
Gismondi.
The Ground We Have in Common ripercorre quindi idee e temi che hanno attraversato
alcune delle precedenti edizioni di questo Premio a un luogo, con opere d’arte, materiali
d’archivio, testi, fotografie, pubblicazioni e video. Unendo ricerca artistica e indagine
paesaggistica, l’esposizione si snoda tra contributi di natura diversa ed esplora i linguaggi
scelti da artisti contemporanei che indagano la nozione di giardino in senso ampio e quella
della cura della terra.
Una selezione di opere si relaziona con i temi essenziali del Premio Carlo Scarpa ma
attraverso chiavi di lettura diverse. Storia e memoria sono le lenti attraverso cui osservare la
relazione simbiotica tra l’umanità e l’ambiente naturale, lasciando emergere interrogativi che
riguardano la tutela di quest’ultimo da un lato e le istanze di rinnovamento dall’altro.
L’indagine si sofferma poi sul ruolo che il commercio e lo scambio hanno nel determinare il
modo in cui viviamo i contesti che ci circondano. Idea, questa, che esplora l’opera sonora di
Susan Hiller, ispirandosi alle teorie di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari, mentre
le fotografie di Petros Efstathiadis esprimono un rapporto complesso con il proprio luogo d’origine, un’esperienza fortemente legata al contesto locale dell’artista e che, allo stesso
tempo, rappresenta un vissuto condiviso universalmente.
Un altro tema presente nella selezione delle opere è la fisicità degli elementi naturali. Frutta,
foglie e semi sono la materia prima che compone le delicate architetture naturali di Christiane
Löhr, mentre il legno è il tramite per la percezione del suono nel lavoro di Michele Spanghero,
e, ancora, c’è la creta, che dà forma alla creazione di William Cobbing commissionata
appositamente per la mostra. Questi materiali sono un omaggio alle competenze manuali e
teoriche necessarie a trasformare il paesaggio e a trasmettere la conoscenza della cura
condivisa della terra e dell’ambiente dal contesto locale a quello globale.
10
maggio 2019
The Ground We Have in Common
Dal 10 maggio al 30 giugno 2019
arte contemporanea
Location
GALLERIE DELLE PRIGIONI
Treviso, Piazza Del Duomo, 20, (Treviso)
Treviso, Piazza Del Duomo, 20, (Treviso)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì ore 15-19,
sabato e domenica 10-13/ 15-19
Vernissage
10 Maggio 2019, ore 18
Autore
Curatore