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Via le tasse sulla prima casa, via l’Ires, scaglioni su Irpef e pensioni: in tutto una “manovra” che restituirà agli italiani 50 miliardi in tasse risparmiate in cinque anni.
Il prestigiatore ipercinetico Matteo Renzi stavolta punta su un nuovo “patto” con gli italiani che ricorda tanto, ancora una volta, le lungimiranti promesse del suo ideale predecessore, Silvio Berlusconi.
In cambio? Bisogna smettere di essere il Paese dei piagnistei. Lo dice chiaro e tondo il Premier, forse un po’ inconsapevole che gli italiani, ne avessero la possibilità, piangerebbero di meno, senza contare la larga maggioranza che non piange ma lavora duro.
Ancora una volta il capro espiatorio è “l’immobilismo”, la “ripartenza”, e le risorse per effettuare questa operazione dovranno esserci perché pare che le si stia studiando da sei anni. «Se continueremo a tenere in pista il cantiere delle riforme, come credo, nel 2016 faremo una sforbiciata delle tasse che proseguirà nel 2017-18 in maniera puntuale», ha annunciato Renzi all’Assemblea del PD, aggiungendo anche che «Sarà una riduzione delle tasse senza precedenti e il Pd sarà il primo partito a farlo. Non passerò i prossimi due anni a giocare all’allegro chirurgo delle correnti,ma a restituire dignità all’Italia».
Subito aperto lo scontro con Gianni Cuperlo, che ha dichiarato – anche lui in maniera colorita – che non si è al gioco dello scambio di figurine, e che se si tagliano le tasse si taglia il welfare. E si pensasse piuttosto al recupero delle evasioni.
E allora forse anche gli italiani la smetteranno di essere arrabbiati, per usare un eufemismo. E anche rassegnati e piagnoni. (MB)