09 giugno 2015

La tecnologia può fare bene all’arte?

 
Il forte investimento annunciato da Sky sull’arte pone domande. E fa pensare a un possibile sviluppo verso i musei. Cercando di renderla sempre meno un’impresa da marziani

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Sarà per posizionarsi o accreditarsi in un settore piccolo ma autorevole, fatto sta che l’Italia torna a comunicare l’arte in Europa e lo fa con Sky e il nuovo investimento di 35 milioni di euro per il primo progetto paneuropeo nato dall’unione di BSkyB, Sky Deutschland e Sky Italia per offrire ai 21 milioni di clienti abbonati in Italia, Germania, Austria, Irlanda e Regno Unito, l’eccellenza del mondo dell’arte. 
Questo, intanto in cifre e in sigle, ma vediamo meglio di che cosa si tratta.  A Milano nascerà il primo Sky Arts Production Hub, nuovo polo di commissione e produzione per arte e cultura finanziato con 18 milioni di euro in tre anni per produrre programmi artistici di qualità per il pubblico europeo.  Spiega Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte HD:  «La scelta della sede a Milano è dovuta all’immagine e al patrimonio che l’Italia possiede a livello internazionale e la hub porterà a un aumento di posti di lavoro con nuovo personale sia italiano che tedesco», dando in questo modo – aggiungiamo noi – un aiuto allo sviluppo delle industrie culturali e creative sia in Italia che in Europa. 
Roberto Pisoni

Così il gruppo Sky si dimostra ancora una volta come il broadcaster che in Europa investe di più nell’arte: il 9 giugno, nel Regno Unito si sono fusi i due canali Sky Arts 1 e Sky Arts 2 per creare un unico servizio di Sky Arts on-demand con un’offerta di 1000 ore di contenuti culturali accompagnate da un aumento del 10% del bilancio di programmazione. I fuochi d’artificio a corredo dell’annuncio dell’investimento non sono mancati, come la promessa del più grande premio messo in palio per il vincitore del concorso fotografico che eleggerà nel 2016 lo “Sky Arts Photographer of the Year”.
Quindi, se solitamente l’estate è caratterizzata da una produzione televisiva scarsa, Sky inverte la tendenza. Infatti, lo Sky Arts Production Hub di Milano inizierà le prime attività proprio nei prossimi mesi con l’obiettivo di realizzare le prime produzioni per il 2016. Lo conferma sempre Pisoni, assicurando che «il prossimo autunno incominceranno le prime collaborazioni tra l’Italia e la Germania dalla quale potranno sorgere nuove opportunità straordinarie per l’hub milanese». In che senso? Per esempio con lo sconfinamento dalla televisione Sky verso il mondo dell’edutainment dei musei. 
Ma perché Sky continua a investire nel canale tra i meno importanti di tutto il suo palinsesto con il minor numero di dati auditel a confronto di Sky Cinema o Sky Sports che nella serata del 3 maggio ha raccolto il 10,8%, considerando il target commerciale 15-54 anni? Domanda lecita specie pensando che Sky Arte, per i numeri minimi che registra, non è neanche contemplato nei dati Auditel. Ma l’operazione del canale nella vasta piattaforma Sky va letta in termini di posizionamento per la qualità di contenuti che mostra di saper offrire. 
Achille Bonito Oliva, foto di Dino Ignani

Se negli anni Sessanta la Rai produceva una varietà di programmi legati all’Edutainment, oggi la tv pubblica continua a perdere share e qualità di programmi culturali e neanche due prime serate con Benigni sono in grado di riscattarne la mancanza. La Rai ha provato a riempire il vuoto televisivo lasciato dalla decennale esperienza con Philippe Daverio di Passepartout, con Achille Bonito Oliva di Fuori Quadro, programma che il 14 giugno prossimo riprende in otto puntate con nuove rubriche e una formula un po’ diversa da quella proposta un anno fa, il cui obiettivo rimane comunque quello di spiegare l’arte contemporanea al pubblico generalista della domenica. Bonito Oliva accompagna di nuovo i pranzi degli italiani con un viaggio alla scoperta dell’arte contemporanea, sconosciuta al grande pubblico italiano e che, abbandonando i rigidi confini della cornice, s’intreccia con il cinema, la fotografia, l’architettura, il teatro, la musica. Ma già nella scorsa edizione, nonostante la carica di “contemporaneità” che il programma si proponeva di fornire,  non è stato premiato dai risultati e neanche particolarmente apprezzato dalla stampa. 
Sky, insieme a canali come laeffe, canale tv del gruppo Feltrinelli, interviene quindi per riempire il vuoto profilatosi negli ultimi anni dalla tv generalista, ad eccezione del programma di Achille Bonito Oliva su Rai Tre e della programmazione di Rai 5, puntando sul potenziale comunicativo dell’arte, in particolare quella contemporanea, che offre una moltitudine di strumenti per sorprendere e affascinare il pubblico. E lo ha già fatto scommettendo su personaggi vicini al pubblico giovanile, come dimostra la scelta di utilizzare il presentatore di X Factor Alessandro Cattelan a fianco di uno dei più noti critici di arte contemporanea quale Francesco Bonami, tentativo poi replicato dai Ra1 con Dopotutto non è brutto, dove Bonami era affiancato da Geppi Cucciari. 
Alessandro Cattelan e Francesco Bonami, Potevo farlo anch'io

