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Ore quindici, si riparte. All’Arsenale ancora una parte della mostra di Enwezor, ancora parole. Una performance dell’artista Dora Garcia. Tutto parte dal testo di un seminario di Lacan dal titolo The Sinthome Score. L’artista non è nuova alla collaborazione con il curatore, che ha già presentato questo lavoro in una precedente occasione. Due sono i momenti cruciali, un uomo legge il testo, un altro si esprime attraverso il linguaggio del corpo. Movimenti che sono distintamente proposti da Lacan nel testo, messo anche a disposizione degli spettatori.
Esattamente di fronte un altro lavoro performativo, che ha peró uno spessore apparentemente più sociale. Un uomo cinese realizza mattoni in diretta, mattoni che potranno essere successivamente acquistati dagli spettatori per la cifra di dieci euro. Rirkrit Tiravanija, che del lavoro è l’ideatore, invita i visitatori ad acquistare un mattone, diventando così collezionisti di parte del lavoro. La somma totale poi andrà all’Iscos, organizzazione no profit.
Stanchi ma contenti di ciò che finora abbiamo visto ci dirigiamo verso i padiglioni stranieri. Cile, IILA, Lettonia, Albania. Tutti lavori con impronte molto diverse, con cifre ben definite,che raccontano ognuno realtà contingenti. Dovrebbe essere sempre così, viene da chiedersi mentre pensiamo al padiglione Italia, di cui non mi sento di aggiungere altro a ciò che è stato scritto.
Quello che più convince sono le idee alla base di tutto; prendiamo per esempio il padiglione delle isole Tuvalu, 9 isole che si trovano nel Pacifico, isole che sono a cinque metri sopra il mare, isole che stanno scomparendo a causa del riscaldamento globale. L’artista ha voluto prendere spunto da un problema della sua terra per condividere una preoccupazione che ha anche Venezia. Ha creato dunque una sorta di piscina, attraversabile grazie a delle passerelle, elemento precipuo di Venezia.
Stesso discorso, le tematiche importanti, riguardano il padiglione Albanese. Abbiamo parlato con il curatore Marco Scotini, che ci ha raccontato in maniera entusiasta di come l’Albania sia diventato un paese protagonista importante della Biennale, con il lavoro intenso e struggente di Armando Lulaj. Una riflessione decisa sulla storia sociale albanese, raccontata attraverso tre video, materiale d’archivio, oltre ad un enorme scheletro di balena.
Con le forze ormai al limite, dopo un caffè doppio, ci allontaniamo dall’arsenale per arrivare in zona Accademia, dove ci aspetto una sorprendente mostra di Merz. Sale molto ben allestite, cura impeccabile, come ci dice Angel Moya Garcia, direttore dell’Accademia della Scompiglio, a Lucca.
Fine della prima giornata veneziana!
s.v.
foto altrospazio