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Ancora una volta parliamo di immagini, un tema caro anche al fresco vincitore dell’Adorno Prize, il riconoscimento più ambito per un filosofo, Georges Didi-Hubermann, come vi abbiamo annunciato ieri.
E anche stavolta non si tratta di immagini dell’arte, ma della cruda storia, un po’ come i negativi dei campi di sterminio di cui l’autore francese parlava proprio in “Immagini Malgrado Tutto”.
Malgrado tutto in Medio Oriente gli attentati sono all’ordine del giorno, e quel che fa discutere stavolta è che, nell’epoca dell’informazione e dei social media, un tribunale decida di oscurare tutti i siti, twitter compreso, di chi non rispetta il divieto di pubblicazione dei frammenti dell’attentato kamikaze di Suruc, ultimo episodio violento avvenuto al confine tra Siria e Turchia. Qui, due giorni fa, sono morte 32 persone, ma la corte ha bloccato anche la diffusione di filmati che mostrano il momento dell’esplosione e la polizia ha arrestato 49 persone durante le proteste per l’attentato.
Il regno di Erdogan certo non è nuovo a queste prese di posizioni, e anche stavolta pare che la “tutela” dello sguardo del cittadino non c’entri proprio nulla. Piuttosto ancora il tentativo poco celato di occultare informazioni, come ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu.
Un’altra lezione che insegna come le “icone” possano essere pericolose schegge di storia, contro o a favore della libertà poco importa: che cosa significa censurare? E che effetto fa buttare metaforicamente benzina sul fuoco? E cosa può esserci, ancora, dietro ad un’evidente libertà, se non il senso del suo alto tradimento?
Un atteggiamento impossibile da sottovalutare, parte di una strategia che appare impossibile, ma chiaramente vicina alla politica. (MB)