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Al via l’appuntamento annuale con l’intensa stagione estiva di luglio di Centrale Fies art work space, che da ieri a fine luglio proporrà una fittissima programmazione dedicata alla performance e alla performing art, che per il pubblico avrà il suo apice in “I P E R N A T U R A L”, XXXIX edizione di Drodesera, dal 19 al 27 luglio.
Ad aprire l’estate 2019 la mostra “Performativity”, a cura di Denis Isaia e Sara Enrico, primo capitolo di una trilogia sui rapporti fra la perfomance art e l’oggetto artistico, che in futuro sarà completata da “Performability” e “Performing”, rispettivamente dedicate alla performabilità di un oggetto artistico e alla sua stessa capacità di performare. Dodici gli artisti invitati per questo primo appuntamento: Marion Baruch, Alessandro Di Pietro, Sara Enrico, Philipp Gehmacher, Francesco Gennari, Esther Kläs, Andrea Kvas, Nicola Martini, Tania Perez Córdova, Alessandra Spranzi, Davide Stucchi, Franz Erhard Walther.
Abbiamo posto alcune domande sulla mostra a Denis Isaia e Sara Enrico.
“Performativity” è il primo capitolo di una trilogia sui rapporti tra performance e oggetto artistico. Come è nata la trilogia e perché avete deciso di indagare questo rapporto?
«Sette anni fa Centrale Fies ha intrapreso un percorso annuale sulla performance contemporanea oggi confluito nella “Free School of Performance”. Nel succedersi delle edizioni, all’interno di quel progetto sono sorte delle domande sull’utilizzo della documentazione dell’evento dal vivo a fini artistici e quindi sulla qualità dei rapporti fra un’azione e il suo riscontro oggettuale. Da quelle considerazioni sono nate alcune opere d’arte oggi parte della Collezione della Centrale e un percorso espositivo che esplora le relazioni fra la performance e l’oggetto. “Performativity” rientra in questo quadro in quanto primo capitolo di una trilogia che osserva l’interazione fra le arti fondate sul tempo e quelle fondate sullo spazio. Ci sono pertanto oggetti che sono il frutto di una azione o che sono stati da questa ispirati o condotti, come nel caso della mostra che apriamo ora, mentre nei prossimi capitoli ci occuperemo degli oggetti che devono essere attivati da un’azione, quelli “performabili” e di quelli che performano di per sè».
Che tipo di mostra è “Performativity”? Come è strutturato il percorso espositivo?
«La “performatività” è uno sguardo che permette di osservare con discreta solidità critica buona parte della storia dell’arte dal dopoguerra in avanti, ovvero dal momento in cui il processo irrompe nella fissità dell’oggetto. Da questo punto di vista è evidente come la performance tradizionale, quella che attribuiamo alle madrine e ai padrini della materia, sia solo la punta dell’iceberg di un ripensamento poetico e formale avviato decenni fa eppure tutt’oggi influente. Ciò ha giustificato la possibilità di guardare a pratiche perlopiù più recenti attraverso alcuni motivi conduttori che derivano dai nostri interessi artistici e curatoriali.
Un primo motivo è quello che indaga il rapporto fra la scultura e il tessuto. L’elasticità della stoffa permette a una forma scultorea di essere plasmata più e più volte, entrando costantemente in contatto temporale con lo spazio. Anche se i confini non sono netti, possiamo attribuire a questo motivo l’opera di Franz Erhald Walter che riconosce e fissa un punto storico originario e quelle di Marion Baruch, Philipp Gehmacher, Sara Enrico, Davide Stucchi. La scultura-pittura di Andrea Kvas introduce un altro motivo della mostra legato alla vita scenica della scultura e dell’oggetto. È in compagnia dell’opera totemica di Ester Kläs, della fotografia di Alessandra Spranzi e della macchina-scultura di Alessandro Di Pietro. Le opere di Tania Perez Cordova si propongono come oggetti instabili, parte scultura e parte evento, propongono sconfinamenti linguistici e repentini rientri nei ranghi. Il processo trasformativo è presente anche nell’opera di Nicola Martini come nell’autoritratto di Francesco Gennari che segnala il motivo centrale della mostra, indicando le potenzialità espressive dell’incontro fra il tempo (l’azione, il movimento) e lo spazio».
Una domanda all’organizzazione di Centrale Fies: “Performativity” apre la stagione estiva 2019 di Centrale Fies art work space, quale sarà la principale caratteristica di questa edizione?
«Centrale Fies art work space torna ad aprire le sue sale al pubblico con una programmazione diffusa, domenica 30 giugno con un doppio appuntamento che anticipa “I P E R N A T U R A L”, XXXIX edizione di Drodesera, il festival dedicato alle performing e alla performance art, dal 19 al 27 luglio.
Il claim di questa edizione recita: “biodiversity strives for high visibility”, ed è proprio la biodiversità il fulcro di Ipernatural passando attraverso le arti visive, la performance e la performing art. La caratteristica di questa edizione è far confluire una pratica artistica nell’altra, evidenziando sempre di più una natura olistica delle discipline legate alle arti e al contemporaneo». (Silvia Conta)
Performativity, vista della mostra, photo credits Roberta Segata per Centrale Fies
Marion Baruch, Alessandro Di Pietro, Sara Enrico, Philipp Gehmacher, Francesco Gennari, Esther Kläs, Andrea Kvas, Nicola Martini, Tania Perez Córdova, Alessandra Spranzi, Davide Stucchi, Franz Erhard Walther
“Performativity”
A cura di Denis Isaia e Sara Enrico
Dal 21 giugno al 27 luglio 2019
Centrale Fies
Località Fies 1, Dro (TN)
Orari: dal 22 giugno al 18 luglio, dal mercoledì alla domenica, dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 14:30 alle 17:30. Durante le giornate di festival, dal 19 al 27 luglio, la mostra sarà aperta in orario serale.
www.centralefies.it