Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Atmosfera decisamente famigliare, pochi fronzoli, tante opere, galleristi che chiacchierano (ma sono pochi, e questo forse fa davvero la differenza). Siamo alla decima edizione del Salon Zürcher, la quinta a Manhattan, della “mini-fair” che riunisce al 33 di Bleecker Street (sede della Zürcher Gallery, appunto) nell’ordine: Cathouse Funeral, da Brooklyn; Collaud Koulinsky, Isabelle Gounod, L’Inlassable, tutte da Parigi e The Merchant House, da Amsterdam.
Un salotto che, nel suo piccolo, ha dato il via a tante iniziative simili, tra cui Seven, a Williamsburg, che avremo modo di raccontarvi tra un po’.
Ma che c’è, insomma, in questo Salon Zürcher? Dire che sia imperdibile sarebbe sparare grosso, ma certamente qualcosa di curioso si può scoprire.
Cathouse Funeral propone senza dubbio i due lavori più interessanti di tutta la sala: c’è l’immenso giubbotto di jeans di Brad Benischek appeso, a rappresentare quella Ghost city che è, in parte ancora, New Orleans, mentre a terra quelle che potrete in apparenza scambiare per un paio di piste da minigolf sono l’intervento di Tim Simonds, In corners. L’artista gioca con la forma delle lettere P D Q B, leggibili alternativamente in minuscolo o ribaltate, e che hanno a fare con l’alfabeto primario dei bambini e i fonemi che ricordano le funzioni vitali, pipì e pupù in primis. Troppo concettuale un “parco giochi” all’angolo tra forma e linguaggio? Allora guardatevi intorno: tra disegni, pittura e assemblages vari non mancano le possibilità. Se invece cercate nomi altisonanti, opere museali e cifre stellari beh, questo piccolo angolo del Lower East decisamente newyorchese non fa per voi.