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05
settembre 2015
Design cerca casa. E la trova
Progetti e iniziative
Cento anni di creatività in cento oggetti. La collezione Biagetti approda a Milano. E mette in mostra il meglio del design internazionale e italiano. Tra architettura e industria
Che il design sia un settore dinamico, sempre al passo con l’innovazione tecnologica, la produzione seriale e l’arte destinata al largo consumo, capace di dare forma alla poliedrica “bellezza” della cultura progettuale industriale, lo si sapeva, ma con l’arrivo a Milano di una delle collezioni ancora sconosciute, eppure più importanti d’Europa, quella di Raffaello Biagetti (Firenze 1940 – Ravenna 2008), prima ospitata nel Museo dell’Arredo Contemporaneo a Ravenna (in un padiglione firmato da Ettore Sottsass, fondato nel 1988), si scoprono copie di prototipi storici nati dall’abilità di artigiani e dalla collaborazione tra architetti e industria.
Nell’edificio dell’ex centro Sieroterapico in via Borsi, al 9, confinante con la NABA (Nuova Accademia di Belle Arti), oggi trasformato in Design District, zona Naviglio, da luglio è aperto al pubblico il nuovo “Museo del Design 1880-1980”, dove l’espressione del progresso trova una manifestazione convincente. In un architettura affascinate progettata dallo studio di Dante Oscar Benini con l’intento di riqualificare l’area industriale, il nuovo museo è un omaggio alla modernità. In una struttura in vetro e acciaio concepita su piani inclinati,150 oggetti raccontano la storia dell’arredo dall’Art Nouveau alla Scuola Viennese, al Bauhaus, fino alle forme organiche degli anni ’50 di progettisti americani, francesi, scandinavi per approdare all’eccellenza del design “Made in Italy”, con pezzi di Gio Ponti, Giuseppe Terragni, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Carlo Scarpa, Bruno Munari e molti altri autori, per concludere il percorso espositivo con il gruppo Alchima e Memphis. La collezione curata da Giovanni Klaus Koening, Filippo Alison, Filippo e Giuseppe Chigiotti sbarca a Milano grazie a Musei Italiani, una organizzazione che promuove il patrimonio culturale italiano, valorizzando la produzione industriale storica e contemporanea, le imprese e diverse istituzioni (wwww.museiitaliani.org).
Questo nuovo museo è nato con il patrocinio di Expo Città, del Comune di Milano e Regione Lombardia, in un black cube immenso e in semioscurità, con luci puntiformi che illuminano dall’alto un percorso volutamente didattico che, attraverso ogni singolo oggetto esposto su pedane rigorosamente nere, inscenano l’evoluzione dell’arredo moderno dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta del Novecento, con oggetti impregnati di storia e del tempo che li ha prodotti. L’esposizione comincia con la mitica sedia Michael Thonet, di massello di legno tornito e piegato dal vapore e prosegue con una credenza di Mackintosh, una sedia di Antoni Gaudi, un dondolo Shaker, un’irresistibile appendiabiti-scultura di Adolf Loos, sedute di Walter Gropius, Marcel Breuer, Mies Van der Rohe.
Tra le altre opere, sorprende per semplicità Zig Zag (1934) di Gerrit Rietveld che vira il gusto estetico verso un’astrazione geometrica totale, secondo le premesse del movimento De Stijl, e altri oggetti degli anni Trenta che rispecchiano il razionalismo dell’architettura del Movimento Moderno. Non perdetevi la culla disegnata da Peter Keler per il figlio di Vasilj Kandinsky, la chaise loungue di Gunnar Asplund, una sedia in legno piegato dalle forme fluide di Alvar Aalto e un’altra di Charles Eames che ha rivoluzionato il design americano con mobili realizzati con materiali innovativi, come il legno stratificato, le resine sintetiche, il fiberglass e l’alluminio.
Nell’ampia sezione dedicata ai maestri del design italiano, incuriosisce per forme suadenti e curvilinee la sedia Sanluca di Achille e Pier Giacomo Castiglioni, e cercate di capire il perché si chiama così. Peccato però che l’aspetto didattico dichiarato nel comunicato stampa, nel progetto di allestimento del percorso espositivo non contempla didascalie ragionate, né tanto meno pannelli o altri supporti mediatici per informazioni più dettagliate di ogni singolo oggetto e dei materiali impiegati come l’ espressione del tempo e del gusto che li ha creati, con il rischio di banalizzare il tutto e di rendere questa anonima parata di opere d’autore troppo simile a uno show room fieristico di provincia, come non si vede a più a Milano, capitale del design, neanche durante il Salone del Mobile. Il museo è ancora in fase sperimentale, ma oltre all’estetica dovrebbero porsi come obiettivo il dialogo tra il passato e il presente in una prospettiva critica e trasversale.
Jacqueline Ceresoli