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Bello, vero? Come tutte le creature curvilinee, decostruite, inventive e molto discusse di Zaha Hadid, l’architetta anglo-irachena autrice anche del nostro MAXXI. Peccato che il nuovo Stadio olimpico di Tokyo 2020 non vedrà mai la luce. Il progetto è stato semplicemente cancellato. Notizia di oggi ma che, secondo alcuni, arriva in ritardo di due anni, dal momento cioè che era stato presentato.
Il motivo non è solo il raddoppio dei costi del progetto, 2 bilioni di dollari anziché uno, (vi ricorda qualcosa la storia?), ma anche il fatto che contro il “casco da bicicletta” – così è stato ribattezzato per via della sua forma – ci si è messo contro il gotha dell’architettura giapponese, con in testa il premio Pritzker Fumihiko Maki, seguito da Toyo Ito, Kengo Kuma e Sou Fujimoto. Tutti insieme hanno promosso una petizione per chiedere il blocco dei lavori che ha raccolto più di 80mila firme. Lo stadio – dicono gli architetti – non c’entra niente con il quartiere storico che avrebbe avuto intorno (ma questo, per Zaha Hadid, suona come un complimento). E non basta. È sceso in campo anche Arata Isozaki, che l’ha definito “un errore monumentale” e “una disgrazia per le generazioni future”. A questo punto, amen. Zaha torna a casa. In Giappone si usa così, da noi no.