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A Milano al via oggi, 4 giugno, i cinque giorni di Walk-In Studio. Festival degli spazi e degli studi d’artista: «gli artisti che abitano e lavorano a Milano – spiega il comunicato stampa – aprono le porte dei loro studi e invitano a esporre altri autori in mostre e performance, attivando così un circuito di scambio e di stimoli comuni e condivisi. Questa prima edizione propone 47 progetti diffusi in tutta la città che coinvolgono oltre 250 artisti».
Abbiamo posto alcune domande ad Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà, soci e animatori dell’associazione Studi e spazi festival che ha fondato Walk-In Studio.
Walk-In Studio si colloca in un filone di iniziative che affonda le radici lontano nel tempo…
«Il Festival, che apre gli studi e gli spazi d’artista al pubblico, a Milano è nato come Studi Festival quattro anni fa. Come iniziativa ha tantissimi precedenti storici, ciascuno con le proprie peculiarità, sia in Italia – a Torino, Firenze, Carrara e in altre città -, sia all’estero, a Berlino il BOS ha 5 anni, a Lisbona l’AAA esiste da 9 anni, a Parigi il Belleville addirittura da una trentina d’anni. Noi, come Premiata Ditta, abbiamo fatto la nostra prima mostra personale nel 1988 proprio in una circostanza di questo tipo, ospiti dello studio di Corrado Levi, uno dei primissimi artist run space di Milano. Successivamente, in anni diversi, in città si sono svolte varie iniziative di questo genere».
Che rapporto c’è tra Walk-In Studio e Studi Festival?
«Nel 2014 abbiamo dato vita a Studi Festival insieme ad altri due artisti, il progetto ha avuto tre edizioni ed è cresciuto molto fin da subito, al punto che gli artisti venivano anche da altre città e si organizzavano perfino in spazi improbabili per fare mostre insieme e partecipare. Tutto questo ha creato una bellissima atmosfera, ma una dei quattro fondatori ha deciso di appropriarsi di tutta l’iniziativa distruggendo le basi su cui si reggeva l’intero festival. Per un anno il festival è saltato, ma c’era un continuo chiedere, da parte degli artisti, di farlo ripartire. Abbiamo percepito fortemente l’energia delle persone e la loro voglia di partecipazione, un impulso che per noi si è trasformato in una responsabilità».
In che cosa consiste il nuovo modello operativo?
«Abbiamo proceduto ragionando sul fatto che perdere questa iniziativa per la città sarebbe stato grave e quindi abbiamo lanciato un appello, che è stato sottoscritto da quasi 200 persone, in cui chiedevamo di ricostituire un’iniziativa legata agli spazi e agli studi d’artista, ma su basi completamente diverse: è nata così un’associazione in cui i partecipanti possono autodeterminare gli sviluppi e il futuro dell’intero festival. Questo è un elemento fondamentale, perché permette che la “curatela”, l’organizzazione del progetto possa essere davvero collegiale, collettiva, partecipata, rispecchiando pienamente la natura intrinseca della manifestazione: tutti possono entrare nell’associazione e determinarne gli sviluppi».
Voi che ruolo ricoprite?
«Abbiamo messo a disposizione dell’associazione tutta l’eredità della nostra esperienza precedente, dalle idee ai contatti, ma non abbiamo voluto ricoprire nessuna carica a livello istituzionale: una volta avviato il meccanismo abbiamo fatto un passo indietro, c’è un comitato organizzativo e noi siamo soci ordinari».
Da dove deriva la decisione di procedere in questo modo?
«Il desiderio di attivare questo meccanismo è nato dall’esserci resi conto che è la natura stessa di Walk-In Studio a renderlo un bene comune, un patrimonio comune che ha suscitato un grande desiderio di partecipazione e che ha attivato una grande professionalità da parte di tutti coloro che, a vario titolo, hanno scelto di partecipare. Artisti e curatori propongono mostre ed eventi che nascono dalle loro idee e dai loro contatti, dalle loro capacità e dai loro interessi: il progetto è di tutti perché tutti collaborano a fare sì che esista. Questo progetto è in linea con il lavoro artistico basato sulla partecipazione e sull’interazione che noi stessi abbiamo portato avanti per oltre trent’anni, sia come Premiata Ditta che come UnDo.Net».
Avete stabilito un tema per questa edizione?
«Ognuno propone ciò che preferisce. Tra le proposte di quest’anno si possono individuare dei filoni che accomunano varie iniziative, come il rapporto con la natura, il discorso femminista, la relazione con la storia, il dialogo con altre forme di studio, pensiero e visioni del mondo.
Un aspetto molto interessante di Walk-In Studio è l’attenzione al territorio, che diventa la prosecuzione naturale dello studio dell’artista, che non termina sulla sua soglia».
Avete scelto un modo particolare di documentare il festival…
«Giorno per giorno gli studenti delle Scuole di Fotografia e di Pratiche curatoriali dell’Accademia di Belle Arti di Brera e della Naba – Nuova Accademia di Belle Arti documenteranno le varie mostre con immagini e brevi testi, “opinioni”, sulle mostre e via via sarà tutto online già dal giorno successivo».
Un sogno per il futuro?
«Siamo a Milano, Walk-In Studio prende corpo qui, ma sarebbe molto interessante riuscire, in futuro, a collegarlo con altre iniziative che già ci sono – o nasceranno – in altre città, per creare dei collegamenti, attivare scambi di idee e di progetti». (Silvia Conta)
Walk-In Studio. Festival degli spazi e studi d’artista
Dal 4 all’8 giugno 2019
Tutto il programma qui: www.walkinstudio.it