Tra scommesse e aggiustamenti di rotta, Sky ha capito il potenziale sviluppo di una domanda inevasa e ha mostrato come l’arte non sia qualcosa di estraneo, ma che è parte integrante della nostra vita quotidiana, insita nel DNA italiano. Forse serve solo che qualcuno insegni a leggerla, che ne faccia vivere l’esperienza diretta, facendoci entrare in contatto con Le “Meraviglie” del patrimonio culturale italiano. Così da programmi come Potevo farlo anch’io o L’arte non è Marte, Sky è ricorso alll’edutainment allargando il suo pubblico agli scettici dell’arte contemporanea e al mondo dell’infanzia, facendo scoprire il lato anche ludico del museo. 
Non è escluso, quindi, che Sky, investendo nell’arte, voglia realizzare un posizionamento che la porti sempre più dentro il mondo dei musei e dei servizi aggiuntivi. E perché non sperarlo visto che con la sua tecnologia potrebbe essere in grado di offrire una divulgazione delle opere, con un tocco di spettacolarità che non guasta, contenute all’interno dei musei? 
L'arte non è marte

Non che con questo si intenda trasformare i musei in parchi tematici, ma solo adattarli alle esigenze del grande pubblico, utilizzando la tecnologia di cui Sky dispone per rendere accattivante  la cultura, come per esempio accade per il pubblico americano abituato a realtà come il Cleveland Museum of Art che ha investito nel 3D per creare un’esperienza immersiva e rendendo il visitatore parte attiva nella sua esperienza visiva con l’opera. Ma non bisogna andare sempre Oltreoceano per rintracciare best practice, perché il caso delle domus romane di Palazzo Valentini ci confermano come sia possibile realizzare esempi positivi anche in Italia. 
Accompagnati dalla voce di Piero Angela, confortante e accreditata presso il grande pubblico, a Palazzo Valentini il 3d permette la ricostruzione delle strutture murarie, degli ambienti, delle decorazioni e degli arredi. La tecnologia utilizzata non si è sostituita alla realtà, ma ha solamente permesso di ricostruire le lacune offrendo un valore aggiunto all’esperienza e sottolineando l’unicità dell’opera autentica.  Il successo è stato dimostrato non solo dall’aumento del numero dei visitatori, che nel 2014 ha registrato un totale di 100mila turisti, ma anche dal posizionamento delle Domus di Palazzo Valentini al primo posto nella classifica redatta da TripAdvisor dei monumenti da veder in Italia, davanti sia al Colosseo che alla Galleria Borghese. 
Cleveland Museum of Art

Tutto questo per dimostrare come l’utilizzo della tecnologia non svaluti l’osservazione dell’opera d’arte. Per questo non sembrerebbe un’utopia leggere l’investimento di Sky nell’arte in vista di un futuro inserimento nel mondo dei servizi aggiuntivi per realizzare all’interno dei musei quello che già avviene nei suoi programmi. Attraverso il video e l’alta risoluzione si potrebbe entrare in contatto con particolari dell’opera o compiere collegamenti storico-tematici che in altro modo non sarebbe possibile. Così non si perderebbe il contatto con l’opera, ma al contrario si amplificherebbe l’esperienza educativa.
Il museo potrebbe allora essere meno marziano e più familiare nella nostra quotidianità e l’arte acquisterebbe in termini di bellezza, scoperta e diletto. Insomma un’esperienza da vivere. Sempre che il turismo di massa poi non saturi tutto. 
 

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