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Stavolta a stracciare sono stati i sì: quelli delle riforme della Grecia, chieste dall’Europa come garanzia per il nuovo prestito. Lo scenario, insomma, è cambiato per la terza volta in poco più di una settimana: il “no” del referendum, che si era salutato come una vittoria della democrazia oggi è come se non fosse servito assolutamente a nulla. La Grecia è di nuovo (e come poteva essere altrimenti?) in mano all’Europa.
Tsipras, che con il suo piano ha ottenuto la maggioranza, ha dichiarato che non è stato ricattato da nessuno, come hanno scritto i giornali di mezzo mondo.
Nessun “colpo di stato”, ma una nuova condizione assolutamente ragionata, per il futuro dello stato. Sarà così, anche perché la condizione altra era l’andare a fondo, o istituire una moneta parallela.
In serata, come era prevedibile, si sono registrati disordini in piazza Syntagma, di fronte al Parlamento, e la polizia ha reso noto di aver effettuato circa 50 arresti, tra colpi di molotov e vetrine infrante.
«Quello raggiunto all’Eurosummit dopo 17 ore di negoziati è stato un accordo difficile, ma, a differenza di quello proposto il 25 giugno, non porta ad un’impasse e può fare uscire la Grecia dalla crisi», ha dichiarato Tsipras, che ha anche assicurato: «Non caliamo gli stipendi e neanche le pensioni, anche se indirettamente con le tasse a l’aumento dell’iva c’è un taglio delle pensioni». Punto e capo un corno, insomma. Punto e tutto come prima, viene da dire e da credere. Servirà tempo per le smentite, e un enorme rigore e trasparenza, da ogni angolo si guardi questa intricata faccenda storica che, volenti o no, ha già cambiato l’assetto d’Europa. Restano solo da verificare le conseguenze. (MB)