Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
21
settembre 2015
A chi pensa sia impossibile paragonare Francesco a Fidel Castro, basti sapere che in entrambi i casi tutti e due i personaggi hanno fatto comizi, nonostante quelli del Pontefice siano letti – superficialmente – in chiave spirituale.
Stavolta Che Guevara è a fianco del palco del Papa, e Francesco non ha perso occasione per puntare tutto sul politico, con le parole del predicatore, s’intende. E ha dato la lezione de “Gli ultimi saranno i primi”: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti», dice il Pontefice, citando il Vangelo secondo Marco.
Una stoccata al regime eterno di Castro, che non si vede, e un colpo al futuro: chissà che succederà a Cuba ora che le frontiere con la sanguinaria America – come se la Chiesa Cattolica non fosse stata da meno – sono state allentate.
Ecco dunque che ai cubani è rivolto l’appello di non cedere alla seduzione, e dunque al consumismo: una bella lezione di ideologia comunista, verrebbe da dire – ma di ideologie qui non si deve parlare – e allora ecco che spunta un “sacrificare l’io per il noi” e “servire il prossimo e non le idee”.
E ovviamente il grande predicatore, con il suo discorso, è più che convincente, perché tocca i nervi di un Paese parlando un po’ per cartoline: «Il popolo di Cuba [e di Dio, ovviamente] è un popolo che ama la festa, l’amicizia, le cose belle. Vi invito a prendervi cura di questa vocazione, di questi doni che Dio vi ha regalato e a servire la fragilità dei vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi vi sta accanto».
Il pensiero, insomma, è che la caduta dell’embargo non resti solo a livello politico, ma soprattutto che non porti l’isola ad omologarsi, e che la popolazione possa beneficiarne anche a livello umano. E di uguaglianza.
Un po’ come lui, grande showman, che intravisto nel giro tra la folla un sacerdote argentino suo conoscente, lo ha invitato a concelebrare sull’altare. Democratico, caritatevole, umile, ultimo Papa umano? Certo, secondo la pubblica opinione. Ma ancora una volta un uomo potente, che vuole rompere la distanza tra Chiesa e popolo, aggiungere “pathos” alla fede. Conquistare. Con quelle ideologie e quella seduzione – solo in apparenza più blanda e “buona” – che l’America eserciterà (nonostante lo faccia già da anni) nei confronti di Cuba. (MB)