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Nakis Panayotidis si aggira nella project room 2# del Macro tra decadenza magica industriale e sottile denuncia politica ma senza rinunciare all’uso dei materiali più umili.
Fino al 13 settembre, a cura di Bruno Corà, “Guardando l’invisibile” è un’esposizione di opere realizzate negli ultimi dieci anni dell’attività dell’artista greco.
Nato ad Atene (classe 1947) ha un lungo percorso artistico che inizia con il teatro e la scenografia, ma che segna il passo quando si iscrive al Politecnico di Torino dove grazie all’incontro con Mario Merz e l’arte povera della Galleria Stein nascerà la sua vocazione artistica.
L’avventura torinese incide profondamente nell’arte di Nakis che insieme al rigetto per i supporti e le tecniche tradizionali possiede un elemento in più. La Grecia, terra di vento, mare, miti; che oggi però è luogo di forti contraddizioni in continua lotta per la sopravvivenza.
Se infatti per l’istallazione Ladro di luce si ispira al mito di Prometeo, e il furto del fuoco, Nakis della sua cultura d’origine ne raccoglie anche i pezzi di degrado industriale e sceglie scorci di luoghi o capannoni abbandonati sulle sponde del Peloponneso per farne da semplici fotografie, pittura.
Rende visibile l’invisibile, appunto. Remote città greche e reperti di archeologia industriale sono immortalati nella sua inquadratura. Si punta a ciò che non sempre è facile vedere oltre ai templi antichi: le rovine moderne, il deteriorarsi delle architetture e i luoghi-spazzatura del paesaggio greco.
Inoltre della sua terra non lascia a casa neppure i poeti. È Kavafis infatti a dare il titolo alla sua opera Ricordati corpo fatta di una camicia bianca che abita una sedia illuminata a neon. Sempre una camicia sta a prendere luce da una finestra dall’opera Every day is one dreaming day.
L’allestimento minimal è più che azzeccato per le poche opere che però sono dense di significato. Note anche le sue lampadine colorate a neon, come quella color sabbia dell’Africa non in mostra ma evocata nel video di 35’ Are you thinging for me?. Tema ricorrente oltre all’uso del neon e al bisogno di libertà, è il senso dell’evanescenza e del vapore come quello, molto particolare, che resta intrappolato nella valigia Nasconditi arte.
Mare, vapore, luce, valigie, reperti e vetri rotti.
Infrangere il vetro per Nakis non è un atto violento ma il desiderio di dare una forma pittoresca al più fragile dei materiali, e sta come a rimarcare l’insostenibile transitorietà delle cose dove anche i limiti temporali e spaziali sono sospesi. Anzitutto negli scatti del mare, come in Con lo sguardo del nomade dove la linea bianca dell’orizzonte comprime la linea di fuga prospettica in cui lo spazio è suddiviso ma anche nell’opera Kabul (su carta catramata) in cui l’artista ribaltando le lettere greche delle parole “battaglia” e “fama”, senza perdere senso, le trasforma nel nome della città afghana che forse più di altre rappresenta il luogo della transitorietà della vita e della perdita della libertà.
Anna de Fazio Siciliano
mostra visitata il 23 aprile
Dal 23 aprile al 13 settembre 2015
Nakis Panayotidis, Guardando l’invisibile
MACRO
via Nizza 138, Roma
Orari: martedì – domenica ore 10.30-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Info: 060608, www.museomacro.org