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17
giugno 2015
Durante il suo discorso di insediamento Sergio Mattarella aveva stupito un po’ tutti: non solo parole ufficiali, su leggi, stato, crisi ed economia, ma anche della “cultura come rinnovamento d’Italia”.
Sì, perchè come al solito la parola cultura riempie la bocca ma poi è difficilmente praticabile, a quanto pare, nonostante lo sforzo e i piccoli e importanti passi – senz’altro da ricoscere – che alcune iniziative del Mibact di cui abbiamo parlato spesso, stanno muovendo nel campo.
Ma Mattarella insiste, e ha nominato la cultura come “antidoto” contro la corruzione anche durante la cerimonia dei David di Donatello, rimarcando che corrompere è conseguenza di un impoverimento della civiltà e delle relazioni e lo ha ribadito anche ieri mattina, a Vicenza, per il centenario della nascita del politico DC Mariano Rumor. Radici culturali solide sono il metodo migliore contro la corruttibilità, e per la lealtà di idee e valori. Che sia un monito a qualcuno, o semplicemente la voglia di dare una lezione di stile? Poco importa, in un momento dove le sorti della politica italiana, con battibecchi e “avvertimenti” (vedi lo scontro Marino-Renzi) sono all’ordine del giorno, forse è nel pieno diritto (e anche dovere) del capo della Repubblica, tentare di mettere un po’ di ordine, di essere il pifferaio magico nella società dei topi. E se qualcuno finisse in fondo alla rupe e lasciare libero un posto beh, lode alla musica di Mattarella. (MB)