05 giugno 2015

Musei che scoppiano. E non di salute

 
Che strana storia quella dei musei sovraffollati. Se in Italia, da un lato, spingiamo per fare entrare pubblico, dall'altro le strutture sono inadeguate per i pezzi che ospitano. E i soldi per gli ampliamenti dove sono? Ma che ne sa il visitatore medio? E chi fa i conti con la propria coscienza?

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Davvero vale la pena fare ore di fila, spintonarsi, scattare una foto con decine di mani davanti e, dopo dieci secondi, essere cacciati? A volte, davvero, dovremmo chiederci questo. L’esempio di cui sopra è il tempo di “permanenza” di fronte alla Gioconda, al Louvre. Ma non va meglio ai Musei Vaticani, agli Uffizi, all’Orsay. In una inchiesta Repubblica spiega che è anche il potere del dollaro sull’euro a intasare i musei europei, ma ancora di più – probabilmente – è l’idea che una visita al museo valga come lasciapassare per un nuovo status symbol dai contorni fumosi, risultato di una inculturazione da social media e pagine di moda. Mettiamoci poi che i turisti, nel Paese “del sole”, se la spassano parecchio e che nulla c’è di meglio che un week end con un volo a basso costo per saccheggiare un po’ le città ospiti. 
Che i musei del mondo, dagli Smithsonian di Washington alla Tate di Londra, dal MoMA di New York allo stesso Louvre di Parigi stiano cercando di correre ai ripari estendendosi, è fatto noto, ma stavolta siamo ben oltre la concezione di contenitore-supermercato-parco di divertimenti. Stavolta, come ha annunciato la Reggia di Versailles dal suo sito web, “si prega di rimandare la visita”. Causa folla. Perché quale visita può essere educativa, istruttiva e anche divertente (perché in fondo si va al museo anche per questo) se invece la baraonda è tale che i corridoi sono un mero passaggio dello “struscio” domenicale in versione “colta”?
Certo, ci si risponderà che il turista giapponese magari al Louvre ci andrà solo una volta nella vita, ma cosa avrà raccolto da ore e ore passate a scansare la folla oceanica?
Il luogo di contemplazione non è nemmeno più Disneyland o una fiera, ma in un immenso ingorgo dal quale i veri amanti e affezionati dell’arte non vedono l’ora di uscire. Ma tant’è, la cultura è di tutti, giustamente. Gli aerei sono di tutti, giustamente. La bellezza è di tutti, giustamente. Dunque, giustamente, tutti in fila per ammirare il colletto della polo del proprio vicino. 
Rispetto al 2014 i musei europei, secondo il Wall Street Journal, hanno venduto il 50 per cento dei biglietti in più; Cappella Sistina e Louvre più 60 per cento; Torre Eiffel a bomba, con più 170 per cento.
«Gli Uffizi sono troppo piccoli rispetto all’importanza delle opere ospitate. Michelangelo, Botticelli, Leonardo richiamano milioni di persone. Il museo è il luogo in cui si educa il gusto e l’intelligenza, è evidente che l’affollamento non giova», ha spiegato il direttore Antonio Natali. E allora, nel nostro caso, c’è sempre la soluzione del dirottare flussi in altre aree di quel museo diffuso che è l’Italia. Ma che ne sa il visitatore medio degli Uffizi, del Louvre o dei Vaticani, dei tesori nascosti di Parigi, Roma o della Toscana, specialmente con la brevità dei soggiorni e le dozzine di luoghi “celebri” da fotografare, postare, instagrammare? Si accettano consigli, e lungimiranza. 

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